Del 25 novembre e di tutti i giorni
2 Dicembre 2023[Luana Seddone]
Ebbene, le donne muoiono per mano degli uomini, non sconosciuti impazziti che vagano per le strade, psicotici, malati psichiatrici, no! Sono uomini che dicono di averle amate, esseri che parevano affettuosi, che preparavano biscotti, di estrazione sociale variegata, poveri, ricchi, benestanti, operai, avvocati, medici, forze del disordine, ci sono tutti.
In comune hanno uno sguardo particolare, mandano dei segnali riconducibili all’aggressività ma che non si palesano sempre, c’è un filo sottile che fa dubitare di aver capito, una volta la rabbia, la seconda la dolcezza, la terza le botte, la quarta l’umiliazione.
Dall’esterno, gli spettatori assistono a queste scene, immobili, ciechi, indecisi, frastornati ed egoisti, timorosi di fare il gesto che può salvare le donne che soffrono, spesso in silenzio.
Il silenzio è rivelatore, il pudore di non sentirsi svilite, di non avere la forza, di essere umiliate, offese, annientate, l’impossibilità di chiedere aiuto, la disperazione di non avere strumenti.
Bello scendere in piazza, giusto, ma lo sarebbe ancora di più se ci guardassimo attorno, l’infelicità si sente, avvolge, la tristezza appare negli occhi, scava nel profondo, manda segnali e noi non li cogliamo.
Hanno paura, le donne, hanno paura dei loro uomini, dei maltrattanti che le ingabbiano, le stringono, le soffocano, non sanno più chi sono o chi volevano essere, non vedono vie d’uscita, lo concepiscono come se fosse il loro destino, un enorme peso che devono trasportare senza mai arrivare alla cima.
Sisife.
Come possono essere definiti questi uomini? Mostri? Non sarebbe etimologicamente corretto, il mostro si distingue per qualcosa di straordinario non per un’azione diventata ordinaria.
Vogliono possedere le donne, le vogliono plasmare, niente è mai appropriato, qualsiasi gesto li infastidisce, li urta, li fa arrabbiare, le vogliono inanimate, senza volontà né coscienza, ma forse neanche questo basterebbe.
Spesso usano il coltello, lo fanno più volte, con rabbia e ferocia, non in preda all’impeto, a volte con premeditazione, pianificano, studiano, inseguono, assalgono e fendono.
Leggiamo e ascoltiamo tante notizie, ci giungono informazioni da ogni dove, eppure non capiamo, non sappiamo veramente cosa sia il patriarcato, c’è chi ne parla e chi se ne oppone ma la comunicazione non è mai semplice, non è adeguata, spesso è pura teoria, poco fruibile e molto astratta.
I femminicidi, purtroppo, sono reali.
Lerner sostiene che attraverso questo sistema di valori patriarcali, passati di generazione in generazione, le persone siano state condizionate a credere che gli uomini sono superiori alle donne. Questi simboli sono parametri di condizionamento che i bambini imparano crescendo, e il ciclo del patriarcato continua ben oltre l’Antica Grecia.
Nel 1973, Goldberg sosteneva che il dominio maschile è un universale umano come risultato della nostra composizione biologica. Una teoria sociobiologica evolutiva per l’origine del patriarcato parte dall’idea che le femmine investono quasi sempre più energia nella produzione della prole rispetto ai maschi e, di conseguenza, le femmine sono una risorsa su cui i maschi competono. Questa teoria è chiamata principio di Bateman.
E nel quotidiano, nella contemporaneità, non siamo ancora in grado di dare uguale dignità agli uomini e alle donne, di scardinare i ruoli di accudimento, di accogliere allo stesso modo le proposte degli uni e degli altri senza cadere nel sessismo, di sovraccaricare di obblighi, di creare modelli con in mostra corpi privi di identità, non libere di mostrarsi ma inconsapevolmente vittime di appetiti di uomini che hanno bisogno di legittimare pulsioni e controllo, addirittura istituzionalizzato.
Gridano a gran voce le parole riconducibili al patriarcato: le donne sono maestrine, sono belle e brave, raramente sono intelligenti, se la cercano sempre, sono acide, ciclate, depresse, nevrasteniche, isteriche, troie, grasse, cernie, cozze e anche cessi.
Non vi piace patriarcale? Neanche a noi.