A sinistra, senza progetto

1 Maggio 2008

Gianluca Scroccu

La sinistra non riesce più a parlare al suo elettorato perché non ha un suo alfabeto. Il centrodestra, piaccia o no, esprime una sua cultura politica che ha fatto presa nella maggioranza degli italiani. Ha costruito un senso comune, grazie anche alle quotidiane batterie di fuoco delle televisioni appartenenti al futuro capo del governo che dettano l’agenda politica. Berlusconi modula e costruisce il discorso politico: può ventilare di nazionalizzare Alitalia e minacciare l’Europa; Tremonti, parallelamente, può ergersi come critico della globalizzazione e sostenitore di un nuovo ruolo della politica, e degli stati, sull’economia. Il resto procede al traino. Ma allora per uscire dalla crisi le forze progressiste di questo Paese cosa devono fare? Devono innanzitutto ricostruire il loro pensiero con grande umiltà e capacità di ascolto (c’è troppa spocchia e pretesa di conoscere tutta la verità!), immergendosi realmente nella società e conoscendone davvero i problemi. Troppi credono che basti un simbolo o definirsi genericamente di sinistra (o di centrosinistra) per ottenere il consenso: le elezioni politiche, e le comunali di Roma, dimostrano che non è più così.
Oggi la politica rischia di essere sempre più declinata sotto il piano meramente personale: siamo all’asfissia del sistema, che non si regge più. Le vere riforme si bloccano, così la politica (e i politici) appaiono falsi e poco coerenti, e non suscitano passioni. In altri paesi (vedi la Spagna, ma si potrebbe fare riferimento anche ad altre nazioni europee) chi governa segue il programma elettorale su cui, allo scadere del mandato, viene giudicato dal corpo elettorale. La distanza fra governanti e governati è abissale (in proposito si dovrebbero riprendere le parole di allarme lanciate agli inizi degli anni Ottanta da uomini come Enrico Berlinguer e Sandro Pertini); Berlusconi, con il suo strapotere mediatico quotidiano, riesce ad anestetizzarne le conseguenze per la sua parte politica, ma per lui ora inizia il difficile.
La sinistra si è attorcigliata nella sua autoreferenzialità e non è capace di costruire narrazioni che sappiano costruire il romanzo della contemporaneità. In più, da troppo tempo ha accettato pratiche antidemocratiche, giochetti di potere tutti finalizzati alla soddisfazione del proprio interesse personale. Il berlusconismo è anche questo, in un Paese dove molte cose vanno male e si sta dissolvendo il senso dello stare insieme, dell’essere comunità dove i cittadini hanno diritti e doveri (tema centrale, quello dei diritti e dei doveri). Le frantumazioni delle classi sociali in seguito a questo modello antidemocratico di globalizzazione non sono state comprese da una sinistra a cui sfugge la reale dimensione del proprio antagonista. Un mondo dove cambia lo spazio della politica, che attraversa diversi territori sempre più periferia (come le nostre città).
In questo senso si può dire quel che si vuole di Grillo, ma lui ha creato un territorio dove si fa politica. È sbagliato che la sinistra tratti con sufficienza il fatto che l’artista genovese riesca a mobilitare tante persone (molti giovani) toccando temi cruciali ma certamente non semplici come gli scandali bancari o i termovalorizzatori. Il problema non è Grillo, ma ascoltare cosa dicono quei cittadini in quelle piazze e fare in modo che in futuro sia la politica ad affrontare queste questioni dirimenti, e non un bravo comico.
Serve quindi una sinistra che riscopra la capacità di studiare la società ed immergersi nella realtà europea e mediterranea; che abbandoni quell’ansia da prestazione per cui si vive solo in vista delle elezioni (mentre nel periodo intermedio tra un appuntamento e l’altro si vive in soggetti politici dove manca totalmente la democrazia); una sinistra legata ad un progetto politico culturalmente robusto e costruito secondo pratiche democratiche e condivise. Per governare devi dimostrare saggezza e capacità di misurare nel concreto i rapporti di forza; devi vedere l’efficacia dei comportamenti e delle scelte nel concreto senza farti avvelenare dalla voglia di protagonismo edonistica e macchiettistica, capace tutt’al più di garantire una rendita sui media (due esempi su tutti: Francesco Caruso, che vuole portare la cospirazione in Sardegna in vista del G8, e l’intervista dì Marco Rizzo sul “Giornale” del 28 aprile). Quello di Prodi (lo rimpiangeremo) doveva essere un governo di tutta la legislatura, da difendere con le unghie e con i denti anche ingoiando bocconi amari, senza concedere nulla ai media berlusconiani che non aspettavano altro per rappresentare “la sinistra irresponsabile”. Ricostruire una nuova comunità politica non sarà facile, specie se rimarranno al potere le attuali classi dirigenti. Ma si deve pur iniziare, a partire dal ripristino della democrazia come fattore fondamentale dell’azione politica, ricostruendo un profilo etico dei gruppi dirigenti per ricreare una sintonia che porti il militante e l’elettore ad individuare in chi sta nelle istituzioni la persona che non è lì per fare i propri interessi e che pertanto puoi sostenere e difendere senza rimpianti.
Una Sinistra (io sostengo profondamente immersa nel socialismo europeo, seppur con una sua indipendenza e autonoma capacità progettuale) che non abbia la faccia arrabbiata o che dia l’impressione di guardarsi solo allo specchio, ma che sappia trasmettere passione e serietà nel risolvere i problemi e nel creare una comunità sorretta da forti virtù civiche.

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