La strage sanitaria a Gaza è un abominio senza fine

30 Giugno 2024
Macerie a Gaza – Afp

[Aldo Lotta]

Il 12 marzo di quest’anno la BBC ha diffuso immagini scioccanti di medici costretti a spogliarsi e ripetutamente picchiati dalle truppe israeliane dopo un raid nel loro ospedale, il Nasser di Khan Yunis, nella Striscia di Gaza.

Da allora le incursioni negli ospedali si sono moltiplicate portando ad un massacro di pazienti e personale nel contesto agghiacciante dell’immensa carneficina in corso a Gaza. Praticamente tutte le strutture sanitarie, così come le scuole, università e le moschee, sono state distrutte o rese inservibili (il collasso delle strutture sociali è infatti funzionale alla cancellazione programmata ed effettiva di una comunità sociale).

Riguardo agli ospedali di Gaza, ben 36 in origine, nei tempi di guerra che hanno martoriato quel territorio nel corso degli ultimi 7 anni sono sempre serviti non solo come luoghi per la cura dei feriti e dei malati, ma come istituzioni sociali fondamentali, ospitando un microcosmo dell’intero ordine sociale della Striscia. Sono diventati centri nevralgici per giornalisti e difensori dei diritti umani, hanno offerto spazio alle squadre della protezione civile di Gaza per organizzare e coordinare le attività di salvataggio e hanno ospitato decine di migliaia di rifugiati sfollati in cerca di riparo dai bombardamenti. Gli ospedali sono diventati tutto questo perché costituivano le ultime istituzioni civili rimaste che avrebbero dovuto godere di un minimo di protezione dalla guerra. In altre parole, essi ospitavano tutti i meccanismi che fanno funzionare una società.

Secondo un report di Haaretz dopo il 7 ottobre gli ospedali e le strutture sanitarie sono diventate invece vere e proprie “zone di uccisione”, secondo la definizione data dall’esercito israeliano alle aree in cui tutte le persone che si muovono devono essere considerate potenziali nemici e quindi uccise.

Tutto è iniziato con il primo assalto israeliano contro l’ospedale al-Shifa il 15 novembre. Nei giorni precedenti l’incursione l’ospedale era stato messo sotto assedio mentre il personale sanitario e i medici venivano colpiti attraverso le finestre e nel cortile principale. Quando altri si precipitavano fuori nel tentativo di salvarli, anche loro venivano abbattuti, finchè nessuno ha più osato lasciare gli edifici. I feriti venivano lasciati morire dissanguati, per poi marcire ed essere mangiati dagli animali randagi. Quando l’esercito israeliano è entrato, ha ripulito l’ospedale dal personale, dai pazienti e dai rifugiati sfollati.

In seguito, hanno iniziato ad emergere notizie di atrocità e massacri su larga scala. Al termine delle incursioni nei vari ospedali innumerevoli testimonianze hanno riportato dettagliatamente esecuzioni sul posto. Da qui il ritrovamento, dopo la riduzione in macerie dell’ospedale Al Shifa, di fosse comuni scavate nel cortile di questo e altri ospedali con decine di cadaveri mutilati o persino ancora ammanettati e, o legati tra loro. Il 14 maggio il ministero della Salute palestinese ha annunciato che 500 operatori sanitari sono stati uccisi dall’inizio dell’aggressione israeliana contro la Striscia di Gaza.

Il ministero ha sottolineato che anche 138 infermieri sono stati uccisi durante gli attacchi, invitando la comunità internazionale a “proteggere il personale medico e le istituzioni sanitarie di Gaza”. Ma sappiamo molto bene quale è stato fino ad ora l’atteggiamento del mondo “civile e democraticamente avanzato” di fronte a questo inenarrabile scempio morale.

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