Rwm e questione palestinese
18 Ottobre 2023Gaza sotto i bombardamenti, Marwan sawwaf/Alef MultiMedia/Oxfam
[Aldo Lotta]
Cominciano a trapelare i piani di Israele riguardo il destino dei sopravvissuti all’eccidio in corso a Gaza (momento agghiacciante di un tragico genocidio quotidiano nei confronti dei palestinesi che dura da più di 70 anni: un genocidio in termini di presenza fisica, culturale, sociale, così come lo definisce – usando la definizione dell’Onu – Ilan Pappe).
Il governo israeliano ha affermato che «Gaza sarà più piccola in futuro». L’intervento di terra da parte di decine di migliaia di soldati dovrebbe porre le premesse per una distruzione totale di Gaza City (circa mezzo milione di abitanti) e per l’occupazione da parte israeliana di un territorio di circa 200 km quadrati. « L’obbiettivo di questa operazione è distruggere Hamas, privandolo di tutte le capacità militari e della governance in modo che sia sostituito con qualcos’altro », ha rivelato Amos Yadlin, ex generale e capo dell’intelligence militare israeliana.
Gli abitanti palestinesi (sopravvissuti ai massacri) della Striscia sarebbero dunque relegati in una riserva di circa 165 Km quadrati: circa 2 milioni di persone in qualcosa per cui bisognerà inventare un termine nuovo. Infatti, nei bantustan sudafricani, giustamente cancellati con ignominia da tempo grazie ad un vasto e coeso boicottaggio occidentale, vigevano maggiori diritti e libertà. Ciò grazie ad un’importante rappresentatività contrattuale assegnata ai lavoratori neri, indispensabili per l’economia del Paese e, quindi ad una maggiore loro mobilità all’interno del Paese.
Gli ufficiali delle forze israeliane dichiarano di avere armi e materiali bellici in abbondanza, grazie all’aiuto massiccio da parte degli Stati Uniti, in particolare della marina americana che mantiene al largo della regione due portaerei insieme ad altre navi.
Questo particolare di cronaca marziale (oltre a risvegliare il pensiero sconvolgente sul fatto che oggi gli ordigni di guerra di ogni tipo siano il bene più abbondante e diffuso sulla terra) mi permette di ritornare con la memoria alle giornate dell’8 e 9 ottobre quando dal cielo terso di Cagliari provenivano senza sosta rombi sinistri di motori di aeroplani. In quei giorni, grazie ad una semplice ricerca sul sito di Flightradar 24, alcuni di noi hanno potuto tracciare esattamente la partenza da Elmas di numerosissimi aerei cargo della Marina statunitense fino al loro arrivo alla base USA greca di Chania (isola di Creta). Non solo, ma è stato possibile facilmente verificare che nei giorni immediatamente successivi velivoli con identica tipologia decollavano ripetutamente da quella base per atterrare a Tel Aviv.
E’ facile immaginare quale fosse la tipologia di merci che gli aerei USA hanno dislocato dalla Sardegna ad Israele, specie alla luce della sollecita rassicurazione di Biden di essere pronto a fornire a Netanyahu “tutto ciò di cui potrebbe avere bisogno” (a tal fine gli Stati Uniti, che già sovvenzionano Israele con più di 3 miliardi di dollari all’anno espressamente destinati all’acquisto di materiale bellico, hanno iniziato a spostare nella regione navi da guerra, comprese due portaerei, e numerosi caccia).
In base a tali premesse il pensiero non può che essere rivolto anche alla “nostra” RWM: RWM Italia che produce bombe per aerei da combattimento e proiettili per cannoni semoventi e per carri armati, dichiara di avere ordini per 509 milioni di euro. Lo scorso anno l’azienda, che vanta già da tempo il trasferimento di tecnologia militare israeliana e attività di ricerca per mettere a punto testate da guerra a più elevata letalità, ha stipulato un accordo con il gruppo israeliano UVision Air Ltd per la produzione dei micidiali droni-killer (Loitering Munitions). Sappiamo come tali materiali bellici siano ampiamente utilizzati, oltre che nel corso delle esercitazioni in territorio sardo, direttamente sui palestinesi in Cisgiordania e sulla Striscia di Gaza (non solo prigione o campo di concentramento a cielo aperto ma anche poligono a cielo aperto dove Israele può testare dal vivo materiale tecnologico militare e armamenti sofisticatissimi prima di venderli con fierezza in tutto il mondo).
Ma se, dunque, Israele, che costituisce dal 1948 uno strategico avamposto mediorientale della controversa cultura occidentale (mentre la storia ha da tempo insegnato ai popoli delle due sponde del Mediterraneo l’importanza reciproca di uno scambio armonico di culture) riceve anche dalla nostra isola questi strumenti di morte, dobbiamo a tutti i costi affrontare i nodi di un equivoco stringente per uscire da una insostenibile, angosciosa contraddizione: vogliamo essere noi sardi annoverati tra i mandanti di una politica esportata di cosi-dette-guerre (in realtà eccidi, sopraffazioni, genocidi) contro popoli inermi, nel segno della agghiacciante teoria sullo scontro di civiltà?
O il limite di infamia ed orrore raggiunto in questi giorni dai signori della guerra (dai decisori mandanti ai diretti esecutori) non ci dovrebbe forse indurre ad ascoltare di nuovo la Storia (tornando soprattutto a 75 anni fa, quando uomini illuminati crearono le moderne costituzioni e l’intero corpo del diritto internazionale proprio perché noi non ci riscoprissimo vittime di una tragedia simile a quella allora appena vissuta) e far sì che la pace, il diritto alla vita, il rispetto dell’altro non divengano di nuovo ciò che vogliono i nostri governanti: parole vuote e risibili?
Ilhan Sami Comak, un poeta curdo costretto da 29 anni in una prigione turca, afferma come attraverso la scrittura riesca a tenere accese dentro di sé le prospettive vitali dello spazio e del tempo, pur nell’estrema costrizione di una minuscola cella.
La scrittura è parola, comunicazione, richiesta di aiuto e condivisione che, come nel caso di Ilhan, può, se vogliamo, raggiungere tutti, in tutto il globo. È ciò che noi sardi oggi possiamo e dobbiamo fare dichiarando con la voce, gli scritti, le proteste civili e pacifiche, la volontà perentoria di non fare più da mandanti per gli esecutori di immani sopraffazioni e distruzioni di popoli e territori. E dobbiamo essere finalmente e sinceramente uniti, almeno per questo obiettivo, sapendo di avere dalla nostra parte la ragione, l’eticità, le leggi internazionali e la nostra Costituzione.
Questa azione civile, se veramente collettiva, può scuotere qualsiasi ostacolo e qualsivoglia vuota arroganza di potere. E può essere l’atto più importante, convincente e sincero di solidarietà di noi sardi con Gaza e con l’intero popolo palestinese.
2 Novembre 2023 alle 15:56
[…] Rwm in collaborazione con l’israeliana U-Vision (2 febbraio 2022). Ancora qualche giorno fa, su Il Manifesto Sardo si è data notizia di numerosi cargo militari partiti dall’aeroporto di Elmas (…, tra l’8 e il 9 ottobre, i quali, passando per Cipro, hanno raggiunto i territori occupati della […]