In Sardegna è stata approvata una buona legge regionale sulle aree idonee e non idonee per gli impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili. Ma c’è ancora molto da fare
6 Dicembre 2024[Stefano Deliperi]
Il Consiglio regionale ha approvato il 4 dicembre 2024 la legge regionale 4 dicembre 2024 (più allegati) Misure urgenti per l’individuazione di aree e superfici idonee e non idonee all’installazione e promozione di impianti a fonti di energia rinnovabile (FER) e per la semplificazione dei procedimenti autorizzativi. Sarà pubblicata sul B.U.R.A.S. nei prossimi giorni.
Dopo l’entrata in vigore del D.M. 21 giugno 2024 – emanato dopo accordo fra Stato, Regioni e Province autonome – piaccia o no, risultava senz’altro urgente (il termine per l’adozione delle conseguenti normative regionali scade agli inizi del 2025) procedere all’approvazione della normativa regionale sulle aree idonee e inidonee all’installazione degli impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili, come previsto fin dall’art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 e s.m.i.. In seguito sarà necessaria un’individuazione puntuale delle aree non idonee sul piano normativo e sul piano cartografico, con ampio materiale in formato digitale già presente su https://www.sardegnageoportale.it/.
Il GrIG, a un primo e necessariamente rapido esame visti i tempi ristretti, apprezza l’impianto della legge regionale approvata, in particolare il ricorso alle competenze statutarie primarie in materia urbanistico-territoriale (art. 3, comma 1°, lettera f, della legge cost. n. 3/1948 e s.m.i.) e costituzionali concorrenti (art. 117, comma 3°, cost.), che consentono al Legislatore regionale sardo ampia discrezionalità nell’individuazione delle aree non idonee rapportate alle caratteristiche ambientali e storico-culturali isolane.
Si ricorda che fin dall’entrata in vigore del piano paesaggistico regionale (P.P.R. – 1° stralcio costiero, esecutivo con D.P.RAS n. 82 del 7 settembre 2006), “negli ambiti di paesaggio costieri … è comunque vietata la realizzazione di centrali eoliche e di trasporto di energia di superficie” (art. 112 N.T.A.).
Molto importante anche l’applicazione al territorio regionale e alle acque territoriali per quanto concerne gli impianti offshore, nonché l’applicazione alle procedure autorizzative in corso, mentre si esprime perplessità sull’applicazione anche agli impianti muniti di autorizzazione definitiva, visti i molto probabili contenziosi.
Riguardo l’obiettivo dei nuovi 6,264 GW di potenza da installare entro il 2030, si ritiene opportuno prevedere una considerazione anno per anno, in ragione dell’energia effettivamente trasferibile verso la Penisola mediante i collegamenti esistenti (SAPEI e SACOI) e quelli in via di realizzazione (Thyrrenian Link). Come affermato in mille occasioni in tutte le sedi, non avrebbe alcun senso nè risponderebbe a interessi pubblici l’autorizzazione e la realizzazione di nuovi impianti produttivi di energia che non potrebbe esser consumata, conservata, trasferita.
Si condivide l’impianto dell’art. 2 del disegno di legge regionale, comportante l’incentivazione – sostenuta da cospicui fondi pubblici (circa 678 milioni di euro nel periodo 2025-2030) – della realizzazione di impianti fotovoltaici di piccola e media dimensione e di calibrati sistemi di accumulo su edifici, parcheggi, piazzali, aree già degradate, aree industriali, con esclusione di centri ed edifici storici.
D’altro canto, si manifestano forti perplessità sul contenuto dell’art. 3 della legge regionale, finalizzato ad agevolare “il raggiungimento degli obiettivi di transizione energetica, di promozione delle fonti rinnovabili e di contenimento dei costi energetici nel rispetto delle peculiarità storico-culturali, paesaggistico-ambientali e delle produzioni agricole”: in base al quale “i comuni hanno facoltà di proporre un’istanza propedeutica alla realizzazione di un impianto o di un accumulo FER all’interno di un’area individuata come non idonea” alla Giunta regionale, previa deliberazione consiliare a maggioranza qualificata e conforme esito di “una consultazione popolare nel rispetto degli istituti partecipativi previsti nei rispettivi statuti comunali”, comportanti anche la modifica di piano paesaggistico regionale (P.P.R.) e degli altri strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica.
Si tratterebbe, comunque, di un potenziale grimaldello per consentire potenzialmente deroghe su deroghe discrezionali in favore dello speculatore energetico di turno.
Il GrIG prende atto con forte soddisfazione delle previsioni (art. 3, commi 5° – 8°), inerenti gli obblighi di fideiussione (art. 1936 cod. civ.) in capo ai soggetti realizzatori degli impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili, oggetto di segnalazione proprio da parte dell’Associazione, per evitare i disastri ambientali e finanziari facilmente ipotizzabili derivanti dalla fuga delle imprese tenute alle costose e doverose operazioni di ripristino ambientale al termine del ciclo di vita degli impianti.
Il caso dell’inquinante miniera abbandonata di Furtei dovrebbe sempre esser tenuto presente.
