I primi cinquant’anni del muralismo orgolese

23 Aprile 2025

[Banne Sio]

Oggi è una data fondamentale per la storia italiana, ma è anche un giorno importante per il muralismo orgolese, che il 25 aprile del 1975 muoveva i suoi primi passi grazie a Francesco Del Casino, senese, professore di educazione artistica nelle scuole medie, giunto nel paese barbaricino, per sua scelta, quale vincitore di cattedra, a seguito della suggestione avuta nel vedere il film “Banditi a Orgosolo” di Vittorio De Seta.

E’ lo stesso Del Casino che in un’intervista racconta com’è cominciata questa straordinaria avventura: “I primi murali nacquero per caso il 25 aprile del 1975, quando, dopo aver incollato sui muri della via principale del paese più di cento manifesti, realizzati a scuola in una delle rare attività pluridisciplinari, ci accorgemmo che il paese era cambiato, era diventato un’esplosione di colori e di immagini e questo ci portò a pensare di ingrandire alcuni di questi manifesti sui muri delle case. Tutto questo era favorito dal momento politico–culturale in cui si viveva”.

Per tutti i ragazzi della mia generazione, e non solo, il muralismo è stato educazione civica, apprendimento della storia, anche della nostra storia, spesso oscurata dai testi scolastici. Tramite il muralismo si è avuta l’opportunità di conoscere altri mondi, di stimolare confronto e apertura. Inoltre, il muralismo è stato anche educazione all’arte e al bello, in un paese alquanto “brutto” dal punto di vista architettonico, e, per questo motivo, al fine di rendere più gradevole il contesto urbanistico, nel primo periodo venivano “presi di mira” vecchi e fatiscenti muri.
Nel rammarico di non aver avuto Del Casino quale insegnante, si può senz’altro riconoscere come egli abbia educato generazioni di studenti non solo all’arte ma, attraverso i murales, alla lettura della storia, all’interpretazione degli avvenimenti storici, allo spirito critico.

La pittura murale come strumento di controinformazione e portavoce di una comunità

Il muralismo orgolese, almeno nella prima fase, non aveva fini estetici e intenti artistici, ma è stato essenzialmente un fenomeno politico, sociale e culturale. Infatti, le sue origini sono da ricercare nelle forme di protesta in opposizione alla repressione dello Stato e di resistenza popolare contro la rimozione di diritti comunitari e, dunque, nella ribellione politica e morale più che in una cultura artistica.

I murales divennero così strumento di rivendicazione, di affermazione identitaria e territoriale. Si può asserire pertanto, che il muralismo orgolese è un mezzo al quale gli abitanti affidano la loro parola. In definitiva, una forma di comunicazione, un’arte cosiddetta partecipativa, come più avanti specificato.

La pittura murale, inoltre, come informazione in risposta al silenzio mediatico, ma anche controinformazione come punto di vista alternativo su alcuni avvenimenti che vengono sottaciuti o interpretati male. Cadorna, descritto dalla storiografia ufficiale come eroe della prima guerra mondiale, viene dipinto quale responsabile di un elevato numero di persone ammazzate. Una diversa prospettiva di vedere la storia. Oppure, in un periodo di forte revisionismo storico, il murale dipinto dalle “Api”, in occasione del 50° anniversario della Liberazione, ricorda che “La marcia continua”.

Certo, in tutto questo processo, la presenza di Francesco Del Casino è stata determinante, ma, al contempo, il suo muralismo ha trovato un fertile humus politico e sociale, linfa vitale nel fermento culturale presente ad Orgosolo in quel periodo storico.

Il muralismo come arte partecipativa

Il muralismo orgolese, come su accennato, è stato caratterizzato dalla partecipazione popolare. La popolazione interveniva attraverso idee e, anche se il murale veniva materialmente realizzato da pochi, diventava opera collettiva. E’ lo stesso Del Casino che sottolinea questa esperienza: “Alla realizzazione del murale partecipavano in prima persona una miriade di ragazzi, di cui io ero l’insegnante di educazione artistica, e anche persone che, pur non toccando i pennelli, partecipavano attraverso la critica, la proposta di temi politici, di testi poetici, ecc.”.

Si creava in tal senso una forma di sinergia quando, alla componente iconica dei murales, si accompagnava spesso un testo, grazie al contributo di una parte della popolazione. E’ sempre Del Casino che lo evidenzia: “I murales erano completati da parti scritte, sia in italiano che in sardo, in prosa come, più spesso, in poesia. A volte qualche testo poetico veniva composto sul momento dai vari poeti in limba che c’erano in paese e partecipavano alla creazione del murale. In questo senso, i murali di Orgosolo possono essere definiti anche come opere collettive senza un regista unico”. 
Le scritte che a volte accompagnano le immagini, spesso in lingua sarda, non sono frutto di una scelta legata alla volontà di affermare un’identità culturale. Piuttosto da ricondurre ad una prassi assolutamente naturale che ci indurrebbe ad affermare che i murales, punto di attrazione oggi di tanti sguardi stranieri, fossero inizialmente destinati esclusivamente agli abitanti del paese.
Non si realizzavano i murales per un pubblico, il pubblico era la popolazione degli orgolesi: “mai avrei pensato che, dopo anni tanti, i turisti si sarebbero recati a Orgosolo per vedere i murales”, dichiara ancora Del Casino.

Difficile essere esaustivi in merito alle tematiche ricorrenti nei murales presenti nel paese barbaricino. Il primo periodo si caratterizza per dipinti fortemente legati alla storia locale, che, a dire la verità, sono presenti ancora oggi. Basti pensare alle opere realizzate da Pino Muggianu, il quale, con una rivisitazione molto interessante, ha fatto rivivere la storia e la consuetudine de “sa cabra mannalita”. Tuttavia, ben presto, i temi rappresentati sono andati oltre gli eventi locali.

