Quando domina l’intolleranza può succedere di tutto
1 Febbraio 2021[Graziano Pintori]
Anche a Nuoro in occasione del “Giorno della Memoria”, in alcune scuole cittadine, è stato proiettato il film “Storia di un Uomo Magro”, tratto dal libro “La Ghianda è una Ciliegia” di Giacomo Mameli, attento scrittore delle vicende umane.
L’attore Paolo Floris, con la tecnica della narrazione, ha interpretato egregiamente il film che racconta la storia di Tziu Palmas, da Perdasdefogu, scampato alla camera a gas del campo di concentramento nazista Bergen-Belsen, per aver pesato 37 chili invece di 35, cioè oltre il limite che i nazisti avevano stabilito per condannare a morte i deportati. Con la storia di tziu Palmas, morto qualche anno fa all’età di 106 anni, lo scrittore ha sintetizzato la tragedia vissuta da milioni di persone che hanno conosciuto il terrore, la violenza, la fame, il freddo, l’abuso, il sopruso, l’annullamento, la morte e quanto altro di cattivo un uomo può provocare nei confronti di un altro uomo. La Shoah è disastro, desolazione, dolore e terrore che una fetta di umanità ha subito da parte di altre persone cattive e perverse, definitesi ariane con il potere di praticare il razzismo e la violenza come strumenti di prevaricazione nei confronti dei non ariani. Il 27 gennaio è il giorno dedicato alla tragedia umana scaturita dall’esercizio di quel potere, si tratta di una celebrazione non solo per il ricordo, ma anche per riflettere sugli effetti che razzismo e violenza possono scatenare nell’animo umano. Riflettiamo su queste parole.
Iniziamo dalla parola straniero, che ha uguale radice dei vocaboli “estraneo” e “strano”, ossia una persona che è altro da noi, diversa da noi: la pelle di diverso colore e parla un’altra lingua, pratica un’altra religione e chiama Dio con un altro nome. Inoltre, molte volte, ha l’aggravante di portarci via il lavoro, occupare le case, non si lava e non si cura come noi occidentali. Il germe dello stereotipo, ossia il bersaglio umano sul quale indirizzare la cattiveria che alligna in ciascuno di noi, è stato modellato con le tinte fosche del razzismo.
Lo stereotipo dell’ebreo ha origini nella mitologia, poi, dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme, per opera dei romani nel 70 dell’era volgare, ebbe inizio la diaspora dell’uomo dal naso adunco tipo civetta, dell’uomo usuraio, esattore, dissanguatore. In seguito, con i Protocolli dei Savi di Sion, si svelò “il grandioso piano per la conquista del potere mondiale da parte degli ebrei”, che assolutamente doveva essere contrastato. Di conseguenza, concepire lo sterminio è stato normale durante il buio della storia, una conseguenza naturale per Hitler, il quale non fu un dittatore solitario ma acclamato dalla quasi totalità di un popolo che lo elesse cancelliere nel 1933 e nel 1935 accolse con tripudio le sue leggi razziali antiebraiche. Perciò il “Program”, meglio conosciuto come “La Notte dei Cristalli” ebbe impunemente libero sfogo in Germania, Austria e Cecoslovacchia.
Da allora imprigionare, torturare, uccidere un ebreo ovunque si trovasse, divenne una consuetudine da parte dei nazisti, tanto è che i passi verso la ghettizzazione e i campi di sterminio furono assai brevi. Comunque, pur davanti a tanto misfatto è necessario tenere presente che il nazismo non piovve dal cielo come la pioggia, o fu frutto della follia di un uomo malnato, ma fu il culmine di una serie di fattori che resero possibile lo sterminio; infatti, esso fu condiviso da uomini e donne che credettero nella violenza estrema come prassi per risolvere tutti i problemi e rimuovere ostacoli di qualsiasi natura, compresi quelli politici.
A questi fecero da sprone altri uomini e donne che preferirono abbassare il capo e chiudersi nella più cupa indifferenza. Quando domina la violenza, il razzismo e l’indifferenza può succedere di tutto, perché tutto, compreso il male incommensurabile, può essere legittimato. Oggi, noi tutti, di questi tempi, andiamo avanti con l’aggravante, nonostante l’esperienza della Shoah e le innumerevoli stragi succedutesi durante questo lungo dopoguerra, di non essere stati in grado di bandire violenza, razzismo e indifferenza dal nostro contesto civile e democratico. Come pure dalla nostra civiltà non è stata bandita la guerra dopo l’orrore della seconda guerra mondiale e le bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki. Anzi!
Per concludere, sono passati vent’anni da quando è stato istituito il “Giorno della Memoria” con lo scopo di “tenere in vita i contenuti del passato, per analizzarlo e ricavarne gli elementi di guida per il futuro”. Una giusta premessa per evitare che il 27 gennaio diventi un rito vuoto e senza senso, perciò, considerati i tempi, si rende sempre più necessario togliere dignità alla violenza, che nella sua consuetudine è sempre più tollerata e invocata nel nostro contesto di vita. Peraltro le aggressioni e vandalismi di natura fascista, nazista e razzista sono sempre più frequenti a scapito di persone o cose, e sempre più fascisti, nazisti e razzisti infestano il web con la loro brutale propaganda ideologica. E’ urgente, quanto necessario bandire questo tipo di violenza e propaganda dalla quotidianità, altresì dicasi per la violenza praticata dalla politica sui mass media, quando assume toni sconsideratamente aggressivi e irrispettosi nei confronti di chi la pensa in modo diverso.
Gli anticorpi per andare oltre la violenza e il razzismo esistono, ne cito solo due: il primo è il numero75190 tatuato dai nazisti sul braccio di Liliana Segre, che ha saputo contenere l’impulso dell’odio e della vendetta anteponendo la diffusione della civiltà del dialogo e della pace; il secondo è la Costituzione Italiana, in particolare gli articoli 3 e 11 che è necessario leggerli con molta attenzione e possibilmente impararli a memoria. La pace e la democrazia sono conquiste che continuamente devono essere difese e rinnovate.
Nell’immagine: Foto di internati con disabilità nei campi di concentramento nazisti.