Un appello di costituzionalisti per il no al taglio dei parlamentari

21 Agosto 2020

[Andrea Fabozzi*]

C’è un appello di un’ottantina di costituzionalisti del No (ma altre firme si stanno ancora raccogliendo) pronto a fare il suo ingresso – nei prossimi giorni – nella campagna referendaria sul taglio dei parlamentari. In prevalenza le firme sono di professori giovani, associati e ricercatori, ma non mancano docenti autorevoli e di esperienza.

Alcuni avevano sostenuto nel 2016 la riforma costituzionale Renzi-Boschi, in qualche caso anche firmando appelli di segno opposto, dunque per il sì. Come Pasquale Costanzo, emerito a Genova, Antonio Ruggeri, emerito a Messina, Marco Plutino, associato a Cassino. Tra le firme anche quella di Massimo Villone, emerito a Napoli e oggi presidente del Comitato nazionale per il No, ruolo che aveva già ricoperto contro la riforma del 2016. Tra le firme in calce al nuovo appello, nato in partenza per rispondere a un asserito «silenzio dei costituzionalisti» (sul manifesto lo ha già fatto l’11 agosto Gaetano Azzariti) quelle di Carlo Amirante, Roberto Borrello, Omar Chessa, Angela Di Gregorio, Michele Della Morte, Silvio Gambino, Enrico Grosso, Laura Lorello, Alberto Lucarelli, Alessandro Morelli, Laura Ronchetti, Laura Trucco, Luigi Ventura. Non ci sono, a parte Villone, le firme che nel 2015 lanciarono, proprio sul manifesto, la campagna per il no al referendum Renzi (Carlassare, Azzariti, Ferrara e ovviamente Rodotà che è venuto a mancare nel 2017).

L’appello mette in testa alle sue critiche gli aspetti economici tanto propagandati dai 5 Stelle – e invece «l’entità dei tagli è irrisoria», «gli strumenti democratici basilari non possono essere sacrificati o depotenziati in base a mere esigenze di risparmio» – e si concentra sulle questioni funzionali – «la riforma riduce in misura sproporzionata e irragionevole la rappresentanza di interi territori», «finirebbe con l’aggravare anziché ridurre i problemi del bicameralismo perfetto» -, ma non trascura che «la riforma appare ispirata da una logica “punitiva” nei confronti dei parlamentari, confondendo la qualità dei rappresentanti con il ruolo stesso dell’istituzione rappresentativa».

Intanto ieri L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha giudicato «ancora insufficiente» lo spazio complessivamente dedicato dall’informazione al referendum. Di conseguenza ha emanato un «ordine» a tutti i fornitori di media audiovisivi, affinché assicurino «un’informazione completa che illustri il merito del quesito referendario e garantisca il bilanciamento delle posizioni favorevoli e contrarie. E ciò sia nei notiziari sia nei programmi di approfondimento». Il consiglio dell’Agcom ha approvato il provvedimento con il voto contrario del consigliere Morcellini e con una settima di anticipo rispetto alla disponibilità dei dati sul periodo 16-22 agosto – e «pur apprezzando il leggero aumento del tempo dedicato al referendum costituzionale» – proprio per l’importanza che nei prossimi giorni sia assicurata la giusta informazione.

Ieri il capo politico reggente dei 5 Stelle Vito Crimi ha voluto fare il suo appello al sì, iniziandolo con l’argomento che il taglio dei parlamentari «È un’occasione straordinaria per ridurre i costi della politica e per rendere più efficiente il nostro parlamento». Malgrado tutte le smentite e i calcoli corretti che sono stati nel frattempo pubblicati, Crimi ha riproposto il conteggio dei risparmi fatto dai 5 Stelle un anno fa, secondo il quale «il taglio ci consentirà di risparmiare 100 milioni di euro l’anno fino ad 1 miliardo in 10 anni, e di poterli restituire ai cittadini investendo in nuovi servizi e attività essenziali». La cifra vera si avvicina alla metà e rappresenta comunque lo 0,007% della spesa pubblica annuale.

Ma soprattutto Crimi ha detto che «il referendum è quel meraviglioso momento di partecipazione, democrazia diretta e libera scelta che può dare ancora più valore e pregio a questo importante cambiamento». Peccato che a gennaio il Movimento abbia attaccato duramente i senatori che si sono fatti promotori del referendum costituzionale. Definendo la loro iniziativa non «un meraviglioso momento di partecipazione» ma «un’ignobile questione di poltrone». Intanto Andrea Colletti non è più l’unico deputato 5S ad essersi espresso apertamente per il no. Anche Elisa Siragusa, eletta all’estero, ha fatto lo stesso.

[*da il manifesto di oggi]

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