Perché solo io?
1 Agosto 2010Marco Ligas
‘Non ci penso nemmeno a dimettermi’. Con queste parole Cappellacci ha risposto all’opposizione che, in Consiglio regionale, gli chiedeva di lasciare la presidenza della Giunta. Babbeo si ma non sino a questo punto. E poi, avrà pensato il Governatore, perché solo io devo rimetterci il posto? Che imparzialità è questa se Verdini continua a dirigere il partito mentre Dell’Utri e Carboni mantengono le loro postazioni di comando, seppure con qualche problema con la giustizia?
In fondo ha ragione Cappellacci, lui attraverso un uso flessibile del concetto di Autonomia non fa altro che eseguire gli ordini che gli passa il suo principale. Mica è stato eletto per virtù proprie o per realizzare chissà quale piano di ricostruzione della Sardegna; il suo ruolo è stato chiaro sin da subito, già nel corso della campagna elettorale. Una borghesia conservatrice, con connotazioni massoniche e forti interessi radicati nel settore dell’edilizia e dei lavori pubblici, del tutto ostile alla tutela del territorio e dei beni comuni, lo ha scelto, su indicazione del premier e con la investitura delle strutture ecclesiastiche, perché usasse la Sardegna come luogo dove realizzare i diversi progetti speculativi a vantaggio sia di singoli imprenditori sia di gruppi appartenenti alla malavita organizzata. La vicenda dell’eolico è emblematica di questo disegno. Cappellacci ha cercato di realizzarlo con coerenza, persino con diligenza e con le attitudini tipiche del primo della classe.
Se accantoniamo l’eolico e passiamo al piano casa vediamo che l’ispirazione non cambia: come è stato motivato? Ci sono tante famiglie – è stato detto – che hanno l’esigenza di avere una casa più grande, una stanza in più per i figli: si sa, crescono e hanno bisogno di spazi maggiori, perché non offrire loro questa possibilità? Cappellacci e la sua Giunta applicano a tempo di record questa disposizione ed ecco l’ennesima legge ad personam: la casa di Porto Rotondo, Villa Certosa, essendo evidentemente insufficiente ai bisogni della famiglia, può finalmente essere ampliata. Come? Costruendo qualche bungalow, così i figli (i figli?) potranno spaziare senza toccarsi o comunque disturbarsi quando si incrociano. Magari questa legge potrà essere usata anche da altri amici di famiglia o da chi, inconsapevolmente, non ha provveduto ad ampliare illegalmente la sua casa non prendendo in considerazione l’ipotesi che un condono prima o poi avrebbe sanato l’abuso. L’importante è adeguarsi e accettare favorevolmente le innovazioni. Tanto più se anche artisti famosi legati alle tradizioni e al concetto di sardità accolgono favorevolmente questi interventi ritenendoli, bontà loro, ininfluenti ai fini della salvaguardia paesaggistica. Non è un mistero che molti artisti manifestino l’esigenza di una maggiore visibilità. La politica, soprattutto quella finalizzata all’uso del potere, è molto disponibile all’accoglienza; basta accettarne lo statuto e l’assunzione è garantita.
Mentre il Consiglio regionale discuteva la mozione di sfiducia, a Cagliari e a Sassari gli insegnanti precari davano vita all’ennesima protesta contro i tagli alla scuola, decretati congiuntamente dai ministri Gelmini e Tremonti. Centinaia, forse migliaia di insegnanti in Sardegna, giovani e meno giovani, sono ancora costretti a subire la precarietà. Vivono lo stesso malessere che subiscono i lavoratori delle innumerevoli fabbriche che hanno interrotto le attività produttive e per le quali non si intravvede alcuna prospettiva di ripresa. Neanche l’occupazione dell’isola dei cassintegrati o l’incatenamento ai cancelli delle fabbriche servono a rivitalizzare la sensibilità di questa classe dirigente che appare disposta a rispondere soltanto alle sollecitazioni dei clan. Credo che sia difficile riscontrare, nella storia dell’Autonomia, una frattura così netta tra i bisogni del popolo sardo e l’inadeguatezza di questa classe dirigente affaristica.
L’opposizione fa fatica, non riesce a contrastare tanta arroganza anche perché è troppo chiusa in se stessa. Dimostra di non avere interesse a ricostruire con i lavoratori e con la società civile un rapporto teso alla definizione di un’alternativa politica. La leggerezza dei partiti inaugurata irresponsabilmente nei decenni precedenti non è stata una scelta vincente; credo che vada accantonata e sostituita con un impegno che ponga all’ordine del giorno la difesa del lavoro, della legalità e della democrazia; il tutto all’interno di una cornice ben definita e ancorata al bisogno del cambiamento.