IRS, il successo del giorno

16 Giugno 2010

floris

Antioco Floris

(Antioco Floris ci invia un contributo sull’esito elettorale sottolineando l’importanza del successo dell’Irs. E’ un tema stimolante sul quale riteniamo sia utile soffermarsi, ciò che faremo a partire dal prossimo numero del manifesto sardo)

Le recenti elezioni provinciali hanno dato almeno due informazioni interessanti di segno non troppo diverso. La prima è che la maggior parte dei sardi non ha più voglia di fingere interesse per un sistema politico che non la rappresenta e ha deciso di lasciarlo andare per la sua strada. Le bassissime percentuali dei votanti al primo e secondo turno sono in tal senso particolarmente eloquenti e sanciscono di fatto la scarsa rappresentatività degli eletti. È come se amaramente si prende atto di non poter incidere sul sistema e quindi ci si allontana e ci si dedica ad altro. Gli esiti dello scollamento fra organismi di governo (di maggioranza e minoranza) e società possono essere infausti se la rassegnazione impedisce di trovare delle forme di partecipazione alla vita politica nuove e alternative rispetto a quelle proposte dai principali partiti.
Il secondo aspetto, strettamente connesso al primo, è il successo (piccolo, ma dalle prospettive grandi) di una forza politica marginale qual è l’IRS. Nell’osservare i dati elettorali colpisce notare che il piccolo movimento indipendentista nato una decina d’anni fa ha avuto una crescita consistente arrivando in alcune realtà a raccogliere quasi il 6% dei voti e di conseguenza a far eleggere suoi rappresentanti in almeno tre province (a cui bisogna aggiungere diverse amministrazioni comunali).
Il successo di IRS è sicuramente una delle risposte all’inadeguatezza dei partiti nazionali nel rappresentare il territorio, al carattere autoreferenziale delle loro strutture e dei loro candidati, all’incapacità di farsi portavoce dei bisogni reali della società. Infatti, al di là dell’enunciazione fondamentale delle istanze indipendentiste (non fanatiche a dire il vero), la strategia politica del movimento si caratterizza prima di tutto per una presenza nel territorio a svolgere battaglie dal forte valore simbolico secondo modalità che derivano dalla tradizione dei partiti della sinistra storica e che questi hanno negli anni via via abbandonato a vantaggio di logiche domestiche. Anche l’indipendentismo, peraltro, sottolinea e rafforza un maggiore rapporto con il territorio in contrapposizione alle logiche di centralizzazione tipiche dei grandi partiti nazionali. Ma l’IRS ha rappresentato un’alternativa elettorale anche in relazione ad altri aspetti che i partiti tradizionali non riescono a superare, non ultimo l’incapacità di mettere in gioco volti nuovi che smentisce nei fatti le costanti dichiarazioni di volontà di rinnovamento. Così se in provincia di Cagliari la candidatura di Milia è espressione di una politica ormai anchilosata in se stessa, il contrapporre Palomba, di età avanzata sia dal punto di vista anagrafico che da quello amministrativo (non dimentichiamo i 5 anni di presidenza della Regione, trascorsi a fare compromessi per salvare una delle legislature più litigiose della storia dell’autonomia), non fa altro che confermare l’assenza di una prospettiva realmente nuova tanto più dopo aver marginalizzato la linea di Soru. In confronto l’IRS spicca per la presenza di volti nuovi, alcuni molto attivi nel territorio tanto che la loro candidatura permette di raggiungere punte in percentuale molto alte, e per l’assenza di “riciclati”. Ma emerge anche per avere un corpo di militanti complessivamente giovane che si riflette poi nella composizione degli organismi dirigenziali e nelle politiche del movimento caratterizzate dall’azione concreta.
La credibilità dell’IRS è favorita ulteriormente dall’elaborazione delle linee politiche da parte di una leadership formata anche da intellettuali che ha saputo porre come principi fondanti valori dell’impegno sociale di tradizione della sinistra coniugati con la cultura pacifista quale la nonviolenza, l’attenzione per l’ambiente, la valorizzazione della microeconomia, il rispetto delle minoranze, l’internazionalismo in cui collocarsi con il pieno riconoscimento delle proprie peculiarità.
Una parte di chi ha votato IRS, allora, ha ritenuto che questo nuovo partito possa essere una possibile alternativa al sistema dei partiti nazionali perlomeno per quanta riguarda la specificità della Sardegna. Una scommessa contro chi predicava la necessita di votare i candidati del centro-sinistra anche tappandosi il naso pur di non far vincere una destra fascista e liberticida perché ora non ci sono alternative. Un voto di protesta, dunque, contro un sistema politico ed elettorale ormai degenerato, ma non un voto buttato, assegnato a chi capita pur di non darlo ai grandi partiti. Piuttosto un voto di protesta volto a costruire un’alternativa che possa incidere diversamente sul quadro politico regionale.
Quanto questa scommessa è azzardata lo si potrà sapere solo nei prossimi anni quando si vedrà la capacità del movimento di risponderà al successo aprendosi all’esterno senza snaturare le proprie peculiarità, quando sarà chiamato a dare risposte a esigenze più complesse di quelle finora affrontate, talvolta con qualche ingenuità, nei programmi elettorali.

