Martedì 14 settembre 2021
9 Settembre 2021[Filippo Kalomenìdis]
Martedì 14 settembre si svolgerà a Cagliari un’altra udienza del processo “Operazione Lince” contro 45 militanti dei movimenti antimilitaristi in Sardegna accusati di associazione sovversiva con finalità terroristiche o di concorso in essa. Un processo politico e punitivo che prende a pretesto manifestazioni contro la presenza delle basi militari nell’isola, stralci di intercettazioni telefoniche e presunte tensioni durante le proteste per mettere in piedi uno strampalato teorema che ha un chiaro obiettivo: stroncare ogni forma di libera avversione all’eterna militarizzazione del territorio sardo. Un processo di cui si sta parlando troppo poco nel nostro Paese.
La mattina del 14 settembre andrò a Cagliari. Andrò al tribunale di Cagliari.
Il sostituto procuratore della repubblica Guido Pani non mi ha iscritto tra gli indagati, tra gli imputati del processo chiamato “Operazione Lince”, ma ha commesso un imperdonabile errore e, con lui, hanno commesso un imperdonabile errore gli apparati repressivi di questo Stato che dal 2015 tormentano le vite di 45 militanti antimilitaristi appartenenti a svariati collettivi di resistenza e disobbedienza civile tra cui “No Basi” e “A Foras – Contra a s’ocupatzione militare de sa Sardigna”.
Siamo, sono sicuro, in migliaia, in decine di migliaia, spero centinaia di migliaia, a dover essere perseguiti, perseguitati, processati come queste giovani donne e questi giovani uomini e ad avere l’obbligo di essere presenti all’udienza.
Infatti, come padre, cerco di insegnare a mio figlio che deve sempre lottare per essere libero.
Ho la grave colpa di spiegargli che in Sardegna, in una delle nostre tante terre madri, ci sono il piombo, il cadmio, e l’uranio di un’occupazione militare che contamina, che brucia da decenni aria, terra, acqua e suolo, avvelenando l’ecosistema e corrodendo, uccidendo con il cancro le persone che lo abitano.
Gli parlo delle basi nell’isola da cui partono le esercitazioni degli aerei israeliani che si addestrano per spargere morte tra i bambini palestinesi e il popolo palestinese a Gaza.
Gli raccomando di non diventare uno di quei ragazzi – in Sardegna, in Italia ce ne sono troppi – che non fanno crescere la Famiglia Umana a cui tutte e tutti apparteniamo, e preferiscono mettersi la divisa, partire verso Paesi lontani a portare la guerra per conto dei criminali che ci governano.
Gli chiedo di non scegliere mai nel suo futuro di diffondere il terrore della NATO. Gli chiedo di non andare mai a distruggere case povere nel Sud del Mondo. Gli chiedo di non occupare mai strade e orizzonti che non gli appartengono per assassinare a pagamento qualcuno che nemmeno conosce e che non ha fatto lui alcun male.
Gli racconto che il fanatismo servile degli eserciti (incluso quello italiano) ha inferto, in tempi solo apparentemente distanti, dolore e lutti tra i nostri parenti più stretti in Turchia, in Georgia, e in Grecia.
Gli dico che combattere il militarismo, l’imperialismo e le macchine belliche di sterminio degli Stati-Nazione è amore, valore, orgoglio e dignità.
Gli svelo che ha fratelli maggiori, come questi 45 giovani sotto processo, che sono braccia, gambe e sangue che pulsa di questa visione pura.
Molti genitori parlano allo stesso modo coi loro figli, dunque sono colpevoli. Quindi sono certo che il 14 settembre, tante, tantissime madri, tanti, tantissimi padri debbano presentarsi al Tribunale di Cagliari. Siamo complici degli imputati e nessuno degli inquirenti ha avuto il coraggio e l’intelligenza di accorgersene.
La mattina del 14 settembre andrò a Cagliari. Andrò al tribunale di Cagliari.
Perché, come scrittore e testimone di questo tempo, ho tentato di dare voce ai reclusi nei lager per migranti, vessati dai soldati degli eserciti europei per il loro ostinato e meraviglioso rovesciare, a mani e respiro nudi, la vita che gli viene imposta.
Perché tante persone interpretano la creatività come lotta come me, e più di me.
