Ciao!

1 Maggio 2021

Foto di Roberto Pili

[Marinella Lörinczi]

Per Marco.

Papa Francesco, anni fa, in circostanze che ignoro, ha detto: “Tre sono le parole chiave per vivere bene in famiglia: permesso, grazie, scusa.” Nell’immagine che ho visto circolare, lui, sorridente, saluta con la mano, fa “Ciao!”.

Ho perciò l’ardire di aggiungere, a queste tranquilli e sagge parole, il significato del gesto papale, il saluto e la parola “Ciao!”, che oramai ha una circolazione internazionale. Ma il solare “Ciao!” nasconde aspetti bui della storia e della mentalità europee.  Li rivela e li spiega anche la sola storia della parola, anche se la Treccani on-line non la racconta nel modo giusto e completo. “Ciao” deriva dalla variante veneta di “schiavo”, dal latino “sclavus”, e “sclavus” proviene a sua volta da “slavus”. Ma perché? “Sclavus” condensa le vicende del grande traffico di Slavi-schiavi che si svolgeva negli empori europei medioevali, tra cui quelli adriatici. Le propaggini immateriali di queste attività commerciali e delle loro cause, sparite dalla storia, si sono insinuate nella mentalità paneuropea; sono più pervasive di quanto si comprenda dall’articolo citato, oramai quasi impercettibili alle volte, ma ancora vitali e sempre pronte a rinvigorirsi. Le appartenenze e le divisioni confessionali storiche continuano a proiettarvi le loro incerte ombre. Ma se preso in sé, l’italiano “Ciao!”, per fortuna, ne è diventato immune. Oggidì, in Italia, “Ciao!” si è diffuso molto, forse troppo, nella comunicazione informatizzata e informale.

E’ da questa parola-saluto che parte il mio raccontino di oggi. In verità, avrei dovuto iniziarlo prima di Pasqua, ma non ho potuto farlo dovendo tuffarmi volente-nolente nel caos delle vaccinazioni. Parentesi chiusa. Il lettore comprenderà.

Camminando settimane fa nella periferia di dove abito, in una via deserta (forse sgombrata dai carabinieri perché di solito vi si radunavano molti ragazzi, senza mascherina ma forniti di birra), con alcune macchine parcheggiata qua e là lungo i marciapiedi, sento un flebile “Salve!”. Mi giro intorno e non vedo nessun adulto o ragazzo grande, guardo persino sotto una macchina. Non si sa mai, qualche malore, tutto può capitare. Quando mi raddrizzo scorgo un bambinetto di circa otto anni, aggrappato alla grata di una recinzione come un povero animaletto in gabbia, che mi guarda. Non poteva che essere lui. Mi tengo a debita distanza, gli dico “Ciao!”, e poi cerco di iniziare un dialogo perché era evidente che aveva voglia di chiacchierare, il piccolino, con non importa chi fosse. Ho cercato di dirgli qualcosa, di togliersi il giubbottino ché faceva caldo, e lui risponde “Babbo non vuole”. Cerco ancora affannosamente qualche argomento di interesse comune, non potevo mica piantarlo là, e gli chiedo se hanno animali in casa, cani o gatti, e lui dice che sì, hanno due cani ma uno è “cattivo”. Ma no, dico, non è cattivo, ma quale dei due è cattivo, il maschio o la femmina? il maschio – risponde -, allora vedi, dico io, tu sicuramente accarezzi la femmina e lui è geloso, devi accarezzare anche lui. Gli dico “Ciao!”, e gli auguro “Buona Pasqua”, mi allontano e lui mi grida dietro “Buona Pasqua!”. “Altrettanto!”

Alla fine della strada inizia una strada bianca, polverosa quando non piove, fangosa argillosa da restarci appiccicati, quando piove. La imbocco e poco dopo sento da dietro una macchina che si avvicina e che poi si ferma. Mi volto per capirne le ragioni, forse non voleva riempirmi di polvere, il guidatore, ma la macchina si mette subito in moto e passandomi accanto piano piano vedo che dal finestrino si affaccia un bambino che mi dice “Ciao!”, io ricambio, ma nello stesso momento mi rendo anche conto che è il bimbo di prima, che aveva fatto rallentare la macchina per poter abbassare il finestrino e per salutarmi.  “CIAO!”, ripeto, con quel tono di chi ha riconosciuto e ne è lietamente sorpreso. Lo ero veramente. Passano oltre, babbo e figlio, e lui ancora dal finestrino mi grida “Buona Pasqua!” – “Altrettanto, ciao!”.

Giorni più tardi ripasso nella stessa strada e vedo all’altezza di quella recinzione due persone che stanno per entrare nel cortiletto. Mi fermo e chiedo – tanto so già che le persone muoiono dalla voglia di chiacchierare, di questi tempi – se sono parenti di un bambino che avevo visto proprio là. Riassumo rapidamente la storiella e loro, lei soprattutto s’illumina e risponde: Ah è lei, Marco ci ha raccontato della signora con lo zaino che era passata per la strada. – Che bello, mi saluti tanto Marco, gli dica “Ciao!” da parte mia.

Ciao, Marco.

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