La nuova DC

1 Giugno 2010

piasentà

Valeria Piasentà

A Castelletto Ticino, in provincia di Novara, e nella varesina Sesto Calende hanno fatto una gran festa «per unire due Stati». Col gioco popolare del tiro alla fune, hanno messo in scena la fratellanza competitiva fra due regioni padane divise dal fiume, e fra due anime leghiste egemoni sui territori, quella Lega Lombarda nata ad est del Ticino e la Lega Piemont. La Lega ora di governo non ha rinunciato alla sua primigenia cifra comunicativa che ne caratterizza la propaganda, a parlare all’immaginario del suo popolo con un linguaggio elementare che saltando i filtri della ratio e del logos arriva direttamente alla pancia dell’uomo pre-cuturale, col mezzo ancestrale della metafora immaginativa, col linguaggio dei simboli e del corpo, con la ripetizione corale del gesto che crea consuetudine e adesione del pensiero. Perché la partecipazione comunitaria al rito periodico profano è funzionale alla coesione del gruppo e indispensabile per la creazione del consenso. Perché anche con un bagno di folla “si sta sul territorio”. Si sono dati appuntamento domenica 16 maggio a “Lega la festa” con una fune d’acciaio da 400 metri e 19 quintali tesa sulle acque, la sponda piemontese rappresentata da Cota, Borghezio, Franzinelli, Giordano e Pastore; quella lombarda da Bossi e il delfino alla successione ‘Trota’, Speroni, Galli e Giorgetti. Sono arrivate le miss Padania e i gazebo con cibi locali e bevande celtiche, due trattori e un traghetto più barche private, palloni verdi col logo del partito, autoparlanti per rimbalzare i comizi su federalismo e moschee da una sponda all’altra. La navigazione del fiume è stata sospesa e nella gara muscolare ha prevalso il Piemonte. Col rito hanno festeggiato la vittoria alle regionali dopo una lunghissima campagna elettorale -ma la Lega è sempre in campagna elettorale, spesso confusa con “l’essere sul territorio” -scandita dal tema del federalismo, dai nuovi slogan sulle radici cristiane e la difesa del crocifisso con una raccolta referendaria di firme nei gazebo eretti in ogni piazza di ogni paese. Anche se per onestà intellettuale dovrebbero spiegare che neppure loro hanno vinto: in Piemonte i voti assoluti alla Lega sono passati da 376.936 nel 2009 su 3.604.323 aventi diritto, a 317.065 nel 2010 su 3.643.229 aventi diritto. Meno di 1/11 degli elettori, questa è l’entità del popolo leghista che appena chiusi gli spogli secondo Cota gli “chiede” di occupare i CdA delle banche, gli fa censurare con Zaia la distribuzione della Ru486, sostiene la privatizzazione dell’acqua e la costruzione di centrali nucleari, toglie il patrocinio al Gay Pride, che unitamente a Zaia (gli unici due presidenti di regione favorevoli) gli fa plaudere ora alla manovra finanziaria. La Lega arrivata a Roma è diventata maggiorenne, ha abbandonato le manifestazioni sovversive della sua adolescenza politica e la religiosità pagana anche di quel matrimonio celtico col quale sono stati sposati da un druido i divorziati e pluridivorziati Bossi, Calderoli, Castelli ed altri, per abbracciare non il cattolicesimo evangelico ma il cristianesimo più ortodosso dei crociati, della Chiesa Cattolica Romana e del cardinal Lefebvre. Così ora -mantenendo un doppio canale comunicativo opposto nelle forme e nei contenuti: verso la sua gente e negli ambiti dei poteri forti -la Lega minaccia a mezzo stampa una ‘rivoluzione’ se si abolisce la provincia di Bergamo mentre non si fa alcuno scrupolo nel distruggere l’apparato dello Stato con la complicità non della Chiesa sui territori che continua a insultare, come il vescovo milanese Tettamanzi definito dal ministro Calderoli «un prete mafioso», ma dello Stato extracomunitario del Vaticano retto da una monarchia assoluta oggi come a fine ‘800 infastidita dall’Unità d’Italia e dal sistema democratico, gettando in miseria 3,5mil di dipendenti pubblici già con stipendi da fame come i poliziotti e gli insegnanti e che notoriamente non votano Lega. E questa sarebbe la nuova DC, che supera la vecchia in conformismo dogmatico nella promessa di Zaia: «Se vinco le regionali inserirò le radici cristiane nello Statuto»; e che fa considerare a monsignor Fischella, presidente della Pontificia Accademia per la vita, «mi pare che (la Lega) manifesti una piena condivisione con il pensiero della Chiesa». Ma dove sono finiti la pietas cattolica? e Cristo? di lui rimane un simulacro ridotto a merce propagandistica: due assi incrociate per la cui esposizione la Lega -nella figura di Calderoli -e il ‘comitato d’affari’ governativo che sta razziando il Paese pro domo sua (letteralmente) ha fatto ricorso alla UE sostenendo di interpretare le priorità della pubblica opinione. Anche questo rientra nel patto Lega-Vaticano? Infatti, a ridosso delle elezioni una delegazione della Lega, composta da Bossi col figlio ‘Trota’, Bricolo, Mauro e Cota è stata accolta dal Segretario dello Stato Vaticano cardinal Bertone. Non sono trapelate indiscrezioni, ma secondo La Padania si sarebbe parlato di legge sul biotestamento e di Ru486. Il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky (Contro l’etica della verità, Laterza) scrive: «Che cosa ci dicono gli incontri, quelli che vediamo e i tanti altri che non vediamo, tra uomini di Stato e di Chiesa, tra melliflui sorrisi e reciproci salamelecchi, in cui la religione si compromette con la politica e la politica con la religione; quegli incontri da cui scaturiscono attese di appoggio alle aspirazioni degli uni e degli altri che si traducono in indicazioni elettorali e privilegi legali? Si tratta davvero solo di illuminare cristianamente la società o non piuttosto di inquinare clericalmente la politica? Anche sul versante statale, dunque, quell'”aver presente i principi costituzionali” che apre il preambolo del Concordato pare assai svuotato. Ma questo svuotamento cospira con quello dei principi conciliari che riguardano la Chiesa. Vanno nella stessa direzione, non si creano frizioni. Ognuno ci trova un proprio misero vantaggio.»

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