Non tutto è arte, ma tutto può esserlo
16 Dicembre 2019[Paolo Carta]
Che non tutto sia arte è una di quelle verità che non si dovrebbero spiegare, altrimenti perdono il loro sapore e la loro efficacia, come quando devi spiegare una pubblicità, che resta comunque un settore diametralmente opposto, ma se non hai quelle chiavi di lettura sarà di difficile comprensione, con la differenza che l’arte, al contrario della pubblicità, non ha l’obbligo di farsi capire nell’immediato.
Quando ci si rivolge ad una comunità priva di determinate chiavi di lettura, ciò che tentiamo di dire resta inspiegato e sconosciuto, quasi come urlare a un sordo che non ci sta guardando. La stessa cosa avviene di fatto nell’arte, ove parrebbe che tutti possiedano il sacro diritto e dovere di giudicare, ma che tale sacralità religiosa, non si palesi quando si deve fare il distinguo tra ciò che è arte e ciò che di fatto non lo è.
E qui non serve nessun intervento divino, se qualcosa non è arte non ci vuole poi molto a capirlo, a patto che tu sia un operatore con tanto di competenza, sia per formazione che per esperienza. Al contrario, se il tuo percorso formativo e la tua esperienza appartengono ad altro settore, tutto ciò al di fuori della tua routine, ti sembrerà arte, tutto ciò leggermente “pazzerello” ti sembrerà arte, tutto ciò che rasenta l’estrema ed eccellente abilità nella ripetizione di una tecnica artistica (pittura, scultura, etc etc), ti sembrerà il gesto di un artista unto dal signore; che poi l’idea sia a costui sconosciuta o che la ricerca sia anni luce da tale individuo, a te non importerà nulla, perché l’ignoranza in questo caso è un “bene”.
Quando poi si iniziano ad utilizzare una serie di vocaboli come il prezzemolo, cioè una spruzzata qua e là, appressi chissà dove “a pizzichi e a mozzichi”, siamo davanti alla vera rappresentazione dell’ignoranza nell’arte, quella di chi crede di conoscerla. Si affacciano allora le questioni personali del “ma a me piace” o del sempre in auge “io vado a molte mostre” o l’ancor più evergreen “ma io ho amici artisti”; ecco, è bene capire (e il prima possibile) che le condizioni precedenti non bastano nemmeno lontanamente a fare di voi dei guru dell’arte o delle materie artistiche, per apprendere queste competenze non basta svegliarsi la mattina e desiderarlo “tanto tanto tantissimo”, non basta andare di corpo regolarmente o mantenere una buona igiene orale, niente affatto, sono necessari anni e anni di sacrifici, notti insonne a preparare esami su esami, dall’anatomia all’estetica passando fra fotografia e storia dell’arte, decidere se mangiare o comprare libri e materiali. Insomma, un percorso all’insegna della critica personale, quella dove ti domandi continuamente se sarai all’altezza, se la tua ricerca è valida, se un domani riuscirai ad avere la tua ambita personale nell’importante museo. Insomma, come possiamo dire, non confondiamo la merda con la cioccolata.
Tra gli insopportabili, i vezzeggiativi come “è artistico”, che andiamo a dosare quanto basta un po’ come il sale nella pasta o il pepe sulla pepata di cozze, utilizzabile a piacere come esclamazione per indicare, in base al contesto, sia una cacio e pepe che un granito imbrattato di ciano a Santa Teresa Gallura. Non tutto è arte! Non possiamo comportarci con ciò che va oltre la nostra comprensione, come se stessimo guardando la partita della nazionale di calcio, dove improvvisamente diventiamo tutti allenatori espertissimi, capaci di innominabili bestemmie.
Per citare poi Cristina Meloni* “Giustificare l’incapacità di qualcuno con “si, ma è un artista” come se l’arte fosse una cosa talmente effimera che non debba necessitare di ricerca e progettazione. Tanto fare arte è semplice, non serve studiare e formarsi, le persone sono convinte che “se sei un artista le cose ti vengono naturali” e di conseguenza non c’è bisogno di studio, sei bravo e lo sai fare. Non si contemplano gli anni di studio, di lavoro, di impegno e delusione necessari, perché per arrivare a mettere “solo una banana con lo scotch sul muro”, forse dietro c’è qualcosa in più del solo frutto col nastro adesivo. La vita e l’arte poi, si intrecciano inevitabilmente, non ci sono orari prestabiliti, non è che vai a casa e smetti di fare l’artista riponendo la ricerca nel cassetto, anzi, vai a dormire ma il tuo cervello continua a lavorare, e di fianco al letto hai mille blocchetti per gli appunti notturni, perché sei consapevole del fatto che quelle idee non arriveranno più e devi segnarle.”
Restando sulla zona gialla e “fallica” di Cattelan, se ancora se ne discute così tanto, sminuendo l’opera e l’artista, indignati sui social del costo d’acquisto con vergognose parole degne del manovale più scurrile, la strada per comprendere l’arte e la ricerca è ben lontana, e se non comprendiamo (e non ci impegniamo nemmeno a farlo) come queste nella loro estrema connessione si modifichino nel tempo, adattandosi al contesto politico sociale ove vengono vissute, allora vuol dire che d’arte non abbiamo ancora appreso nulla e siamo di fatto privi delle più basilari chiavi di lettura e competenze necessarie.
Perché l’arte non è obbligatoriamente definita dall’utilizzo di materiali costosi e/o pregiati, ma può anche essere un gesto, effimero, immateriale e apparentemente banale, ma alla quale nessuno fino a quel momento aveva pensato. A questo punto, dopo aver letto e sentito tante sciocchezze in merito, mi domando se il Maurizione nazionale se la stia ridendo a panza all’aria, ben consapevole del fatto che abbiamo reagito al pari dei topolini da laboratorio, probabilmente facendo esattamente quello che lui si aspettava, e cioè nel bene e nel male, parlare della sua banana. Se poi penso che oltre ad essere sulla bocca di tutti, qualcuno se la sia pure mangiata, bhè, l’opera fallica di Cattelan ha raggiunto il suo Olimpo.
Non tutto è arte, e come affermavano i dadaisti, tutto può esserlo, l’importante è che a farlo sia un artista.
*Cristina Meloni è artista, operatrice culturale, docente in progettazione grafica, audiovisivo e multimediale.