Dall’Isola di Pasqua all’Anatolia, sorvolando la Sardegna

1 Maggio 2024

[Marinella Lőrinczi]

Ascoltando per caso e poi leggendo una notizia del febbraio scorso, che riguarda anche la genesi e la storia della scrittura o – più in generale – del grafismo umano, sono stata trascinata mentalmente verso luoghi distanti ed affascinanti che – ahimè! – mai potrò visitare.

L’articolo informativo (che divulga i risultati di una ricerca scientifica https://www.nature.com/articles/s41598-024-53063-7) s’intitola”La scrittura [rongorongo] a Rapa Nui (Isola di Pasqua) è nata prima dell’arrivo degli europei?” ed è stato pubblicato qui. Da vedere anche questo link.

Il segno interrogativo associato ad europei mi sembrava già in partenza superfluo o quanto meno superato, rimembrando vecchie ed appassionanti letture (rispolverate ed ora aggiornate) sul popolamento e sulla storia impressionante e tragica (fino a tempi più recenti) di quella remota isola del Pacifico. Al suo studio il norvegese (vien da dire vichingo) Thor Heyerdahl (1914 – 2002, deceduto in Italia), esploratore, etnologo, archeologo, abile scrittore, diede contributi fondamentali anche sotto forma di ipotesi successivamente ridimensionate o ripensate da altri; per cui alcuni non si degnano di menzionarlo nemmeno di sfuggita, ma vorrei vederli attraversare l’oceano ‘pacifico’ su una zattera come fece lui con il suo equipaggio!

Uno dei rendiconti e memorie romanzati di Heyerdahl (Aku-Aku. Il segreto dell’Isola di Pasqua), pubblicato in norvegese nel 1957, e poi in numerose altre lingue, contiene foto a colori, di cui mi permetterò di fare un limitatissimo uso divulgativo. Per essere più precisa, trarrò notizie e foto da una seconda edizione ungherese del 1963, contenente la traduzione di una versione inglese del 1958. La versione inglese è leggibile qui.

E’ interessante notare anche questo percorso traduttivo complicato che avevo già sperimentato in un’altra occasione, dovendo io tradurre qualche brano da un testo inglese del 2017, traduzione a sua volta da un originale turco del 1927 ma ammodernato ortograficamente nel 1946.

Purtroppo non leggo il turco, tanto meno conosco il rongorongo, che alla lettera significherebbe “linee scritte da recitare, declamare, cantare”. Si tratta di una modalità grafica/scrittoria non ancora decifrata e fa parte di un complesso sistema pittografico utilizzato – importato o sviluppato – nell’Isola di Pasqua anteriormente all’arrivo dei primi europei (che ci misero piede per la prima volta nel terzo decennio del Settecento e si tratta di navigatori olandesi). Ne fornirò un  campione più avanti.

Heyerdahl pubblicò, nel libro menzionato (del 1957), anche questa foto sui petroglifi (incisioni su roccia) pasquensi:

Dall'Isola di Pasqua all'Anatolia, sorvolando la Sardegna.

Questo tipo di petroglifi, insieme con le raffigurazioni in bassorilievo  incise sulla parte posteriore delle straordinarie e numerosissime statue gigantesche dell’isola (per lo più monolitiche, realizzate all’incirca tra il 1200 e il 1500 d.C.), ad esempio:

(Fonte)

hanno generato l’ipotesi olistica secondo la quale anche “sul dorso delle statue sono incisi simboli in rongorongo” (it.wikipedia.org/wiki/Moai#Significato), aventi presumibilmente, in quel contesto, funzioni e valori propri, speciali.

A seguito di esplorazioni e scavi moderni sono stati scoperti bassorilievi simili a questi anche nella parte basale delle statue (realizzate – si ricordi – nella prima metà del II millennio d.C.). Perciò a maggior ragione si può ipotizzare una interrelazione tra i vari sistemi grafici ritrovati sull’isola. Ma non solo. Già dagli anni ’50 si pensa ad un’origine polinesiana o anzi, successivamente, autoctona del rongorongo e non ad una attività o capacità scrittoria stimolata da spagnoli – quindi da europei – giunti sull’isola nel 1770 (si legga https://www.nomos-elibrary.de/10.5771/0257-9774-2011-2-439.pdf , 2011, pp. 445-6, 458-9), visione, questa, eurocentrica ed alquanto supponente.

