Tuvixeddu, Cualbu inizi con il restituire i soldi pubblici

16 Febbraio 2021

[Stefano Deliperi]

Un importante elemento di novità, decisamente positivo per ambiente, cultura e, soprattutto, le casse pubbliche.

La Corte di cassazione, con la sentenza Sez. I civile, 5 febbraio 2021, n. 2738, ha definitivamente chiuso la vicenda relativa al lodo espresso dal Collegio arbitrale (il magistrato in pensione Gianni Olla, il docente universitario romano Nicolò Lipari, il presidente emerito della Corte costituzionale Franco Bilé)  con il parere contrario di uno dei componenti (il magistrato Olla) favorevole alle pretese della Nuova Iniziative Coimpresa del Gruppo Cualbu sull’annosa vicenda di Tuvixeddu (Cagliari), la più importante area archeologica sepolcrale punico-romana del Mediterraneo, interessata dal noto progetto immobiliare.

La Suprema Corte ha annullato senza rinvio la sentenza Corte App. civile Roma, Sez. II, 9 aprile 2018, n. 2245 con cui, su ricorso della Regione autonoma della Sardegna, era stato riformato il lodo arbitrale.

L’indennizzo di 77,8 milioni di euro previsto dal lodo arbitrale, si era ridotto a soli 1,2 milioni di euro, come aveva affermato la Corte d’Appello di Roma, e ora è completamente svanito, perché è stata dichiarata “la nullità dei lodi arbitrali impugnati”.

La Corte di cassazione ha ritenuto, in sostanza, che sono di competenza del giudice amministrativo le parti di un accordo di programma soggetti pubblici – soggetti privati (come quello immobiliare su Tuvixeddu – Tuvumannu, art. 11 della legge n. 241/1990 e s.m.i.) che “abbiano consistenza di interesse legittimo, come nel caso in esame in cui il privato intende esercitare poteri di reazione, anche si fini risarcitori, avverso le scelte discrezionali operate dall’amministrazione che rendono inattuabile l’Accordo nei termini programmati (nella specie, per effetto dell’approvazione di un Piano paesaggistico regionale, ritenuto legittimo dal giudice amministrativo, e della applicabilità di una disposizione delle NTA contestata dall’impresa) e avverso un provvedimento di sospensione dei lavori, riferito ad un certo periodo temporale, annullato dal giudice amministrativo”.  

La decisione regionale di fermare l’edificazione nell’area è stata ritenuta legittima, perché le disposizioni del piano paesaggistico regionale – P.P.R. sono state definitivamente riconosciute legittime anche riguardo Tuvixeddu dai Giudici amministrativi (vds. Cons. Stato, Sez. VI, 3 marzo 2011, n. 1366).

Le motivazioni dell’arbitrato poggiavano esclusivamente sull’annullamento del precedente vincolo paesaggistico (vds. Cons. Stato, Sez. VI, 4 agosto 2008, n. 3895).

Il Gruppo Cualbu è tenuto a restituire quanto percepito più di 85 milioni di euro, visto che il lodo era stato dichiarato esecutivo e l’indennizzo era stato versato integralmente, interessi compresi.  Fin dalla pronuncia della Corte d’Appello di Roma discende l’obbligo di restituzione.

Domanda non banale: i soldi sono stati restituiti alla Regione?   Finora no.

Dal canto suo, la Regione li ha richiesti, finalmente, nell’aprile 2019.

Per chi si fosse distratto, si tratta di soldi pubblici, che potrebbero esser utilizzati per finalità pubbliche, come la costituzione di un grande parco archeologico-ambientale a beneficio della collettività.

Non convince proprio l’ulteriore azione legale avanzata dalla Società immobiliare: secondo notizie stampa e a quanto è dato capire, sarebbe basata sempre sulla pretesa azionabilità in sede civilistica di contestazioni comunque riferibili all’applicazione dell’accordo immobiliare.

La presenza di un’area archeologica di siffatta importanza in regime di pressoché totale proprietà privata fino a pochi anni fa è decisamente assurda, ma, purtroppo, reale: fino al D.M. 2 dicembre 1996 l’area tutelata con il vincolo archeologico a Tuvixeddu non superava un ettaro di estensione, solo con quel provvedimento diventerà estesa oltre 20 ettari fra vincolo diretto e indiretto.

In ogni caso, non si può dimenticare che le aree d’interesse archeologico di Tuvixeddu sono state conferite al Comune di Cagliari in forza dell’accordo di programma immobiliare “riqualificazione urbana dei Colli di S. Avendrace” (compreso nel P.I.A. CA 17 “Sistema dei Colli”).

Il parco archeologico-ambientale è stato aperto al pubblico solo una modesta parte, dal 2006, con l’entrata in vigore del piano paesaggistico regionale (P.P.R.), di fatto non è possibile costruire, tuttavia il piano urbanistico comunale di Cagliari dev’essere adeguato alle previsioni del piano paesaggistico regionale, anche per stralci, mediante lo strumento della co-pianificazione Ministero Beni e Attività Culturali – Regione – Comune, da tempo in corso, in seguito dovrà esser modificato di conseguenza l’accordo di programma immobiliare (finora mai rescisso né oggetto di recesso da parte di alcuna parte) e in tale sede saranno previsti indennizzi, eventuali permute, ecc. per chiudere definitivamente ogni contenzioso.[1]

Fino ad allora non vi potrà essere nessun intervento sull’area Tuvixeddu–Tuvumannu, ma anche – purtroppo – nessuna certezza sul versante della tutela e della corretta fruizione e valorizzazione di un bene culturale unico al mondo.

Prima delle calende greche sarebbe ora di chiudere finalmente questa vicenda e dare a Cagliari e a tutto il Mediterraneo un parco archeologico-ambientale straordinario e unico.

Lascia piuttosto perplessi l’appello di Maria Antonietta Mongiu, donna di cultura, perché il Gruppo Cualbu regali Tuvixeddu alla collettività e la conseguente apertura al dialogo da parte del Gruppo immobiliare.

Nel mentre, però, il Gruppo Cualbu restituisca alla Regione i soldi pubblici presi, ora e subito.

Stefano Deliperi è il portavoce del Gruppo d’Intervento Giuridico odv


[1] In proposito il Consiglio di Stato ha esplicitamente affermato: “Resta stabilito, quanto alla concreta ed autonoma disciplina di salvaguardia, che la regolamentazione definitiva dell’area è rinviata ad un’intesa tra Comune e Regione, fermo che ‘all’interno dell’area individuata è prevista una zona di tutela integrale, dove non è consentito alcun intervento di modificazione dello stato dei luoghi, e una fascia di tutela condizionata’ (art. 48, comma 2, delle NTA)” (Cons. Stato, Sez. VI, 3 marzo 2011, n. 1366).

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