La normalità era il problema

1 Giugno 2020
[Graziano Pintori]

Non torneremo alla normalità, la normalità era il problema, è il titolo dell’appello comparso su questo giornale per ripensare globalmente a un nuovo modello per produrre, distribuire, fruire la cultura.

Si tratta di un appello che condivido pienamente per l’analisi sociale, economica, culturale, ivi compresi i sette punti che costituiscono la piattaforma per confrontarsi con le rappresentanze governative. Dopo questa doverosa premessa, posso dire, senza impulsi polemici, dal mio modesto osservatorio, che il punto 5 dei sette della piattaforma non sia stato sviluppato a sufficienza nella parte inerente la linfa vitale dell’esistenza del libro, dell’editoria e dell’indotto che ne consegue: il lettore. O, per essere più precisi, la lettura intesa come prassi quotidiana per nutrire il sapere, l’informazione, l’immaginazione, la creatività. Oso dire che è assente dal contesto della proposta l’ottavo punto, ossia l’educazione alla lettura, inscindibile dal sapere.

E’ stato citato il 18app o bonus cultura per i 18enni, una scelta da apprezzare però, ai fini dell’efficacia, sarebbe stata più proficua se fosse a favore dei bambini dai tre anni in poi, con delega ai genitori di avvalersi di supporti educativi e formativi utili per lo sviluppo del piccolo studente/cittadino. I bonus cultura dovrebbero incentivare un programma preventivo educativo e formativo fin dalla prima infanzia, sostenendo le famiglie per tutta la vita scolastica della prole, in cui l’obbligo scolastico anziché dai 6 ai 16 anni sia dai 3 ai 18 anni. Si tratterebbe di una scelta utile anche per prevenire la dispersione scolastica. Einstein diceva: ”…il senso comune dei pregiudizi  acquisiti prima dei diciotto anni hanno segnato il mio modo di essere”.

L’affermazione del noto scienziato suggerisce, fra le altre cose, che l’educazione, di cui la lettura è una componente di base, dovrebbe prescindere dal reddito e quant’altro, perché un bravo cittadino educato anche alle buone letture lo è non dallo spessore della disponibilità economica, ma dalla tendenza familiare verso la conoscenza, cioè il “consumo” di libri. Lo stesso Edoardo Sanguinetti diceva che: “…ciascuno di noi è figlio delle proprie letture”.  Cioè siamo ciò che leggiamo e se non leggiamo? lascio a voi la risposta.

Fruire del bonus significa assolvere all’obbligo di un resoconto di spesa mirata, per esempio alla costruzione di piccole biblioteche di famiglia, e, come previsto dagli attuali bonus, spese per cinema, teatro, viaggi di studio ecc. Per le famiglie meno abbienti sarebbe necessario liberarle dal dilemma, molto frequente, di sacrificare l’acquisto dei libri anche scolastici per pagare l’affitto della casa o per la spesa quotidiana.

Per formare una comunità di consumatori di libri, tesa alla curiosità e alla conoscenza, il bonus dovrebbe essere esteso anche ai gestori di locali pubblici, come i caffè letterari o certi atelier, tramite gli sgravi fiscali. Valga l’esempio di Nuoro dove la titolare di una panetteria, appassionata di letteratura, porta avanti un progetto culturale teso al prestito, alla presentazione e promozione di libri appena pubblicati, per essere acquistati nelle librerie. La bibliopanetteria ha trovato sostegno anche da un editore, il che dimostra che nuovi stimoli, nuove evoluzioni per favorire la diffusione del libro ci sono, e si trovano se si cercano.

L’intervento è il contributo alla causa riportata nell’articolo citato all’inizio, supportato dalla speranza che si eviti di considerare il dramma della pandemia “un coperchio buono per tutte le pentole”, per coprire le inadempienze di chi gestisce la cultura in generale, compresi gli editori.

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