11 Commenti a “IRS, il successo del giorno”

  1. Marcello Madau scrive:

    E’ bene aprire, e in positivo, la discussione sul risultato di IRS, pur con i limiti del dato elettorale. Vorrei aggiungere altri spunti. Colpisce la presenza, nel solco del sardismo, di una sensibilità che lo declina in maniera rinnovata e ben diversa dalla deriva del PSdAZ; la pratica democratica, la marcata attenzione all’ambiente, la ripulsa del razzismo e del nazionalismo (ma è davvero possibile, poi, separare nazionalismo e indipendenza?). E’ anche probabile che IRS abbia dato una sponda democratica all’astensionismo di sinistra: tant’è che il suo dato mi pare meno eclatante dove la sinistra di classe ha buoni risultati. Ma non penso che ne abbia raccolto tutti i temi, quanto la crisi: va bene sviluppare al massimo le proprie risorse, ma l’idea utopistica dell’indipendenza economica, declinata conferendo quell’oggettivo qualunquismo interclassista, allontana dalla comprensione dell’attuale capitalismo; e ai lavoratori servono alleanze inter-nazionali, le uniche che in questa globalizzazione possano creare qualche speranza democratica. Allora credo anche che la sinistra che voti IRS non legga più il lavoro, a conferma ulteriore della sua crisi, come priorità analitica. Più coerente, almeno per un marxista, la posizione anticapitalistica di ‘A Manca pro s’Indipendentzia’.
    Comunque, da italiano, vedo gli amici e compagni di IRS come italiani molto speciali. Averli compagni di strada su battaglie democratiche come l’ambiente, il pacifismo, il no al razzismo ed al nazionalismo mi sembra un fatto importante.

  2. Francesca Cau scrive:

    Le basi ideologiche di questo partito sono debolissime, iniziando dalla loro interpretazione della storia sarda, che pare abbia un punto finale nella battaglia di Sanluri del 1409, la quale dà inizio a una “storia coloniale” da dimenticare e da buttare alle ortiche. Manca loro una qualsiasi percezione del flusso storico dell’Isola, del ruolo giocato dalle classi dirigenti nell’età contemporánea e del movimento reale prodotto dalle classi lavoratrici. In pratica, vivono avvolti in un eterno presente, pensando che la storia moderna e contemporanea cominci da loro. Ammesso che lo studio della storia sia il collante di qualsiasi proposta política del presente, c’è da chiedersi se non ci troviamo di fronte a un movimento di “costruttori di soffitte”, come avrebbe detto un classico sardo del nostro tempo.
    D’altra parte, pare evidente che IRS si stia strutturando come un movimento adatto a portare avanti battaglie giuste ed entusiasmanti come quelle dell’acqua, delle servitú militari e dell’eolico. Battaglie che possono coinvolgere anche molte persone ma che non suffragano di per sé la necessità –ovvia in un partito indipendentista- di avere un’idea globale di società, paese, “stato”. Fino adesso, IRS non ci ha detto chi pagherebbe le nostre pensioni e la nostra sanità, come organizzeremmo la nostra rete –costosissima- di ambasciate e consolati e come strutturare un sistema bancario sardo capace di reggere le fluttuazioni del capitalismo internazionale. I loro intellettuali sono esperti in semiología, letteratura e scienze politiche, non in economía, urbanismo o amministrazione pubblica. Eppure è in questi ambiti che si dovrebbe articolare una política indipendentista seria.

