Una decisione sciagurata
16 Gennaio 2008
Mauro Bulgarelli
La scelta di organizzare nel 2009 il vertice del G8 a La Maddalena è, assieme a quella riguardante la base di Vicenza, una delle decisioni sciagurate assunte dal governo Prodi. Lo è su un piano più generale – l’Italia deve ancora riacquistare credibilità internazionale per la sospensione dello stato di diritto messa in atto durante le giornate di Genova – e nel particolare, visto che trovo inaccettabile che la Sardegna, il cui territorio è stato per oltre cinquant’anni militarizzato, debba ora sopportare anche l’impatto che un simile evento inevitabilmente comporterebbe sotto il profilo logistico e ambientale. Rispetto al primo punto, vorrei solo ricordare che quelle del 2001 furono giornate da repressione cilena, culminate con la morte di Carlo Giuliani, e riconvocare il vertice in Italia, senza che ancora sia stata fatta luce sui responsabili di quella catastrofica gestione dell’ordine pubblico, sarebbe un nuovo vulnus per la democrazia. Per quanto riguarda invece la scelta di La Maddalena, non si può non sottolineare come l’organizzazione del vertice costituirà un fortissimo stress per il già provato ecosistema dell’isola. Per ammissione diretta dello stesso commissario Bertolaso, il vertice attirerà nell’arcipelago non meno di 20.000 persone tra delegazioni e personale al seguito, agenti della sicurezza, giornalisti e addetti alla logistica. Imponente sarà inoltre la presenza di mezzi di locomozione, natanti, elicotteri e altri veicoli. Per avere un’idea dell’impatto ambientale provocato dall’evento basti pensare che ogni vertice del G8 produce in media circa 30.000 tonnellate di anidride carbonica (in gran parte derivanti dalle emissioni dei veicoli, degli aerei etc.), a cui va aggiunto l’inquinamento delle acque provocato dai natanti. C’è poi il capitolo dei costi. Il governo sostiene che l’organizzazione del vertice costituirà una grande opportunità economica per l’isola e il solito Bertolaso ha affermato che è in previsione un investimento di almeno 130 milioni di euro. Omette però di dire che questi soldi vengono spesi in massima parte per la sicurezza. In occasione del vertice dell’anno scorso a Heiligendamn, 92 dei 100 milioni spesi per il summit sono serviti per allestire “misure di sicurezza e prevenzione” (recinzioni, reticolati, sensori di movimento, apparati radar, reti sottomarine) e pagare il carburante. È inoltre facile prevedere che i costi effettivi saranno ben maggiori, in considerazione anche delle difficoltà logistiche tipiche di un’isola. Nel 2000, il vertice di Okinawa costò ben 680 milioni di euro, cifra che il governo rivelò solo molto tempo dopo e che, diversamente impiegata, sarebbe stata sufficiente, per esempio, ad azzerare il debito estero di un paese come il Ghana o a vaccinare un milione e mezzo di bambini africani. Senza contare, infine, che nelle giornate del summit saranno interdette numerose attività, come per esempio la pesca, unica fonte di reddito per numerose famiglie, e che il turismo ne risentirà pesantemente. A rendere ulteriormente inaccettabili le sofferenze cui la Sardegna andrà incontro ospitando il vertice vi è poi una considerazione di fondo, che riguarda la natura stessa del G8, un organismo di fatto illegale, non eletto da alcun parlamento, che si autoconvoca in giro per il pianeta suscitando ovunque le proteste e l’ostilità delle popolazioni dei paesi costretti a ospitare le sue passerelle mediatiche. Da questo punto di vista, la scelta di La Maddalena non è affatto casuale, se si considera che da Genova in poi il G8 ha scelto per convocarsi località sempre meno accessibili e isolate, a testimonianza dell’indice di impopolarità di cui gode e senza peraltro riuscire ad evitare la contestazione dei movimenti. L’esito finale di questo progressivo arroccamento non poteva che essere l’approdo nelle isole: già quest’anno, il vertice si terrà a Hokkaido, la più settentrionale delle isole giapponesi, dove sono già iniziati i lavori di fortificazione e installate le prime batterie di missili patriot. Come di consueto, anche per Hokkaido sono previste misure “straordinarie” di sicurezza che limiteranno fortemente le libertà civili. Basti pensare che proprio alla vigilia del vertice, previsto dal 6 al 9 luglio, sarà introdotta la “US Visit”, procedura che prevede per tutti i visitatori stranieri la schedatura fotografica e il rilevamento delle impronte digitali. Tutto lascia presagire che anche per il G8 sardo saranno adottati analoghi provvedimenti. Per tutti questi motivi, penso sia legittimo e urgente attivare da subito una forte mobilitazione contro l’organizzazione di questo vertice che, peraltro, potrebbe consacrare la Sardegna a sede privilegiata dei vertici internazionali. Già il summit dei cosiddetti “D-10” (i 10 ministri della difesa dei paesi dell’area mediterranea), tenutosi a Cagliari il 9 e 10 dicembre, può essere considerato un primo esperimento per testare “l’affidabilità” e le capacità logistiche della Sardegna, che potrebbero ulteriormente essere messe a punto proprio in occasione del vertice di La Maddalena. Mi chiedo: che ritorno avrebbe il popolo sardo se il suo territorio, già orribilmente militarizzato, dovesse d’ora in poi sopportare anche la periodica convocazione di summit internazionali? Certamente non un ritorno di immagine -visto che la Sardegna sarebbe prescelta proprio in virtù dell’altissima concentrazione di insediamenti militari – e neppure di tipo economico, considerato che gli stanziamenti per i vertici si esauriscono nell’organizzazione dei vertici stessi. A tale proposito vorrei essere chiaro: non metto in discussione che la Sardegna abbia bisogno di essere rivalutata per le straordinarie potenzialità che possiede né, ovviamente, contesto che debba essere destinataria di investimenti e risorse economiche (che costituirebbero, peraltro, un “risarcimento” doveroso per l’aver concentrato nell’isola ben 13 carceri e il 66% delle servitù militari presenti in Italia). Solo che questi investimenti dovrebbero essere finalizzati alla difesa e allo sviluppo del territorio e avere come beneficiari chi vi risiede. Faccio un esempio concreto: è ormai acclarato che questa abnorme presenza di installazioni militari, in particolare poligoni, costituisce una minaccia per la popolazione civile. Basti pensare all’elevata incidenza di patologie neoplastiche che si registra tra coloro che risiedono attorno al poligono militare di Salto di Quirra e in altre zone dell’isola ove insistono servitù militari o ai gravi danni all’ecosistema marittimo e alle attività di pesca provocati dalle esercitazioni del poligono di Capo Teulada. Accanto alle devastazioni provocate dalle attività militari vi sono poi quelle indotte dalle varie produzioni nocive, i cui stabilimenti hanno per decenni inquinato suolo e acque. Quello di cui c’è bisogno è dunque un grande programma di bonifiche che restituisca alla gente sarda il pieno godimento della propria terra e dei beni comuni, e che offra opportunità di lavoro, e quindi di reddito, a migliaia di persone, permettendo di rivalutare le risorse naturalistiche e paesaggistiche di un’isola che fino ad ora è stata considerata un ‘area di sacrificio nazionale’, e che invece ha il diritto di scegliere e di riprendere il futuro nelle proprie mani.