Bisogna evidenziare a questo punto che le analisi molecolari genetiche (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/17212703/, 2007) dimostrerebbero la parziale origine polinesiana degli attuali 7000, all’incirca, pasquensi.

Tra le altre rivelazioni molto interessanti di oggetti nascosti nelle grotte familiari sotterranee dei pasquensi (tipo bunker), a Heyerdahl fu mostrato – e lui lo fece fotografare – un vecchio fascicolo malridotto, non rilegato. I suoi possessori storici sarebbero stati tenuti a tramandare di generazione in generazione, e a ricopiare su supporto cartaceo testi in rongorongo (quando deteriorati), seguiti da una sorta di traslitterazione in caratteri latini, testi che oramai, da chissà quante generazioni, nessuno comprende più.

Scrittura rongorongo ‘moderna’, copia di copia di copia (da Heyerdahl, ed. ung. utilizzata, pp.248-9). Altri oggetti poco voluminosi, in pietra e soprattutto in legno, recanti incisioni in rongorongo, sono molto più numerosi.

Riguardando le foto di Heyerdahl e poi tante altre presenti in rete, ho notato, nel senso che ne sono diventata consapevole, l’allineamento perfetto, militaresco, da parata, delle grandi statue dal volto teso e quasi corrucciato, oppure, in luoghi diversi, la loro collocazione  sparsa e più distanziata, come se si trattasse di un piccolo esercito, ovvero di una compagnia di guardia rivolta nella stessa direzione.

Lo stesso tipo di collocazione delle figure, realizzate in bassorilievo e orientate tutte in una determinata direzione, ricorre sulle stele di pietra del ‘santuario’ neolitico scavato a Göbekli Tepe (in Anatolia, Turchia; v. https://www.manifestosardo.org/i-fenicotteri-piu-antichi-del-mondo/, 2024), dove sono certi animali (mammiferi, serpenti, uccelli), probabilmente considerati pericolosi o minacciosi, ad avere, a mio avviso, un atteggiamento ipoteticamente marziale.

Ecco, dunque fenicotteri e forse qualche altro uccello, con serpenti ondeggianti sotto le zampe, e in mezzo alle due schiere rivolte nella stessa direzione si cela anche un quadrupede, forse una volpe. Volatili, rettili, mammiferi, aria, acqua, terra, ma tutti poggiati sulla terra.

Mentre invece sull’Isola di Pasqua le statue non guardano verso l’oceano (da dove in tempi successivi sarebbero sì arrivati stranieri non sempre benevoli, ma tutt’al contrario), ma contemplano con serietà e sussiego le aree abitate, per proteggere l’uomo e il suo habitat (che proprio l’uomo aveva devastato), magari anche per tenerli d’occhio:

Ma le coincidenze culturali osservabili in due luoghi tanto distanti non finiscono qui. L’argomento successivo e finale rende in Sardegna quasi superflui i commenti. Iniziamo di nuovo dalle foto presenti in Heyerdahl, tra le quali scopriamo queste due:

Alle quali affiancheremo quest’altra (con i relativi commenti leggibili in https://sardegnainlink.wixsite.com/sardegnainlink/is-fassonis), sui fassonis, appunto, utilizzati per la pesca tradizionale negli stagni di Cabras e di Santa Giusta. Questo tipo di imbarcazioni o natanti tradizionali, realizzati con fasci di canna, che non affondano e che secondo Heyerdahl si muovono sull’acqua come cigni, erano e sono in uso anche nel lago andino di Titicaca ed altrove, ad es. nell’antico Egitto, (https://en.wikipedia.org/wiki/Reed_boat; http://ilmondodiaura.altervista.org/EGIZI/NAVIGAZIONE.htm), ma rivelano, ciascuna, caratteristiche costruttive proprie.

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