L’informazione in sintonia con uno Stato d’eccezione

16 Novembre 2019

Gaza. Disegno di un bambino

[Aldo Lotta]

E’ la mattina di mercoledì. Tra le 8.00 e le 8’30 attendo con qualche speranza di essere richiamato da Prima Pagina (la rubrica di lettura quotidiana dei giornali di Rai Radio 3), in occasione della mezz’ora del “filo diretto con gli ascoltatori”. L’argomento sul quale ho chiesto di discutere è l’ennesimo intervento micidiale di Israele su Gaza.

Nonostante sappia, per esperienza, che sul tema di “Israele” non è facile superare il filtro della redazione, ho voluto fare un tentativo, spinto da stupore e indignazione su come i quotidiani hanno commentato la notizia. In sintesi vorrei far notare al giornalista come ancora una volta venga usato nei confronti di quello Stato un atteggiamento paradossalmente discriminatorio (nel senso che le giuste ed estese condanne nei confronti di Stati che violino palesemente e ripetutamente le leggi internazionali e il diritto dei popoli, risparmino in modo sistematico il governo israeliano).

Vorrei dire infatti che le esecuzioni extragiudiziarie, gli omicidi mirati (ma cosa ha di mirato un intervento che provoca decine di uccisioni anche di bambini e più di cento feriti?), le distruzioni di abitazioni non militari, le uccisioni, oltre le esecuzioni extragiudiziarie, di civili, tra cui donne e bambini, le detenzioni amministrative (estese ai minori, sempre se palestinesi) sono normalmente contrarie a qualsiasi trattato internazionale.

Che la segregazione, l’apartheid, la riduzione dei diritti di una parte della popolazione, pur appartenente allo stesso Paese a vantaggio di un’altra, non è una normale prerogativa di uno Stato democratico. Vorrei anche dire che un muro di separazione lungo 730 chilometri, persino con una configurazione a zig zag (per poter penetrare in profondità anche in territorio cisgiordano), non può essere, normalmente, visto come celebrazione della libertà e dell’apertura sociale. E neppure le distruzioni di case, di uliveti, la sottrazione di acqua ai contadini, con sempre nuove annessioni di terre e insediamenti coloniali esclusivi, dove quell’acqua darà vita a giardini e piscine private.

E vorrei esternare il mio stupore per un ordinamento statuale (il cui popolo per tante generazioni passate ha vissuto soprusi agghiaccianti, fino all’ultima grande tragedia della Shoah) che non abbia mai rivisto il divieto del diritto al ritorno dei palestinesi dopo Nakba del 1949 (estromissione ed esodo dei residenti palestinesi in seguito all’istituzione nel 1948 dello stato di Israele).

Mi piacerebbe anche chiedere la ragione della sperequazione tra l’atteggiamento dell’UE e dei singoli governi europei e quello dell’ONU, che ha emesso dal 1947 ad oggi decine e decine di risoluzioni di condanna sulla base del diritto internazionale nei confronti di quello Stato (risoluzioni regolarmente violate con la complicità, appunto, dell’Europa e dell’occidente).

Purtroppo, ancora una volta, non potrò avere una risposta: come tante volte in passato, non vengo richiamato dalla redazione-filtro. Penso che in fondo sia meglio così: almeno in questo modo ho evitato, come è successo ad un malcapitato ascoltatore la scorsa settimana, di essere interrotto definitivamente e tacciato di antisemitismo per aver accostato la parola “malefatte” a “Stato di Israele”. Nel corso della inutile attesa, in compenso, il giornalista riesce a dare voce alla nostrana idiozia razzista e al mai sopito italico fascismo: il conduttore cita infatti un commento di un ascoltatore che, tramite sms, sostiene che bisognerebbe chiedere alla senatrice Liliana Segre cosa ne pensa dell’ulteriore uccisione mirata israeliana.

Mi rassegno, e penso che sono veramente rocamboleschi i giochi della comunicazione e immagino un futuro in cui, grazie ad una stampa genuinamente libera, si possa avvertire meno il bisogno di appendersi disperatamente ad un tenue e sottilissimo “filo diretto con gli ascoltatori”.

Nel frattempo, mi consolo aggiornandomi attraverso le parole di Gideon Levy pubblicate su Hareetz e augurandomi che anche i suoi interventi contribuiscano a risvegliare le coscienze di molti nostri giornalisti.

2 Commenti a “L’informazione in sintonia con uno Stato d’eccezione”

  1. amedeo rossi scrive:

    Condivito totalmente quanto ha scritto Aldo. Anch’io ed altri amici abbiamo tentato di intervenire in trasmissione sull’argomento del conflitto Israele-palestinese. Siamo stati richiamati di rado (e non più negli ultimi mesi), e quando siamo riusciti a parlare l’impossibilità di replicare al giornalista di turno spesso ha reso vani i nostri tentativi di fornire una visione alternativa alla vergognosa informazione che ci viene in genere ammannita (con la lodevole eccezione di Michele Giorgio e Chiara Cruciati del Manifesto, che sulla questione ogni tanto prende delle preoccupanti sbandate filo sioniste).

  2. Marinella Lörinczi scrive:

    “… tacciato di antisemitismo per aver accostato la parola “malefatte” a “Stato di Israele”. “
    Infatti, è un problema insoluto, un groviglio concettuale: critica a Israele ergo antisemiti. Sgarbi , con la sua solita spocchia, ha fatto ultimamente proprio questo . Farebbe bene a tutti rileggere Arthur Koestler, “Ladri nella notte, cronaca di un [NB] esperimento”, 1946. Confrontare anche le versioni italiana e inglese su Wikipedia, per notare delle notevoli differenze nella presentazione del romanzo, nato da esperienze personali.

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