La scuola è sotto attacco, viva la scuola!
16 Settembre 2024[Amedeo Spagnuolo]
Da qualche giorno è ricominciata la scuola e io, come faccio praticamente da quando sono nato, prima da alunno e poi da docente, ho varcato la soglia della scuola nella quale attualmente insegno.
Devo dire che l’entusiasmo c’è ancora ma, anno dopo anno, sento che esso si riduce sempre di più e non per colpa dei tanti ragazzi che anche quest’anno avrò la responsabilità di contribuire a “formare e educare”, piuttosto la rarefazione dell’entusiasmo è causata, principalmente, dagli adulti che hanno il privilegio di gestire il potere nel nostro paese e che da tanti anni, mattone dopo mattone, stanno smantellando quella che una volta con orgoglio si chiamava scuola pubblica, una scuola che a ragione veniva definita, con una felice metafora, un ascensore sociale capace di offrire una possibilità anche a quei bambini e a quei ragazzi che provenivano da famiglie svantaggiate con scarse risorse economiche e culturali, una possibilità che spesso si concretizzava nel fatto di avere in famiglie povere e disagiate un ingegnere, un avvocato, un medico, ma anche un tecnico specializzato, un operaio o un piccolo imprenditore.
Insomma la possibilità di tirarsi fuori, grazie agli strumenti forniti dal sistema scolastico pubblico, dalla palude della povertà e dell’emarginazione e, cosa forse più importante, contribuire alla formazione di cittadini democratici e consapevoli delle loro scelte.
Purtroppo devo ammettere con molta amarezza che tutto ciò, con il passare degli anni sta svanendo. La folle idea della scuola – azienda, partorita da destra e da una certa sinistra, sta trasformando questi meravigliosi luoghi di crescita, inclusione, cultura in aridi edifici burocratizzati simili a quelli descritti da Franz Kafka nelle sue opere, nei quali si aggirano docenti smarriti e alunni disorientati e senza passione, alunni sempre più manipolati dalla falsa realtà veicolata da smartphone sempre più performanti che risultano essere molto più accattivanti della difficile ma onesta realtà che noi docenti cerchiamo di raccontare loro con risultati purtroppo sempre più deludenti. Dopo oltre trent’anni di servizio mi reco a scuola ancora con fiducia ma col passare degli anni devo sforzarmi sempre di più per dare un senso alla mia presenza in classe.
Mi aiutano la maggior parte dei miei alunni, quelli che lo sono stati e quelli che lo sono ancora, mi danno la forza per continuare a credere che, nonostante tutto, la scuola continua a rappresentare forse l’unica speranza per la maggior parte dei nostri giovani assillati dall’ansia, dalla solitudine e, spesso, dalla disperazione che proliferano grazie a noi adulti o meglio a quella parte piccola e privilegiata di adulti che detiene il potere reale e lo utilizza in maniera sempre più cinica e autoreferenziale per incrementare la loro avidità accompagnata da un egoismo senza freni.
Non so fino a quando la scuola riuscirà a resistere all’attacco tecnocapitalista delle malmesse società occidentali, per quanto mi riguarda fino a quando mi consentiranno di entrare in classe farò di tutto per non arrendermi al tentativo di abbattere l’ultimo luogo in cui ancora si cerca di coltivare la bellezza e la speranza in un mondo meno incarognito.
Oltra alla denuncia e all’amarezza per ciò che sta accadendo nelle nostre scuole, mi sento però in dovere di provare a essere più “concreto” provando a elencare i nodi principali che stanno “demolendo” il concetto di scuola come servizio pubblico.
Partiamo dalla vergognosa e sistematica riduzione dei finanziamenti pubblici dedicati alla scuola. Sono ormai decenni che ciò accade e la cosa più grave è che ciò è accaduto anche quando al governo c’era chi ancora oggi ha la faccia tosta di collocarsi a sinistra. Lo capisce anche un bambino, i tagli al bilancio dell’istruzione portano inevitabilmente a una carenza di risorse per la scuola condizionando negativamente la qualità dell’istruzione offerta.
La qualità della scuola pubblica, mi piace chiamarla ancora in questo modo, varia a seconda delle aree geografiche del nostro paese, infatti, le scuole delle aree più povere soffrono di una cronica mancanza di risorse economiche, ciò aggrava le disuguaglianze sociali tra il nord e il sud Italia.
La diffusione eccessiva di valutazioni basate su test standardizzati ha portato a una pericolosa semplificazione del processo educativo. La conseguenza di ciò è la drastica riduzione dell’insegnamento critico, creativo e personalizzato a favore di un approccio meccanicistico devastante per la formazione di una coscienza critica nei nostri alunni e per aiutarli a costruire il loro progetto di vita.
La forte tendenza a privatizzare tutta una serie di servizi legati alla scuola come mense, trasporti, o servizi di supporto e l’affidamento di compiti educativi a enti privati svuota inevitabilmente il servizio pubblico dell’istruzione di quelle che sono le sue principali peculiarità.
Scandalosa poi è la svalutazione del ruolo degli insegnanti non solo economicamente ma anche da un punto di vista sociale, tutto ciò nasconde un preciso progetto politico che ha come obiettivo principale quello di tornare a una scuola “gentiliana” classista ed elitaria nella quale gl’insegnanti sono dei semplici esecutori della volontà del governo in carica.
Il disastro attuale che noi docenti viviamo nella scuola viene amplificato in maniera impressionante in Sardegna dove si continua ottusamente a chiudere scuole soprattutto nelle zone dell’interno contribuendo a favorire il preoccupante fenomeno dell’evasione scolastica, triste primato della nostra regione.
Prima di concludere questo intervento di un docente amareggiato ma deciso a continuare la sua “battaglia” tra i banchi di scuola, mi sento in dovere, per farmi e, spero, fare coraggio a chi opera nella scuola di citare le illuminanti parole di Gaetano Salvemini pronunciate l’11 febbraio 1950 a difesa della scuola pubblica:
“La scuola, come la vedo io, è un organo “costituzionale”. Ha la sua posizione, la sua importanza al centro di quel complesso di organi che formano la Costituzione. Come voi sapete (tutti voi avrete letto la nostra Costituzione), nella seconda parte della Costituzione, quella che si intitola “l’ordinamento dello Stato”, sono descritti quegli organi attraverso i quali si esprime la volontà del popolo. Quegli organi attraverso i quali la politica si trasforma in diritto, le vitali e sane lotte della politica si trasformano in leggi.
Ora, quando vi viene in mente di domandarvi quali sono gli organi costituzionali, a tutti voi verrà naturale la risposta: sono le Camere, la Camera dei deputati, il Senato, il presidente della Repubblica, la Magistratura: ma non vi verrà in mente di considerare fra questi organi anche la scuola, la quale invece è un organo vitale della democrazia come noi la concepiamo.
Se si dovesse fare un paragone tra l’organismo costituzionale e l’organismo umano, si dovrebbe dire che la scuola corrisponde a quegli organi che nell’organismo umano hanno la funzione di creare il sangue”.