Riguardo la puntuale previsione delle aree non idonee riferite alle singole tipologie di impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili (eolici, fotovoltaici, da biomasse, geotermici), si manifesta una sostanziale condivisione della previsione di una fascia di rispetto di almeno tre chilometri, come già previsto dalla normativa di salvaguardia attualmente vigente, da alberi monumentali, formazioni arboree di pregio, beni culturali, beni di rilevante interesse non ancora compresi nel P.P.R.
Abrogata (art. 4), quindi, la moratoria temporanea di cui alla legge regionale Sardegna 3 luglio 2024, n. 5, tanto opinabile quanto impugnata dal Governo davanti alla Corte costituzionale.
E’ stata, poi, abrogata anche la disposizione che permetteva la destinazione di aree a uso civico all’ubicazione di impianti energetici da fonti rinnovabili, previa deliberazione consiliare a maggioranza qualificata del Comuni (art. 17 bis della legge regionale Sardegna n. 12/1994 e s.m.i.).
Formalmente, più volte, anche In sede di audizione (25 settembre 2024) da parte delle due Commissioni consiliari permanenti il GrIG aveva effettuato richieste in tal senso.
Una legge regionale – la prima in materia a livello nazionale – che denota un complessivo buon impianto, con la necessità di importanti miglioramenti perché sia fermata la speculazione energetica incombente sulla Sardegna e sul resto d’Italia, sia realizzata una transizione energetica realmente utile e altrettanto realmente rispettosa dei valori ambientali, naturalistici, paesaggistici, storico-culturali e identitari della Sardegna.
Ricordiamoci che la guerra – sacrosanta e doverosa per chiunque abbia un po’ di buon senso – è contro la speculazione energetica arrembante nel povero Bel Paese.
La Soprintendenza speciale per il PNRR, dopo approfondite valutazioni, ha evidenziato in modo chiaro e netto: “nella regione Sardegna è in atto una complessiva azione per la realizzazione di nuovi impianti da fonte rinnovabile (fotovoltaica/agrivoltaica, eolico onshore ed offshore) tale da superare già oggi di ben 7 volte quanto previsto come obiettivo da raggiungersi al 2030 sulla base del FF55, tanto da prefigurarsi la sostanziale sostituzione del patrimonio culturale e del paesaggio con impianti di taglia industriale per la produzione di energia elettrica oltre il fabbisogno regionale previsto” (nota Sopr. PNRR prot. n. 27154 del 20 novembre 2023 e nota Sopr. PNRR prot. n. 51551 del 18 marzo 2024).
Ma questo vale per tutto il territorio nazionale: “tale prospettiva si potrebbe attuare anche a livello nazionale, ove le richieste di connessione alla RTN per nuovi impianti da fonte rinnovabile ha raggiunto il complessivo valore di circa 328 GW rispetto all’obiettivo FF55 al 2030 di 70 GW” (nota Sopr. PNRR prot. n. 51551 del 18 marzo 2024).
Il fenomeno della speculazione energetica, oltre che in Sardegna, è pesantemente presente in modo particolare nella Tuscia, in Puglia, nella Maremma, in Sicilia, sui crinali appenninici.
In tutto il territorio nazionale le istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna s.p.a. (gestore della rete elettrica nazionale) al 30 giugno 2024 risultano complessivamente ben 5.930, pari a 341,33 GW di potenza, suddivisi in 3.805 richieste di impianti di produzione energetica da fonte solare per 150,29 GW (44,03%), 1.992 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a terra per 106,74 GW (31,27%) e 133 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a mare 84,30 GW (24,70%).
In Sardegna, le istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna s.p.a. (gestore della rete elettrica nazionale) al 30 giugno 2024 risultano complessivamente ben 824, pari a 54,39 GW di potenza, suddivisi in 547 richieste di impianti di produzione energetica da fonte solare per 23,82 GW (43,81%), 248 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a terra per 16,72 GW (30,73%) e 29 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a mare 13,85 GW (30,90%).
54,39 GW significa quasi 30 volte gli impianti oggi esistenti in Sardegna, aventi una potenza complessiva di 1,93 GW (i 1.926 MW esistenti, di cui 1.054 MW di energia eolica a terra + 872 di energia solare fotovoltaica, dati Terna, 2021).
Questo è il frutto di un’assenza completa di qualsiasi decente pianificazione, il Far West che tanto piace agli speculatori energetici e ai fiancheggiatori dell’ambientalmente corretto.
Un’overdose di energia che non potrebbe esser consumata sull’Isola (che già oggi ha circa il 38% di energia prodotta in più rispetto al proprio fabbisogno), non potrebbe esser trasportata verso la Penisola (quando entrerà in funzione il Thyrrenian Link la potenza complessiva dei tre cavidotti sarà di circa 2 mila MW), non potrebbe esser conservata (a oggi gli impianti di conservazione approvati sono molto pochi e di potenza estremamente contenuta).
Significa energia che dovrà esser pagata dal Gestore unico della Rete (cioè soldi che usciranno dalle tasse dei contribuenti).
