WWF, quando la pratica del fare non rispecchia gli obiettivi dichiarati

3 Ottobre 2024

[Maurizio Maretti]

Obiettivi dichiarati del WWF: “costruire un mondo in cui l’uomo possa vivere in armonia con la natura.” e ancora “Lo sviluppo delle comunità locali e la collaborazione con loro sono parte centrale del nostro lavoro, dalla progettazione alla realizzazione di ogni progetto”.

In un documento congiunto del 20 Settembre 2024, Wwf, Legambiente, Kyoto Club dal titolo: ”Energia rinnovabile a rischio in Sardegna”, si sono schierati per una transizione Energetica senza se e senza ma, con quelle lobby e quelle multinazionali che, per interessi economici vogliono una transizione veloce, senza vincoli, ma soprattutto, giustificandola con l’argomento dell’emergenza, che di fatto è un espediente per raggirare le norme, i controlli, spesso anche la Costituzione e soprattutto senza il parere delle popolazioni dei territori interessati. Parere che deve essere condiviso con coloro che in quei territori vivono, con i loro valori culturali, con loro storia, con l’ambiente, e la natura, con un loro rapporto col paesaggio, un’entità complessa, composta da elementi fisici, materiali, immateriali e percettivi.

Nel documento scrivono quanto segue:

Perché la Regione Sardegna potrebbe davvero costituire un laboratorio dei paesaggi dell’energia, un esempio di coesistenza e armonia tra natura e produzione energetica rinnovabile, ma occorre un deciso cambio di passo e una nuova considerazione delle ragioni delle FER (Fonti di Energia Rinnovabile), che consentono di tutelare proprio la natura e il territorio con un irrisorio impatto sulla biodiversità rispetto alle fonti fossili.”

Belle parole, peccato non verificate dalla realtà di quello che sta succedendo ed è, almeno per chi vive in Sardegna, sotto gli occhi di tutti.

Voi dite: “… potrebbe davvero costituire un laboratorio dei paesaggi dell’energia, un esempio di coesistenza e armonia tra natura e produzione energetica rinnovabile”.

Bene, allora scaricate un qualsiasi progetto presentato al MASE che riguarda progetti di installazioni eolici o fotovoltaici, leggete il progetto, analizzatelo bene, come noi abbiamo fatto. Vi accorgerete che sono progetti in gran parte fotocopia, con gravi errori cartografici, dove si descrivono cose inesistenti, ma si tralasciano quelle presenti, come nuraghi, domus de jana, e pozzi sacri, tutte cose che per i sardi sono il loro passato, la loro storia, ma soprattutto sono progetti calati dall’alto senza alcuna consultazione della popolazione che in quei territori vi abita. Consultazione che, come prevede la normativa Europea, deve essere partecipata fin dalla progettazione e non deve essere “costruzione del consenso”  (Il regolamento UE n. 1303 del 2013).

Di seguito un esempio, un estratto di Valutazione di Impatto Ambientale per un progetto di parco eolico con 13 pale da 180 m di altezza, con potenza complessiva pari a 78 MW. Denominato “Intermontes” in territorio di Nuoro:

Oltre all’impatto generale per la messa in posa delle torri, che significa portare in situ enormi gru con bracci di 200 metri, è necessario costruire i basamenti per le torri, in cemento armato con diametro di 25 metri e profondità 3,5-4 m. per una superficie di ogni singolo basamento di 500 m2 con un volume totale di circa 22.000 m3 di cemento armato. Nel Piano di dismissioni riportato nei progetti è previsto che le piazzole di cemento armato, per gli enormi costi non verranno demolite, un totale di circa 6.500 m2di superficie occupata, con un impatto sul suolo e sulla vegetazione de durerà per secoli.

Saranno necessari circa 18 km di strade in situ, 8 km di nuove strade per i cantieri e altre 8 km per la modifica delle strade esistenti, con impatto grave sul paesaggio, sulla flora e la fauna presente e sul bestiame al pascolo.

Complessivamente in Sardegna sono oltre ottocentocinquanta progetti simili a questo presentati al MASE.

Solo nell’area di Nuoro città ne sono stati presentati cinque, per un totale di ben cinquanta enormi torri, strutture che avranno altezze dai 180 ai 250 metri, su un territorio fragile, con un suolo in generale di pochi centimetri di profondità, considerando inoltre che la Sardegna è tra le regioni d’Europa a maggior rischio di desertificazione, con l’aumento dei processi di degrado del suolo e della vegetazione a seguito delle variazioni climatiche. 

Se i progetti verranno attuati l’impatto generale per il territorio sarà devastante.

Torri eoliche, che quando si salirà all’Ortobene, il monte che sovrasta la città, saranno tutte in bella mostra, si potranno infatti vedere in una linea continua che, dalle colline Sud-ovest si svilupperà verso quelle di Nord-Est occupando praticamente quasi tutto l’orizzonte.