  3. Carlo A. Borghi scrive:

    Caro Antioco, concordo in pieno con ciò che scrivi sul Manifesto. Qui abbiamo votato IRS, pur essendo noi “reperti della politica novecentista e movimentista”. Mi pare che questo modello di indipendentismo sia l’unica novità nel film della nostra vita politica sarda. A presto

  4. Angelo Morittu scrive:

    Francesca le basi ideologiche di iRS non sono nè forti nè deboli, semplicemente esistono e stanno convincendo sempre più gente, senza fretta e senza balzi azzardati, con la costruzione di una coscienza diffusa del nostro essere e del futuro che vogliamo.
    Se ancora qualcuno crede che le basi ideologiche di Mastella, Vendola, Bersani, Berlusconi, Casini, Trota, Bonelli, Fini, Di Pietro etc etc siano più consistenti di quelle di iRS può tranquillamente continuare a votarli.
    Seguo e sostengo iRS da diversi anni ma non mi risulta che si voglia buttare alle ortiche nulla, anzi, noi vogliamo che tutti i sardi conoscano tutto, ma proprio tutto della loro storia anche le pagine più infauste come la battaglia di Sanluri, con la quale non termina affatto la storia della Sardegna, termina una altra cosetta che per molti sardi è ancora tabù.
    Ammesso che l’Italia possa continuare a pagare le pensioni a tutti gli italiani (sic!) si applicherebbero le convenzioni che permettono ai vari lavoratori emigrati di percepire le pensioni maturate col lavoro all’estero. La Sanità viene pagata in gran parte dalle regioni, e ambasciate e consolati non mi sembrano davvero una priorità.
    Ma perché non parliamo anche del flusso di denaro che quotidianamente versiamo nelle casse italiane? Perché non ricordare la “vertenza entrate” ovvero la ultradecennale dimenticanza italica di restituirci la quota impositiva dovutaci per legge, oltre 5miliardi di euro che continuano ad aumentare.

  5. Roberto Spano scrive:

    Concordo con Francesca sulla necessità di dotarsi di solidi basi e proposte politiche nelle materie economiche, energetiche e amministrave. E’ anche vero che al momento si è dato maggior spazio all’elaborazione culturale, storica e semiotica del significato e delle prospettive dell’indipendenza. Ma, da attivista iRS, posso assicurare che il nostro partito sta velocemente approfondendo anche questi temi e tra i nostri iscritti e sostenitori ci sono sempre più figure di studiosi, imprenditori e professionisti nelle materie di cui sopra. E’ solo questione di tempo e iRS porterà al popolo sardo le sue proposte di politca economica.
    Sa Repùbrica Indipendenti de Sardigna, pagherà le pensioni maturate (così come vengono pagate agli emigrati in altri paesi esteri), avrà al sua politica internazionale, la sua politica energetica, la sua politica occupazionale, la sua politica sociale. Ma sarà profondamente diversa e alternativa a quella “sviluppista” di marca sia capitalista che marxista. iRS sta costruendo, prima di tutto nella testa e nel cuore dei sardi, sa Natzioni Sarda! Assieme a tutti i sardi (tutti, di destra e sinistra!!) costruiremo sa Natzioni Sarda anche nel diritto internazionale e nella sovranità statuale. Lavoriamo tutti assieme.
    Bonu treballu!

  6. Omar Onnis scrive:

    L’articolo è stimolante, anche per noi di iRS. Coglie alcuni aspetti rilevanti del nostro crescente peso politico e anche elettorale (dall’1,48 al 3,86 alle provinciali, in cinque anni). Lieti di poterci confrontare con tutte le sensibilità, specialmente quelle democratiche e progressiste.

    @Marcello Madau: la questione di cosa sia più coerente per un marxista la lascerei aperta, senza dare troppe conclusioni per scontate.

    @Francesca Cau: posso solo invitare a conoscere meglio le basi teoriche di iRS, prima di emettere sentenze piuttosto mal fondate e facilmente falsificabili. Il tuo intervento mi fa pensare che tu abbia giusto orecchiato qualcosa e magari di seconda mano, sul nostro conto. A disposizione per qualsiasi chiarimento di natura storica e politica.

    Ah, le pensioni ce le pagherebbe l’ente che ha ricevuto i nostri contributi, a prescindere dal nostro passaporto o dalla nostra residenza. E un dubbio l’abbiamo eliminato.