Perché tanti artisti strappano le divise da massacratori indossate in questo mondo, perché tanti artisti sputano sulle bandiere di guerra dipinte sopra armi e bombe.
Quindi sono sicuro che debbano presentarsi in tante e in tantissimi a questa udienza.
Siamo corresponsabili, siamo eversori, e chi ha voluto e istruito questo processo ha scordato di perquisire le nostre case e di privarci della libertà di movimento.
La mattina del 14 settembre andrò a Cagliari. Andrò al Tribunale di Cagliari.
Perché, come attivista politico, invito spesso al telefono compagne e compagni alla mobilitazione contro il sistema, mi metto d’accordo per partecipare a manifestazioni e per organizzare riunioni, per scambiarci ipotesi di rivelazioni, rivoluzioni e soluzioni.
Perché non sono assolutamente l’unico a farlo.
Quindi credo che tantissime attiviste e tantissimi attivisti debbano salire quelle scale che portano al giudizio ferreo di questo Stato. Dal momento che siamo pericolosi sovversivi la cui correità con gli imputati è sfuggita a chi ha condotto l’ennesima indagine teoretica di questa interminabile era di repressione.
La mattina del 14 settembre andrò a Cagliari. Andrò al Tribunale di Cagliari.
Perché amo queste giovani e questi giovani militanti che si stagliano per la loro luminosa idea direttrice di esistenza, che si battono contro l’orrore di questo mondo, che si sono precipitati a soccorrere le popolazioni colpite dai roghi in Sardegna quest’estate.
Perché la loro lotta è rischiare di vivere mentre tutti attorno accettano di morire. Perché solo i figli come loro possono salvarci.
Perché nessuno deve più osare minacciarli col carcere per la bellezza che ci insegnano; perché gli ideali, l’umanità, il donarsi non sono reati e la verità non è vilipendio.
Perché se per questo Stato divergere, dissidere, contestare, contrastare, opporsi, resistere, unirsi, difendersi, migliorare, modificare, trasformare, incontrare, aiutare, proteggere, creare, accogliere, dare, liberarsi sono azioni che implicano finalità terroristiche, siamo in tanti a dover render conto della nostra parte limpida di esseri umani davanti a chi ha scelto di cancellarla.
La mattina del 14 settembre andrò a Cagliari. Andrò al Tribunale di Cagliari.
Perché è un segnale spaventoso della tirannide conclamata in questo Paese che la Presidenza del Consiglio dei Ministri si costituisca parte civile in un processo che mira a incatenare la componente vitale delle nuove generazioni.
Perché dovremmo muoverci uniti per abolire l’aberrazione dell’articolo 270 del Codice Penale sull’associazione sovversiva (che viene dal ventennio fascista ed è stato usato con disinvoltura in tutta la storia repubblicana dai magistrati costruttori di storie necessarie a giustificare l’oppressione; è recentissimo il suo utilizzo nel caso che riguarda la persecuzione del ricercatore storico Paolo Persichetti) con cui questo Stato punisce coloro che elaborano e diffondono un pensiero della differenza.
E li punisce, da subito, al massimo della strumentazione con il processo inquisitoriale mezzo stampa che trasforma i nemici in mostri che vanno oltre il delinquenziale, il criminale, e li addita come monito alle folle in quanto rappresentanti dell’ impensabile, dell’inconcepibile.
La mattina del 14 settembre andrò a Cagliari. Andrò al Tribunale di Cagliari.
Perché voglio che queste giovani e questi giovani perseguitati abbiano un volto, il loro volto, una voce, la loro voce, una storia umana e politica, la loro storia umana e politica.
Perché queste e questi giovani militanti sono un esempio lucente che deve essere libero di esprimersi e cambiare il reale.
Perché ciascuno di noi deve portare loro la propria gratitudine.
Perché dobbiamo annunciare per loro la primavera in questo autunno che arriva.
Perché con i nostri cuori dobbiamo battere su ogni porta per impedire a chiunque di azzardarsi a toccarli.
14 Settembre 2021 alle 14:17
[…] da tenere a bada, quando serve, blandendola paternalisticamente o, a seconda delle circostanze, reprimendone in vari modi le istanze emancipative o anche solo […]