Oltre alle torri eoliche sono stati presentati altri progetti che riguardano l’agrivoltaico, con l’occupazione delle poche aree pianeggianti, sottraendole all’uso agropastorale.

Ma di cosa state parlando? Cosa volete intendere quando Parlate di “costituire un laboratorio dei paesaggi dell’energia, un esempio di coesistenza e armonia tra natura e produzione”? Credo che nessun sardo possa comprendervi, o per lo meno nessun sardo onesto. Un laboratorio? Un esempio di coesistenza e armonia tra natura e produzione? Intendete forse come per le zone industriali sarde ora abbandonate a se stesse e all’incuria del tempo, senza tentativi di bonifica perché in alcune aree è praticamente impossibile e per altre di costi astronomici! Come Ottana, qui vicino a Nuoro, dove si legge spesso sui giornali “troppi operai morti, Ottana la fabbrica dei Tumori”, o Porto Vesme, con la sua collina di fanghi rossi che si vede dallo spazio, oppure ancora Porto Torres, dove qualche anno fa, dei tecnici incaricati di fare analisi e valutazioni sullo stato della falda acquifera, aprendo diversi pozzi di controllo, hanno segnalato una situazione di un drammatico inquinamento dovuto a pericolosi e numerosi composti, che hanno interagito tra di loro creando un mix mortale, e questo per chilometri della falda fino dentro al mare. Il consiglio che poi hanno avuto dalla committenza è stato quello di chiudere i pozzi e lasciare tutto com’è.

La Nostra isola, come del resto tutto il Sud del Nostro paese è, da oltre cento cinquant’anni a questa parte, da un lato per lo scarso peso politico ed elettorale, dall’altro perché considerati dai Savoia per primi, appena arrivati in Sardegna, null’altro che una colonia da sfruttare come meglio conviene.         In alcuni periodi siamo stati un laboratorio di sperimentazioni, (vedi negli ultimi anni con il passaggio dalla telefonia fissa e mobile analogica a quella digitale, la stesura della prima rete di in fibra ottica, la sperimentazione delle trasmissioni televisive in digitale, ecc.), in altri per servitù varie a partire da quelle militari, per serbatoio di manodopera a basso costo per le imprese del nord Italia e dell’Europa, o per area di prelievo forzato di carne da macello per le guerre, l’ultima delle quali è stata combattuta nei Balcani, con la tragica conseguenza delle stragi post belliche da uranio impoverito, che parecchi morti hanno portato anche in Sardegna.

La Sardegna è un’isola troppo spesso dimenticata. Lo Stato la ricorda solo per agevolare gli investimenti di ditte inquinanti e dal corto respiro, un mordi, incassa e fuggi, lasciando le macerie e le scorie velenose a chi ci vive.

In Sardegna, e in tutto il sud servono investimenti produttivi veri, non inquinanti e devastanti, ma con una programmazione e una strategia di lungo periodo. Investimenti che considerino le Nostre specificità, la Nostra storia, il Nostro territorio che deve essere considerato come lo sono tutte le altre regioni del centro-nord d’Italia. Regioni che non sono state più fortunate delle altre, o meglio amministrate, come dice qualcuno che oggi parla di Autonomia Differenziata, hanno solo avuto, per una pletora di ragioni, semplicemente di più dallo Stato centrale, anche per il loro peso demografico e politico.

In Sardegna siamo un milione e mezzo di elettori, che peso potremmo avere sulla bilancia politica Italiana, se ci isoliamo dalle altre regioni che hanno i nostri stessi problemi. Soli in mezzo al mediterraneo? E ancor più se ci dividiamo tra di noi come spesso succede, e sta succedendo anche oggi nella risposta alla speculazione energetica che sta duramente colpendo la nostra isola?

La sola possibilità che abbiamo di vincere questa difficile battaglia, come bene è intervenuto Bachisio Bandinu, è di trovare l’unità di tutti i sardi, dei cittadini, delle associazioni, dei sindaci, di intellettuali e tecnici e della Regione Sarda, come dei Comitati, che si stanno battendo da mesi per far conoscere a tutti i cittadini i rischi che questa invasione di pale e agrivoltaico comporta. Un’invasione che si presenta come una chiara, profonda e insanabile devastazione del territorio dell’isola, senza nessuno o scarsissimi ritorni sulla nostra economia, perché saranno saldamente nelle mani di speculatori che gestiranno gli impianti, avuti praticamente in regalo dallo Stato con i fondi del PNRR.

No, cari amici del WWF, non è come dite! Noi non vogliamo essere un’isola di sperimentazione di una nuova servitù, quella dell’industria della produzione di energia da fonti rinnovabili. Noi vogliamo da oggi costruire il nostro futuro, tutti assieme e non divisi da interessi che non sono i nostri.

Forse questo è solo un sogno, ma un sogno che al risveglio da speranza nel futuro e la voglia di continuare questa lotta.

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