    Se pensiamo ancora adesso, dopo tutto quello che è successo e sta succedendo sotto il nostro naso, che la Sardegna campi grazie all’Italia, si vede che c’è ancora tanto lavoro da fare.

    Noi faremo la nostra parte.

    Un caro saluto agli amici del manifesto sardo.
    A ateros annos menzus!

    Omar Onnis (coordinatore politico Disterru – Esecutivo Nazionale iRS)

  7. Marco Ligas scrive:

    L’articolo di Antioco Floris ha suscitato interesse fra i lettori del manifesto sardo e soprattutto fra i simpatizzanti e i militanti di IRS. Non avevo dubbi, questo esito può favorire un’ulteriore riflessione sui temi del federalismo, dell’indipendentismo, sui concetti di nazione, di destra e sinistra, sulle alleanze politiche e altro ancora. Questa attenzione può essere importante per tutti, anche per IRS se non si lascerà trascinare dalla foga del successo elettorale, pensando di aver individuato il percorso unico per il riscatto del popolo sardo. Dico preliminarmente che trovo importanti alcune scelte che ha fatto IRS, soprattutto la sua autonomia da altre formazioni politiche che si richiamano in modo ambiguo al sardismo. Ma il percorso per il riscatto non è lineare, ha bisogno di approfondimenti (e correzioni) che ancora non colgo nelle posizioni di IRS. Faccio qualche esempio su temi antichi ma sempre attuali. È davvero inutile condurre, a fianco dei lavoratori, una battaglia politica culturale e sociale in difesa del lavoro, al punto da disertare uno sciopero generale come ha fatto IRS nei mesi scorsi? Davvero destra e sinistra sono la stessa cosa e Mastella e Vendola, caro Angelo, che tu citi mettendoli nello stesso mucchio, rappresentano interessi omogenei? E basta affidarsi ai sardi per governare onestamente la Sardegna, nell’interesse dei nostri conterranei? Cari amici di IRS, perché non intrecciate il discorso dell’indipendenza con quello di classe?

  8. Francesca Cau scrive:

    Da quando in qua la Sardegna dà più di ciò che riceve? Ma avete visto i dati offerti dalla Regione e dallo Stato? Detto col massimo rispetto: siete informati? Il fatto che lo Stato centrale debba soldi alla Sardegna, non vuol mica dire che sia una terra economicamente autosufficente. La verità, amici dell’iRS, è che sia la sanità che le pensioni ce le paga il Nord. Le Regioni, caro Morittu, non pagano niente, bensì gestiscono i soldi dati da Roma per farle funzionare. Insomma, grazie allo Statuto speciale noi gestiamo entrambe le cose ma, badate bene, coi soldi “italiani”. C’è una piccola differenza. Piaccia o no, la Sardegna non è la Catalogna: non ha un tessuto produttivo in grado di reggere un robusto Stato sociale e un sistema educativo avanzato. E insisto, voi ancora non ci avete detto cosa faremo se fossimo indipendenti.
    Riguardo la storia. Il problema non è “orecchiare qualcosa di seconda mano”. Il problema è che da voi “non si orecchia niente”. Mi dicano Onnis e Morittu un testo d’iRS con un’analisi storica minimamente articolata della Sardegna moderna e contemporanea e mi rimangio tutto. Il fatto è che non c’è e non ci potrà essere, perchè quella è una storia triste, deviata, “da buttare” appunto. È chiaro che non si studia ciò che si rifiuta. Meglio coccolarsi con le gesta epiche di Mariano e Eleonora o magari con quelle dei “Popoli del Mare”. Non sia mai che, attraverso lo studio, scoprissimo una Sardegna diversa da quella “romantica” di iRS, nel fondo non troppo diversa da quella ottocentesca dei vari Manno, Martini, ecc.

  9. Omar Onnis scrive:

    Rispondo volentieri a tutte le osservazioni.

    Intanto, se avete voglia, una analisi (non esaustiva) di tipo storico-economico sulla Sardegna contemporanea l’abbiamo pubblicata sul numero di settembre 2009 di European Planning Studies, in risposta a un articolo di Gert-Jan Hospers su alcune caratteristiche di fondo della struttura economica sarda. Se avete tempo e modo, quello può essere già uno spunto importante.

