2020 pensando a Gaza
2 Gennaio 2020[Aldo Lotta]
Anch’io il sette dicembre scorso sono sceso con grande piacere in piazza e insieme alle sardine nostrane ho condiviso messaggi che da tanto tempo ci si scambiava nel silenzio della tastiera, o in coppia o in piccoli gruppi, sentendoci erroneamente partecipi di una specie in via di estinzione.
Così oggi, dopo quei bagni di folla per tante generazioni inediti, è rassicurante sentirsi parte di una specie che naviga decisa sotto la guida della stella polare costituita dalla Costituzione. Questo appare forse il momento storico che può contribuire a restituire alla politica il senso di responsabilità e di dignità da tempo latitanti. Che invece dovrebbero costituire il fulcro della vera democrazia.
Ma alcuni giorni dopo il bagno di folla, grazie ad un libro, ho riflettuto sul fatto che la nostra amata Costituzione (tanto amata da essere oggetto di ripetuti spergiuri) fa parte di una ben più ampia costellazione. Prime fra tutte le sorelle, la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (che della nostra Costituzione ha la stessa età) e le Convenzioni di Ginevra, a cui dobbiamo guardare se vogliamo garantirci e garantire un destino comune che non prescinda da libertà e uguaglianza degli individui e dei popoli.
Nella prefazione di Moni Ovadia al bellissimo libro di Amedeo Rossi “Il muro della Hasbarà” (una puntuale e inattaccabile analisi delle modalità con cui un diffuso quotidiano italiano (uno fra i tanti) legittima sistematicamente l’occupazione israeliana, anche in occasione degli episodi più cruenti), leggo: ”Il feroce stato d’assedio in cui uno dei territori più popolosi e più miserabili del mondo … si è ridotto ad una scatola di sardine …”
Parole che rimandano, attraverso la coincidenza di un’immagine metaforica, alla sacralità e labilità di quel bene assoluto che è per i popoli la libertà. Oggi finalmente le nostre piazze tornano ad essere un’entusiasmante cassa di risonanza di un rifiuto collettivo verso principi e leggi che mirano a scardinare apertamente la nostra Costituzione. A circa 2000 chilometri da noi, su sponde opposte dello stesso mare, alberga il terrore claustrofobico in cui, nonostante le numerose, sempre disattese, risoluzioni di condanna dell’ONU, alcuni milioni di persone sono ridotte a vivere nella totale indifferenza dell’opinione pubblica internazionale.
La ricorrenza della parola “sardine” può dunque far pensare a quanto sia volatile e non scontata la libertà, anche in un Paese che si proclami democratico.
In un suo recente articolo su Middle East Eye, di cui è caporedattore, David Hearst ci ricorda che “Nel 2012 le Nazioni Unite hanno dichiarato che Gaza sarebbe divenuta invivibile entro il 2020” e ci accompagna in un esplicativo percorso storico di una vicenda di un popolo dimenticato, definita con realistica e agghiacciante precisione “un esperimento disumano” .
Hearst nel suo inesorabile rapporto non tace sulle responsabilità di nessuna delle parti in causa. Oltre alla politica coloniale e oppressiva di Israele – Stato d’eccezione (immune a qualsiasi legge internazionale) ricorda le ciniche posizioni dei Paesi limitrofi, delle stesse Autorità Palestinesi, fino a comprendere la cecità autoindotta dell’Europa, delle sue singole nazioni e la complicità dell’intero mondo occidentale.
In un articolo del novembre de 2019 un’altra giornalista indipendente, Yara Hawari, riportando una serie di dati e affermazioni provenienti dagli organismi delle Nazioni Unite, da Amnesty International , da Human Rights Watch e da altre organizzazioni internazionali a difesa dei diritti dell’uomo, denuncia il sistema carcerario israeliano e la pratica abituale della tortura nei confronti dei prigionieri politici palestinesi.
“Dall’inizio dell’occupazione della Cisgiordania e della Striscia di Gaza e dell’istituzione della legge marziale in quelle aree Israele ha arrestato oltre 800.000 palestinesi, pari al 40% della popolazione maschile e un quinto della popolazione totale”. Inoltre lo Stato democratico d’eccezione israeliano continua ad applicare, anche su minori palestinesi, l’istituto della detenzione amministrativa (provvedimento adottato nel 1945 in stato di emergenza durante il Mandato britannico sulla Palestina e successivamente mai abrogato). “Attualmente ci sono 5.000 prigionieri politici palestinesi; tra questi 190 minorenni, 43 donne e 425 prigioniere in stato di detenzione amministrativa, di cui la maggior parte è stata sottoposta a qualche forma di tortura”.
Sempre secondo un rapporto di Human Rights Watch, “tra il 1 luglio 2014 e il 30 giugno 2019 l’esercito israeliano ha perseguito 358 palestinesi per ‘istigazione’, 1.704 per ‘appartenenza e attività in un’associazione illegale’ e 4.590 palestinesi per essere entrati in una ‘zona militare vietata’” – un termine che l’esercito usa frequentemente per i luoghi in cui si svolgono le proteste.
Il risultato che emerge dalla serie di dati numerici e dei fatti esposti è l’immagine di una sorta di nebulosa a spirale nella quale il nucleo portante, rappresentato da quella zona del Medio Oriente, influisce e condiziona pesantemente il futuro sociale e politico (la credibilità e le sorti della democrazia) di una miriade di popoli.
Il destino della “scatola di sardine” e delle sempre più piccole enclavi palestinesi della Cisgiordania Occupata tocca infatti molto da vicino il nostro orizzonte sociale e politico. Oggi consentiamo di fatto ad uno Stato “amico” e “democratico” di esercitare il diritto di non osservare i diritti e le leggi internazionali irridendo alle risoluzioni dell’ONU, alla CPI (Corte Penale Internazionale) e alle organizzazioni per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.
La nostra indifferenza, il “non prendere partito”, forse più frequente di una esplicita complicità politica con le pratiche oppressive e di apartheid nei confronti dei palestinesi, può rivelare un preoccupante indebolimento delle difese democratiche. A parte le tragedie del passato, sulle cui ceneri è nata la nostra Costituzione, gli attualissimi salviniani (cinicamente anticostituzionali) decreti – sicurezza, verso i quali è più che esplicito il rifiuto da parte delle sardine, possono essere solo un pallido esempio di tale rischio.
Ecco perché oggi in Italia e in Europa qualsiasi movimento di natura democratica e progressista non può, a rischio della sua credibilità, prescindere da una visione estesa della politica. E’ necessario che anche le sardine, capaci di percorrere gli oceani al di là di qualsiasi angusto confine, prendano posizione anche su temi di politica estera. E proprio in questo 2020, anno dichiarato cruciale per la sopravvivenza degli abitanti di Gaza, non si può non prendere una posizione sulla questione palestinese (anche attraverso il sostegno del BDS, data la sua formidabile, pacifica, efficacia).
La garanzia e la credibilità della nostra democrazia passano attraverso parole chiare e convinte dette su tale mastodontico nodo, così come sulle sofferenze dei Saharawi, dei Curdi, degli Uiguri, e in generale di chi, più debole e meno tutelato, viene da decenni oppresso ingiustamente.