Election day. Il centrosinistra cagliaritano è stato contaminato dal populismo?
12 Luglio 2020[Roberto Loddo]
Per le consigliere e i consiglieri comunali Marzia Cilloccu, Andrea Dettori, Matteo Lecis Cocco Ortu, Fabrizio Marcello, Rita Polo, Guido Portoghese e Camilla Soru (PD, Progetto Comune e Sinistra Per Cagliari) sarebbe opportuno accorpare nella stessa data il referendum sul taglio dei parlamentari insieme con gli appuntamenti elettorali tra ottobre e novembre, consentendo così di risparmiare nove milioni di euro.
Parte del centrosinistra cagliaritano, criticando la scelta della Regione con un video messaggio sui social media, definisce l’ipotesi dell’election day “un imperativo morale a cui la politica è chiamata a rispondere in modo unitario e trasparente, senza tentennamenti”. Non conosciamo ancora l’opinione dei consiglieri e delle consigliere del gruppo dei “progressisti” Marco Benucci, Giulia Andreozzi, Francesca Ghirra, Matteo Massa, Francesca Mulas, Anna Puddu. Ma fino ad ora non hanno aderito a questa proposta.
Ci si aspetterebbe argomenti più seri e responsabili da parte del centrosinistra in merito al referendum costituzionale. Come il movimento cinque stelle, anche questi gruppi del centrosinistra si uniscono al coro delle voci di coloro che attraverso la finta bandiera del risparmio tentano di minacciare lo stato di diritto e le basilari regole democratiche. Per Alfiero Grandi, vice presidente del Comitato per il No al taglio dei parlamentari “I risparmi di spesa sono le tipiche motivazioni che lisciano il pelo al populismo. Mentre sarebbe indispensabile una discussione sul ruolo che dovrebbe avere il Parlamento in Italia, che è una repubblica parlamentare, fondata sul ruolo della rappresentanza”.
Il pericolo di questa proposta contenuta nel video messaggio è quello di favorire la vittoria del sì al referendum costituzionale. Perché l’election day non darà nessuno spazio per una campagna referendaria efficace in grado di fare partecipare al voto cittadini e cittadine consapevoli. Con questa scelta sarà impossibile per i comitati a favore del no nel referendum spiegare e diffondere in maniera dignitosa e trasparente le ragioni del No nel dibattito pubblico anche a causa della compressione e riduzione degli appuntamenti pubblici legati all’emergenza sanitaria e al periodo agostano. Sarà impossibile chiarire per cosa si andrà a votare e cosa succederà dopo questo voto. Sarà impossibile garantire e assicurare la par condicio negli spazi radio televisivi che saranno compromessi dalla campagna elettorale dei partiti.
Questa scelta di parte del centrosinistra cagliaritano e sardo non rappresenta solo un tentativo maldestro (e speriamo malriuscito) di unire il voto referendario al voto di regioni e comuni in scadenza, ma è uno schiaffo al funzionamento della democrazia e alla libera scelta dei cittadini e delle cittadine che porterà ad acuire la separazione tra eletti ed elettori.
Perché questi consiglieri e consigliere comunali invece di lanciare video messaggi con l’elenco della spesa delle cose risparmiate non ci spiegano che questa riforma prevede un pericoloso taglio disorganico del 36,5% dei componenti di entrambi i rami del Parlamento, da 630 a 400 seggi alla Camera e da 315 a 200 seggi al Senato?
Perché queste consigliere e questi consiglieri non ci spiegano che in caso di vittoria dei sì, la rappresentanza politica della Sardegna rischia di scomparire dai luoghi della decisione? Eppure la nostra rappresentanza democratica era già compromessa da una legge elettorale regionale antidemocratica nata per escludere le minoranze non alleate con le due coalizioni più votate. Legge elettorale truffaldina voluta anche dal PD sardo.
La Sardegna, se vinceranno i sì, sarà infatti una delle regioni piccole e medie più danneggiate dalla compressione della rappresentatività politica del Parlamento. Per questo dobbiamo dire no. Perché la nostra Regione è un’isola delle disuguaglianze destinata ad avere sempre meno spazi democratici. L’assetto costituzionale e democratico del Parlamento e di tutte le assemblee elettive è uno dei pochi strumenti che abbiamo a disposizione per difenderci dalle suggestioni autoritarie e dalle derive antidemocratiche di chi vorrebbe pochi uomini al comando.