Della violenza e di altri mali

27 Febbraio 2023

[Luana Seddone]

Piero Gobetti aveva 25 anni quando fu pestato dai fascisti davanti alla porta della sua casa. Era un liberale eretico, attento conoscitore del marxismo che combatté per la giustizia e la libertà contro un fascismo che quella libertà la toglieva.

Anche oggi accade che dei giovani siano pestati da fascisti mentre il mondo intorno guarda, se qualcuno osa denunciare violenze e soprusi o anche solo esprimere la propria opinione, viene duramente condannato e minacciato.

Nella vita quotidiana a molti accade di trovarsi di fronte a situazioni che richiedono la scelta di esprimersi liberamente o tacere per timore di conseguenze e, tali conseguenze e, tali minacce possono essere perpetrate da piccoli capetti o da uomini di governo.

Siamo coscienti di essere divenuti accondiscendenti e calcolatori di fronte a una società che ci impone un livellamento, ci chiede di essere perfetti dal punto di vista estetico ma non ci permette di esprimerci in quanto persone e, come tali, di distinguerci gli uni dagli altri.

Lévinas in Totalità e Infinito contesta l’idea che la fratellanza si fondi su un rapporto di somiglianza tra gli uomini, perché l’accoglienza dell’Altro deve essere in primo luogo incondizionata e del tutto indipendente da una possibile identificazione di se stessi con gli altri.

Il faccia a faccia con l’altro”. È lì che è racchiuso il segreto supremo della vita: nel volto che abbiamo di fronte e che mai riusciremo ad afferrare per intero, riconducendolo a noi stessi.

L’attuale società e livellata nella ricerca del politically correct, non ci perdona il confronto, non è ammesso lo scontro costruttivo, è richiesto un comportamento che si adegui ad uno status preimpostato perché il pensiero sia omologato, le parole vengono intese secondo l’ideologia di chi ci ascolta.

È un esigere che si unisce all’alterigia.

Vengono premiati non il merito ma la condiscendenza e l’obbedienza, punti di partenza per acquisire bonus e benevolenza, è valorizzato chiunque si presti alla condanna dell’altro, coloro che non si fanno scrupolo di essere delatori, si perdono di vista principi quali l’alterità e una modernissima pietas.

 Nella sua devozione, il Romano non era rivolto, come il Cristiano verso il Cielo: lui, pastore e guerriero, guardava le greggi, i suoi armenti, il suo terreno, la sua famiglia, e soprattutto la sua patria con estrema razionalità anche nell’ambito religioso. Il romano non aveva paura della morte, non sperava in una ricompensa nell’aldilà, ma ciononostante si sentiva chiamato a contribuire al benessere di tutti i romani.

Secondo Lèvinas, il pensiero occidentale è egologia, primato e prevaricazione del medesimo nei confronti dell’altro, cioè annullamento di ogni differenza nell’universalità dell’essere.

Sempre meno si ha il coraggio di denunciare soprusi e violenze, si è perso il confine tra ciò che è accettabile moralmente e ciò che non si può accettare.

Ne sono un esempio lampante l’indifferenza di fronte ai continui naufragi, la violenza perpetrata ai danni delle donne, la diseducazione al rispetto dell’altro, l’intolleranza verso tutti coloro che non siano instagrammabili.

Il fascismo nasce quando la libertà viene meno, quando si è condannati per le proprie opinioni, per le proprie scelte, per le proprie azioni, quando si punisce invece di educare, quando si va oltre il proprio ruolo e lo si usa ai danni dell’altro.

Ci si adatta lentamente e inconsciamente ad una perdita di democrazia, la mediocrità avanza senza che ci si accorga, l’intelligenza viene considerata pericolosa perché va oltre l’apparenza, la prepotenza diventa un modus operandi raccolto dai più e condiviso dai tanti.

La povertà diventa scomoda e lo diventa anche la disabilità, entrambe hanno bisogno di sostegno e non producono, la ricchezza, talvolta virtuale, diventa un obiettivo, raggiunto da pochi ma agognato dai tanti, subentra la vergogna di non essere vincenti, il pensiero e indotto a far credere di essere inadeguati se non si persegue il modello preimpostato.

Essere Io significa allora non potersi sottrarre alla responsabilità. Questo più d’essere, questa esagerazione che chiamiamo essere io, questa sporgenza dell’ipseità nell’essere, si compie come una turgescenza della responsabilità. La messa in questione di me stesso da parte dell’Altro mi rende solidale con Altri in modo incomparabile e unico. Solidale, non nel senso in cui la materia è solidale con il blocco di cui fa parte, o come lo è un organo con l’organismo in cui ha la propria funzione; solidarietà, qui, significa responsabilità come se tutta la struttura della creazione poggiasse sulle mie spalle. L’unicità dell’Io consiste nel fatto che nessuno può rispondere al mio posto. La responsabilità che svuota l’io del suo imperialismo e del suo egoismo, persino del sano egoismo, non lo trasforma in un momento dell’ordine universale. Lo conferma nella sua ipseità, nella sua funzione di supporto dell’universo.

La Diaconia” da: E. Lèvinas, “Scoprire l’esistenza con Husserl e Heidegger”, Raffaello Cortina Editore.

Nell’immagine: Murale di Enrico Fereoli sulle barricate antifasciste durante i fatti di Parma, barricate organizzate dagli Arditi del Popolo e ldale formazioni di difesa proletaria contro l’assedio degli squadristi durante l’agosto del 1922.

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