A chi serve il Partito dei Sardi?
1 Luglio 2010Angelo Morittu
La recente tornata elettorale sarda ha evidenziato il progressivo aumento dell’astensionismo unito allo sfaldarsi dei due principali blocchi elettorali di centro destra e centro sinistra, ad opera sopratutto di personalità ambiziose ispirate da istanze territorialistiche: Arbau a Nuoro e Massidda a Cagliari. Parole d’ordine frequentemente sentite in campagna elettorale sono state: “padroni a casa nostra”, “federalismo”, “autonomia forte”, fino ad arrivare all’indipendentismo ondivago di qualche anguillesco parvenu sardista. Il sia pur modesto successo elettorale di iRS porterà sicuramente i partiti “unionisti” a caricare di contenuti populistici e rivendicazionisti le loro future azioni puntando sugli slogan di successo della Lega Nord, in tale movimento si inquadrano anche le improvvide comparsate di esponenti leghisti durante la campagna elettorale sarda. D’altra parte si auspica un vasto rassemblement di partiti sardisti e indipendentisti dentro un Partito Unico dei Sardi (P.U.S.) capace di rifondare un movimento neo-sardista non si capisce bene se autonomista, federalista o indipendentista nell’intenzione di risvegliare l’orgoglio popolare sardo in aperto conflitto con l’establishment centrale italiano. Naturalmente le intenzioni dichiarate sono ben diverse da quelle reali, molto più prosaicamente determinate dalla necessità di mantenere ben poggiate le terga sulle poltrone che contano nella prospettiva della sicura, prossima, implosione dei vecchi cartelli elettorali. In definitiva il partito dei sardi sarebbe l’ennesima presa in giro dei sardi medesimi, tant’è che verosimilmente sarà un mero contenitore della solita classe notabilare sarda. Non credo infatti che basti una riverniciata per dare nuova vita ai vecchi arnesi della politica clientelare e affaristica, la Sardegna non ha bisogno del partito dei sardi che volta per volta elemosini o pretenda i propri legittimi interessi dallo stato centrale, eppure sarebbe questa la più ghiotta novità in arrivo nel prossimo futuro. Il motore di questa ennesima operazione trasformistica sarà ancora una volta il Partito Sardo d’Azione, o meglio alcuni suoi “capitani” visto che la base, ammesso che ancora esista e che ancora abbia un fondamento ideologico culturale, come al solito non capirà un accidente di quel che avviene nel quartier generale. Come mai questi fenomeni solo oggi sentono il bisogno di un partito dei sardi e (voglio sperare) per i Sardi, per chi hanno “lavorato” finora costoro? Per la Confederazione Elvetica o per la ex-Jugoslavia? Gli aggettivi etnici sulle etichette non mi hanno mai convinto, anche perché spesso servono a spacciare patacche per merce autentica, tutti noi vediamo quanti manufatti cinesi vengono venduti come originali. Ma è altrettanto vero che questo è un trucco sempre valido per cavalcare i sentimenti di pancia del popolo, specialmente quando disturbato dal languore. E’ ben presente a tutti che il PS d’Az come partito popolare sardo è ormai decotto da decenni, mentre nella testa dei suoi dirigenti avrebbe forse voluto diventare la “lega” sarda con la sua ben netta scelta di campo con la destra fascista e populista italiana, ma la Sardegna non è la ricca, crassa e xenofoba Padania e sopratutto la dirigenza sardista tradizionalmente una volta soddisfatta la sua smania di (sotto) governo, smette di lottare e se ne frega dei sardi e della Sardegna, esattamente come fanno i leghisti atterrati a Roma. Da imbonitori finiti anche i pataccari del Partito dei Sardi spacceranno scarpe di tutte le misure, o meglio berritas giuste per tutte le teste, sarà un partito multi-facing e multi-tasking, sarà autonomista, ma anche federalista, ma anche indipendentista, i clientes devono avere sempre la percezione di aver fatto un ottimo affare anche quando vengono presi per il naso. L’operazione avrà anche la sua settimana fieristica dal 7 a 13 settembre quando il Consiglio Regionale della Sardegna discuterà la famigerata “Mozione per l’Indipendenza”, un teatrino grottesco dove si discuterà della secessione dall’Italia, il fatto che nessuno degli attuali inquilini di via Roma sia stato legittimato dal voto popolare a parlare di queste bazzecole è una preoccupazione assolutamente peregrina per chi è lautamente pagato per scrivere la Storia della Sardegna. Sarà perciò curioso in quei giorni intervistare i votanti del centro-destra sardo per chiedergli cosa pensano davvero dell’indipendenza della Sardegna. Evidentemente ai sardi dell’era Cappellacci che finora hanno ingoiato una serie incredibile di umiliazioni e delusioni serve una botta di esaltazione patriottica, per una settimana sarà come vincere nuovamente lo scudetto, sette intere Dies de sa Sardigna a discutere del nulla sottovuoto spinto. Finita la settimana di ricreazione un nuovo rimpasto di giunta e via!