Sulla transizione energetica sarda, sulla “transizione sociale” e sul clima politico

23 Luglio 2024

[Ivan Monni]

Ringrazio Roberto Loddo e il manifesto sardo per la possibilità di raccontare una versione diversa, a mio modo di vedere più completa, rispetto a quella pubblicata nel suo articolo.

Per correttezza nei confronti del lettore, è giusto che fin dall’inizio dica che faccio parte del Comitato di difesa del territorio – No Tyrrhenian Link di Selargius (ma scrivo a titolo personale), che fa parte del coordinamento dei comitati contro la speculazione energetica. Il Comitato difende il territorio sardo da tutta la speculazione energetica, è favorevole alla transizione, che deve essere fatta a beneficio delle popolazioni e delle comunità locali. Dopotutto è finanziata con soldi pubblici del PNRR.

Il fotovoltaico e il minieolico sono, per questioni intrinseche, distribuibili. Rispetto alla petrolchimica, ad esempio, non è necessario un grosso impegno di capitali, che solo una grossa azienda, può permettersi. Può essere installato anche su piccola e piccolissima scala.

Non posso avere un impianto di produzione della benzina in casa, ma posso produrre la mia energia elettrica, la tecnologia delle rinnovabili lo consente.

Dunque, la tecnologia di queste rinnovabili consente una ridistribuzione tecnologica e, di conseguenza, una redistribuzione economica.

Questa transizione energetica nasce al contrario, perché avrebbe potuto essere un’occasione unica per operare una importante funzione redistributiva. Assistiamo, invece, ad una gigantesca redistribuzione al contrario. Multinazionali che prendono finanziamenti che dovranno essere ripagati dai cittadini, che perderanno economia agricola e turistica, che si ritroveranno le ferraglie arrugginite da smaltire tra qualche decennio. Non un solo beneficio andrà alle popolazioni.

Immagino che i lettori del manifesto sardo non siano indifferenti di fronte a queste argomentazioni. Non è accettabile che nella transizione energetica non entri la questione sociale, è un’occasione da cogliere al volo, dopo l’arretramento dei diritti sociali che va avanti da parecchio tempo.

Dunque, devono esserci prima degli obiettivi economici e redistributivi a vantaggio della società sarda, in un piano di politica economica. Solo successivamente va studiato un piano energetico fatto a misura dei sardi, ma non prima di essere stato inserito in un piano industriale: di Portovesme, azienda energivora, che si fa?  Della Sarlux? Del metano in arrivo?

Fatte queste dovute premesse, veniamo alla ricostruzione dei fatti sulla questione Quartu.

L’articolo di Roberto Loddo prende spunto dall’audio diffuso da Milia, per utilizzarlo nel dibattito in corso, arrivando a parlare di “squadrismo”, ma senza specificare chi sono i gruppi squadristi, oltre a citare il singolo audio. Questo articolo è carente di parecchie informazioni, che diano chiarezza degli attori in campo e della cronaca dei fatti con cui è stato diffuso l’audio.

L’audio è abominevole, le minacce sono inaccettabili, linguaggio e contenuti sono da condannare senza se e senza ma.

I comitati di Quartu e Selargius hanno immediatamente condannato l’audio e preso le distanze. La voce della ragazza è ignota dalle parti dei comitati citati.

Il punto è che Milia diffonde nel web l’audio con il nome “Audio Comitato No Tyrrhenian Link“, e lo fa nel bel mezzo di una querelle con i comitati stessi.

Ma facciamo un passo indietro.

La protesta dei comitati va avanti con questa intensità da almeno un anno e mezzo (ben prima di queste elezioni, a dispetto della narrazione vigente), la prima proposta di moratoria dei comitati era stata presentata alla regione ad agosto 2023.

Le manifestazioni e i sit-in vanno avanti dallo scorso 2023 e hanno avuto una crescita costante, riuscendo a porre la questione al centro dell’agenda politica.

I comitati del coordinamento hanno espresso ottime argomentazioni politiche e un alto livello di argomentazioni, si sono dotati di una carta dei valori condivisa (l’accettazione è necessaria per aderire al coordinamento) fino a fare delle vere e proprie proposte di legge, tra cui una seconda proposta di moratoria (ignorata), in mano alla Todde.

Il clima di tensione di queste ultime settimane si è surriscaldato parecchio, e la co2 c’entra poco.

Se finora abbiamo visto arrivare le carte e le richieste autorizzative, tuttalpiù visualizzate e riassunte da mappe, l’arrivo concreto delle mega pale nel porto di Oristano ha avuto un impatto emergenziale nell’opinione pubblica, che ha visto nascere il presidio del porto.

La sensazione di non essere ascoltati dalla politica, dopo l’annuncio iniziale che le installazioni sarebbero state fermate dalla moratoria, ha generato un sentimento di tradimento. A cui è seguito un lungo silenzio della politica.

A Selargius, l’esproprio forzato di un terreno, la violenta devastazione delle piante e l’espianto degli ulivi (immagino che siano stati re-impiantati, ma non abbiamo ricevuto risposta) ha visto nascere il presidio di Selargius, quale punto di resistenza democratico.

La risposta non violenta è stata quella di re-impiantare alberi (e ulivi) quale simbolo di vita e di rinascita.

Dato il contesto, lo stato sgombera il presidio di Oristano e, in una maniera incivile, sequestra gazebo e ripari quali unici rimedi alla calura estiva. In pieno luglio.

Come non definirlo, se non squadrismo di stato?

Dopo aver creato il quadro legislativo favorevole alle multinazionali, lo stato italiano usa le maniere forti e passa sopra alla protesta democratica.

Per dirla con le parole di una nota canzone, “chiedi diritti e ti danno polizia”.

In questo clima, il sindaco Milia diffonde nella mattinata di sabato 20 due vignette provocatorie, attribuendo ai “No T Link” con le magliette gialle il messaggio “Sì co2“. È falso, i comitati non sono contrari alla transizione, ma cercano di spostare l’attenzione sul “come” viene portata avanti, per le questioni esposte sopra.

I comitati, che avevano richiesto un consiglio comunale aperto, rispondono con un comunicato, e Milia, a quel punto, diffonde irresponsabilmente l’audio in questione, contribuendo ad incendiare un clima già abbastanza infuocato.

Milia aveva il dovere di seguire le vie ufficiali per le sue denunce, inserire questo audio nel dibattito è stato un colpo basso e un doppio errore: contribuisce ad incendiare il clima politico già di per sé infuocato, e lo fa accusando (il nome del file è eloquente) ingiustamente il Comitato, che si riserva di querelare il sindaco in assenza di rettifiche.

Questa è la ricostruzione dei fatti, così come è avvenuta. Le opinioni e la visione politica sulla transizione, ovviamente, sono personali.

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