    Dopo di che, ovviamente, per conoscere tutte le nostre elaborazioni in tema storico, economico e sociale bisognerebbe essere un po’ addentro al Movimento e conoscerne il lavoro teorico per benino: cosa obiettivamente non facile. Ma nemmeno impossibile.

    Vorrei sottolineare una cosa, però. La nostra mancata adesione allo sciopero generale e alla manifestazione del 5 febbraio non è stata affatto una scelta antisindacale, né contro i lavoratori. Esattamente l’opposto. Denunciavamo l’anacronismo di certi slogan e di certe prospettive (un nuovo Piano di Rinascita, suvvia!). Noi siamo stati l’unica formazione politica che alle ultime provinciali ha messo al centro del proprio programma il lavoro e tutto ciò che gli ruota intorno (dalle infrastrutture alla formazione, ecc.).

    Potreste anche dare un’occhiata al nostro dossier sul polo industriale di Portovesme: là, oltre a un’analisi generale della situazione, ci sono anche delle proposte operative.

    Il dogmatismo non serve, in questa epoca di transizione storica.

    Discutiamo pure, comunque: noi ci siamo.

  10. Angelo Morittu scrive:

    Il discorso di Francesca è tutt’altro che minoritario tra i sardi per non parlare del giudizio e pregiudizio da eterni assistiti che hanno di noi i nord’italici, ovvero i sardi senza l’Italia benefattrice morirebbero di fame. Al sottoscritto, per esempio, dell’epopea di Mariano ed Eleonora importa un fico secco, ma non per questo mi bevo la disinformatia proveniente dal mainstream padano viceversa non sosterrei il Manifesto.
    Ma davvero siamo così miserabili da non poter vivere senza i soldi italiani? È verissimo che i soldi per la nostra spesa pubblica provengono da Roma, ma è altrettanto vero che ogni centesimo delle tasse e imposte che paghiamo va direttamente a Roma che si trattiene molto di più di quello che per legge ci dovrebbe trasferire.
    Marco, io non ho equiparato destra e sinistra e il successo elettorale di iRS è per il momento insufficiente ad alterare gli equilibri del potere, volevo solamente dire che l’elaborazione politica all’interno di iRS non è assolutamente inferiore a quella dei protagonisti della politica italiana di destra, centro, sinistra.
    Se pensassimo davvero di non poter vivere senza l’assistenza di un altro stato non ci resterebbe che suicidarci in massa, tanto sarebbe avvilente un esistenza così inutile.
    Per quanto riguarda lo stato sociale “robusto” garantitoci dall’Italia, la prendo come battuta, visto come vengono trattati i nostri malati, i nostri invalidi, i pensionati, i nostri bambini e le madri, per non parlare di scuola, università.

  11. Marcello Madau scrive:

    Comprendo che un successo elettorale sia importante. Qua serve come spia di un nuovo confronto a sinistra, da esplorare senza ricorrere a scorciatoie propagandistiche. E’ quindi utile misurarsi sui modelli di gestione dal basso del territorio e il rinnovamento della politica, dove il contributo IRS è interessante. Non mi interessa né credo realistica la prospettiva indipendentista, ma dove trova strumenti, metodi e sensibilità di autogoverno condivisibili apprezzo la loro portata se possono dare numeri più forti sui grandi temi di democrazia reale e libertà.
    Lasciamo stare le scorciatoie autarchiche, o la tiritera sui soldi degli italiani, perché la forza è nella costruzione di alleanze ampie e solidali. Non dimentichiamo che le pensioni, prima ancora di discettare su chi le erogherà, sono dei lavoratori grazie ai loro contributi, e a loro spettano; ancora: le lotte si fanno assieme ad essi, non da una torre d’avorio. Stando dove si trovano in maggioranza anche quando sbagliano, per portare lì altre proposte.
    Onnis ammette con franchezza che non è facile cogliere da esterni le elaborazioni economiche, storiche e sociali di IRS. Può darsi che ciò indichi un problema.. Però non è che manchino le analisi sulla Sardegna, e forse vanno cercate anche al di fuori dei partiti. Per capire la questione sarda, che secondo me è dentro, pur con la sua ‘specialità’, alla questione meridionale, non manca bibliografia, e dovremo riprendere, anche rivisitandola, a leggerla e proporla.

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