L’arsenale di Svolte di Fiungo

1 Marzo 2020
[Marco Ligas]

L’arsenale di Svolte di Fiungo è il nuovo libro edito dai tipi di Manni editore e scritto da Loris Campetti. Non è, come i precedenti, una ricerca sulla condizione operaia così come si è consolidata negli ultimi decenni. Non si sofferma neppure sulle trasformazioni sociali più recenti, soprattutto su quelle che hanno modificato le scelte culturali e politiche di chi ha subito gli attacchi più pesanti di un padronato arrogante e sempre più orientato a consolidare i propri privilegi.

Questa volta Loris parla di sé, di una vicenda che lo ha coinvolto direttamente sino al punto di condizionare la sua vita e le relazioni con gli ambienti più vicini ai propri orientamenti e alle scelte da lui effettuate.

Nel presentare questa storia Loris parte da lontano, dalla nascita delle lotte operaie e studentesche degli anni 68-69.

È in seguito a quelle lotte che i nostri governi, preoccupati e al tempo stesso sorretti dai servizi segreti e dalle componenti della destra italiana, iniziano una campagna tesa a neutralizzare la rivendicazione di nuove forme di democrazia e di partecipazione che hanno caratterizzato i decenni 60-70.

Non è sua intenzione analizzarle una per una. Le elenca tutte cronologicamente. E parte da lontano, dai crimini di piazza fontana e dal tentativo provocatorio di colpevolizzare gli anarchici, in particolare Valpreda e Pinelli. È da questa vicenda che poi si formalizzano e si accentuano con le complicità dei servizi segreti (non ultimo il Sid) le scelte dei gruppi oltranzisti e neo fascisti i quali si presentano sempre più spesso come i veri sostenitori di un nuovo ordine pubblico, lontano dai valori sanciti dalla nostra Costituzione.

Intanto in quegli anni nascono le prime divergenze tra la sinistra storica e i nuovi gruppi più radicali, ma non violenti, che ne contestano le politiche ritenute conservatrici e inadeguate al fine di contrastare gli attacchi e le scelte di un padronato sempre più aggressivo.

La nascita delle brigate rosse e le loro iniziative spesso violente e irresponsabili, in contrasto con le politiche dei partiti e della sinistra, offrono certamente degli alibi a coloro che, nell’area delle componenti più conservatrici, intendono praticare e legittimare nuove forme di repressione nel paese.

È all’interno di questo clima che Loris subisce una provocazione inquietante, sospettato di far parte del terrorismo rosso. Questo indizio diventa la ragione per cui nel corso di cinque anni, dal 1972 al 1977, è costretto a vivere se non in clandestinità certo evitando frequentazioni ritenute dubbie o iniziative che possano legittimare in qualche modo la repressione da parte di chi lo ha già classificato come un sovversivo.

Ed è curioso, e certamente incredibile, che a motivare i sospetti che i carabinieri hanno talvolta manifestato sul ruolo di Loris abbia influito una sua carta geografica che mostra la zona compresa tra Camerino e Svolte di Fiungo. Non hanno creduto, forse a causa di qualche sollecitazione non disinteressata, che quel territorio potesse essere frequentato esclusivamente per la ricerca di funghi come in realtà accadeva.

Loris è rimasto quasi 50 anni senza parlare di questa vicenda. Il ritardo spiega innegabilmente il dolore e gli effetti provocati sulle sue relazioni personali, innanzitutto su quelle familiari. Avere 24 anni e sentirsi in qualche modo colpevole per il dispiacere provocato a sua madre non può essere accettato con disinvoltura: è un evento che non può non lasciare una profonda amarezza. Le stesse considerazioni valgono per i rapporti con gli amici e con i compagni, anch’essi condizionati da questi avvenimenti.

Conosco Loris da oltre 40 anni, non mi ha mai parlato di questa vicenda in modo così dettagliato come nell’ultimo libro. Accennato si e questa riservatezza la dice lunga sugli effetti provocati da quelle esperienze.

Ritengo che quegli avvenimenti di cui parla nel suo libro non abbiano modificato le sue posizioni e gli interessi che ha sempre mostrato e per i quali si è battuto in questo cinquantennio. È vero, le cose sono cambiate anche profondamente ma il nostro impegno politico e culturale resta lo stesso. La prospettiva comunista è stata sconfitta forse definitivamente ma, come ci hanno insegnato i nostri compagni più vecchi, è ancora opportuno invadere il campo, cioè mantenere e consolidare un rapporto con la società civile per difendere la democrazia e i diritti dei cittadini.

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