Temi prevalenti diventano, quindi, le istanze dei disoccupati, i problemi legati alla pastorizia, la protesta contro le servitù militari, la richiesta da parte degli studenti di una effettiva applicazione ed estensione del diritto allo studio per tutti, le lotte a favore dell’emancipazione femminile, contro la politica centralistica del governo italiano, la critica della società capitalista. Ma è soprattutto l’attenzione agli eventi internazionali, ed in particolar modo la sensibilità terzo-mondista, a caratterizzare fortemente il muralismo del paese supramontino: la guerra in Spagna, il golpe cileno, la repressione in Piazza Tienanmen, la situazione palestinese, e tanti altri.

Alcuni slogan quali “Triste la vittima che diventa carnefice”, scritto in occasione della prima Intifada, o “Due popoli due stati” che diventa “Due popoli una strage” sono drammaticamente attuali. Così come attuale è Chaplin che dichiara: “Un’altra guerra? No, grazie”!

Il carattere internazionale è fortemente presente anche nel richiamo alle principali icone del mondo contemporaneo da Gramsci a Lussu, da Che Guevara a Frida Kalho, da Marx a Engels, da Brecht a Neruda, da Ghandi a Papa Giovanni XXIII, da Peppino Mereu a Fabrizio de André e a Pepe Mujica, solo per citarne alcuni.

Rimane, inoltre, indelebile sulle pareti delle case la memoria e la gratitudine per alcuni abitanti locali, contraddistintisi per l’apporto professionale, sociale e culturale presso la comunità, spesso operando nell’assoluta discrezione e riservatezza.

Museificazione o tutela della memoria?

La maggior parte dei murales orgolesi sono stati realizzati nei primi 15-20 anni. Poi è venuta meno la spinta propulsiva, incidendo principalmente su questa la partenza di Del Casino, ma anche il progressivo calo della tensione politica.
Come già sottolineato, mentre nel primo periodo la parte artistica veniva messa in secondo piano, col passare degli anni l’attenzione e la cura dell’estetica è stata sempre maggiore potendosi evidenziare come i murales si siano ben inseriti nel contesto architettonico urbano, oltreché toponomastico. In altre parole, i murales sono stati, e sono, in perfetta relazione e armonia con l’ambiente, integrati in maniera quasi naturale con il paese. Questo particolare riguardo ha interessato non soltanto la parte iconografica, ma anche quella testuale. Basti pensare alle “dotte” citazioni e ai riferimenti letterari presenti in numerosi murales.

Partendo dal presupposto che il muralismo orgolese ancora ogginon è una forma d’arte che insegue solo il bello, ma di arte che unisce estetica e contenuto, sulla funzione del murale esistono due correnti di pensiero.

La prima sostiene che il murale nasce per comunicare immediatamente qualcosa, per veicolare un messaggio senza porsi il problema della durata nel tempo e della sua bellezza estetica. Cioè, la funzione del murale si esaurirebbe nel preciso momento in cui viene realizzato. La forza espressiva e comunicativa, il ruolo performativo del dipinto ha la sua efficacia solo nel momento in cui viene rivelato e porta in sé la sua stessa obsolescenza.

I propulsori di questa tesi sostengono che con il passare del tempo c’è il rischio che, da strumento di protesta e di comunicazione, i murales diventino una pratica commemorativa del passato attivismo, oppure, ancora peggio, una forma di produzione turistica. Alcuni murales, pertanto, rischiano di assumere la funzione di un memoriale, di museificazione interpretata come un’autocelebrazione locale.

Altri, invece, affermano che, in un’epoca in cui ci si lamenta della perdita di memoria storica in una società usa e getta, è giusto valorizzare e proteggere questo patrimonio culturale che non esaurisce la sua funzione e la sua forza comunicativa se veicola valori ancora attuali. Se quei murales continuano ad agire e a comunicare con i passanti, essi non hanno perso la loro funzione. A parere di chi sostiene quest’ultima tesi la perdita di un murale interrompe la trasmissione di una memoria e, dunque, la cancellazione di una parte della nostra storia.

Quale sia la valenza di una tesi o dell’altra, resta il fatto che da molti anni a questa parte i murales sono diventati un importante elemento di attrazione turistica, generatrice di importante fonte economica del paese.

Che funzione svolge oggi il muralismo? Cosa rappresentano i murales ad Orgosolo? Essi sono ancora un’arte popolare, uno strumento vivo, in movimento con la società, oppure sono una pratica commemorativa o ancora un’espressione artistica? Oggi si realizzano pensando anche al fatto che verranno i turisti ad ammirarli? Stiamo preservando i murales, ma il muralismo esiste ancora? Vogliamo un paese museo, oppure un paese laboratorio?

Indipendentemente da come ognuno la pensi, ancora oggi, dopo 50 anni i circa trecento murales rappresentano un patrimonio storico e culturale importante per la comunità orgolese, come importanti sono i muralisti, cioè quelle persone che perpetuano e mantengono viva questa arte.

La maggior parte dei murales sono stati realizzati da Francesco Del Casino, per il quale non ci sono parole per esprimere la gratitudine mia e di tutti gli orgolesi, ma è doveroso un grande ringraziamento anche agli altri artisti orgolesi come Pasquale Buesca, Vincenzo Floris, Gianfranco Fistrale e il gruppo delle “Api”, Teresa Podda, Lina Sanna, Benedetto Rubanu, Lino Cioffi, Massimo Cantoni, Pino Muggianu, Carola Monni, Maria Luisa Monni, oltrechè qualche sporadico muralista non orgolese, che con il loro estro, la loro fantasia, il loro genio e la loro arte hanno fatto di Orgosolo un paese a colori.

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