Gli unici che guadagneranno in ogni caso saranno le società energetiche, che – oltre ai certificati verdi e alla relativa commerciabilità, nonchè agli altri incentivi – beneficiano degli effetti economici diretti e indiretti del dispacciamento, il processo strategico fondamentale svolto da Terna s.p.a. per mantenere in equilibrio costante la quantità di energia prodotta e quella consumata in Italia: In particolare, riguardo gli impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili, “se necessario, Terna invia specifici ordini per ridurre o aumentare l’energia immessa in rete alle unità di produzione”, ma l’energia viene pagata pur non utilizzata.
I costi del dispacciamento sono scaricati sulle bollette degli Italiani.
Inoltre, la Commissione europea – su richiesta del Governo Italiano – ha recentemente approvato (4 giugno 2024) un regime di aiuti di Stato “volto a sostenere la produzione di un totale di 4 590 MW di nuova capacità di energia elettrica a partire da fonti rinnovabili”. In particolare, “il regime sosterrà la costruzione di nuove centrali utilizzando tecnologie innovative e non ancora mature, quali l’energia geotermica, l’energia eolica offshore (galleggiante o fissa), l’energia solare termodinamica, l’energia solare galleggiante, le maree, il moto ondoso e altre energie marine oltre al biogas e alla biomassa. Si prevede che le centrali immetteranno nel sistema elettrico italiano un totale di 4 590 MW di capacità di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. A seconda della tecnologia, il termine per l’entrata in funzione delle centrali varia da 31 a 60 mesi”.
Il costo del regime di aiuti in favore delle imprese energetiche sarà pari a 35,3 miliardi di euro e, tanto per cambiare, sarà finanziato “mediante un prelievo dalle bollette elettriche dei consumatori finali”.
Insomma, siamo all’overdose di energia producibile da impianti che servono soltanto agli speculatori energetici.
Fra le aree idonee devono esser individuate le zone industriali e quelle già degradate, mentre dev’essere privilegiata e incentivata la soluzione relativa al posizionamento di pannelli fotovoltaici sui tetti di edifici pubblici, capannoni, aziende, edifici privati, ecc. Si rammenta che lo studio ENEA pubblicato sulla Rivista Energies (N. Calabrese, D. Palladino, Energy Planning of Renewable Energy Sources in an Italian Context: Energy Forecasting Analysis of Photovoltaic Systems in the Residential Sector, 27 marzo 2023) afferma che per sopperire ai fabbisogni energetici dell’intero patrimonio residenziale italiano basterebbe realizzare pannelli fotovoltaici sul 30% dei tetti a uso abitativo.
Inoltre, afferma e certifica l’I.S.P.R.A. (vds. Report Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici. Edizione 2023, Report n. 37/202), è molto ampia la superficie potenzialmente disponibile per installare impianti fotovoltaici sui tetti, considerando una serie di fattori che possono incidere sulla effettiva disponibilità di spazio (presenza di comignoli e impianti di condizionamento, ombreggiamento da elementi costruttivi o edifici vicini, distanza necessaria tra i pannelli, esclusione dei centri storici).
Dai risultati emerge che la superficie netta disponibile può variare da 757 a 989 km quadrati. In sostanza, si spiega, “ipotizzando tetti piani e la necessità di disporre di 10,3 m2 per ogni kW installato, si stima una potenza installabile sui fabbricati esistenti variabile dai 73 ai 96 GW”. A questa potenza, evidenziano i ricercatori dell’Ispra, si potrebbe aggiungere quella installabile in aree di parcheggio, in corrispondenza di alcune infrastrutture, in aree dismesse o in altre aree impermeabilizzate; “ipotizzando che sul 4% dei tetti sia già installato un impianto, si può concludere che, sfruttando gli edifici disponibili, ci sarebbe posto per una potenza fotovoltaica compresa fra 70 e 92 GW”.
Ribadiamo ancora una volta la nostra proposta: dopo aver quantificato il quantitativo di energia elettrica realmente necessario a livello nazionale, sarebbe cosa ben diversa se fosse lo Stato a pianificare in base ai reali fabbisogni energetici le aree a mare e a terra dove installare gli impianti eolici e fotovoltaici e, dopo coinvolgimento di Regioni ed Enti locali e svolgimento delle procedure di valutazione ambientale strategica (V.A.S.), mettesse a bando di gara i siti al migliore offerente per realizzazione, gestione e rimozione al termine del ciclo vitale degli impianti di produzione energetica.
In realtà, la prima cosa necessaria, a breve termine, sarebbe una moratoria nazionale (non regionale, già dichiarata costituzionalmente illegittima con sentenza Corte cost. n. 27/2023), una sospensione di qualsiasi autorizzazione per nuovi impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili.
Il Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) ha recentemente promosso in proposito la petizione popolare Si all’energia rinnovabile, no alla speculazione energetica!, che ha ormai superato abbondantemente le 20 mila adesioni.
C’è quindi ancora molto da fare.
Stefano Deliperi è il portavoce del Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)