Noi cannibali?
1 Maggio 2008
Manuela Scroccu
Arrivederci, Roma. Non poteva finire peggio. Con i tassisti che strombazzavano festanti e gridavano “Walter dacce le chiavi”. Così si è conclusa la campagna elettorale epocale in cui “il Novecento ci è caduto addosso”, che ha segnato il ritorno di Berlusconi al potere (ma se n’era poi mai andato?), la sconfitta del Partito Democratico e la scomparsa della Sinistra, per l’occasione definitasi Arcobaleno, dal Parlamento Italiano. Lasciando noi militanti, noi dirigenti (sic!) spesso solo di noi stessi, noi simpatizzanti, noi dei movimenti, insomma noi variegato popolo della sinistra (mah…) in stato confusionale, prostrato e in ritirata. Alle prese con le analisi del voto, con le dinamiche dei flussi, con il voto utile, con il direttore di Repubblica che definisce gli appartenenti alla sinistra radicale (così dice lui) “i cannibali fratricidi” che si sono cucinati alla diavola il povero pollo-Rutelli.
Voglio cominciare facendo outing. Eccomi a voi, al pubblico ludibrio. Ebbene si, io ho partecipato come candidata alla Camera nella lista della Sinistra Arcobaleno, tredicesimo posto, candidatura di servizio, così la chiamano. Posso dire di aver preso parte alla campagna elettorale che ci ha cancellati dal Parlamento, potrò raccontare di aver creduto, come esponente di Sinistra Democratica, alla riuscita del progetto politico peggio assortito della storia dell’Italia Repubblicana. Nichi Vendola l’ha definito materia gassosa, e stava facendo un complimento. Sapevamo che le modalità di composizione delle liste erano antidemocratiche? Si, lo sapevamo. Sapevamo che Sinistra Arcobaleno si stava presentando alle elezioni come mero cartello elettorale, con un’organizzazione verticistica chiusa ai movimenti e alla società civile? Si, lo sapevamo. Sapevamo che molti nostri “dirigenti” non rappresentavano niente più che loro stessi, tutti presi a consolidare la loro piccola porzioncina di potere? Si lo sapevamo, ma pensavamo che, dopo, avremmo avuto la forza di mandarli via e che, anzi se ne sarebbero andati via da soli (illusi!), travolti da quella società civile a cui avremmo urlato “invadeteci!” e che sarebbe accorsa in massa attirata dalla costruzione di una sinistra dei cittadini. Abbiamo chiesto un voto in potenza, su quello che potevamo diventare, su un programma comunque innovativo e coraggioso, rimandando ad un fantomatico dopo elezioni il momento delle risposte ad una richiesta sempre più pressante di partecipazione democratica ai momenti decisionali. Pensavamo di avere tempo e, invece, il dopo elezioni è arrivato e ci ha consegnato macerie. Di questa brutta tragedia andata in scena con il titolo di Sinistra Arcobaleno siamo stati pessimi sceneggiatori e mediocri comparse. Non è bastata la parolina magica sinistra.
Non è bastata perché era solo uno slogan, una parola ormai svuotata di contenuti. E gli elettori l’hanno capito. Ci abbiamo provato ad infiocchettarla e imbellettarla ma ci hanno scoperti. Troppi aggettivi l’hanno inquinata in questi anni. Radicale, critica, antagonista, riformista. Come il latte con l’omega tre, che la pubblicità ti dice che fa bene alla salute e invece poi scopri che è solo latte geneticamente modificato con il pesce. E ti fa schifo, giustamente.
A chi può importare di una sinistra così? Agli operai? No, votano Lega. Perché non arrivano alla fine del mese e, alla fine, è più facile credere che la colpa sia del rumeno che lavora in nero nelle fabbriche e nei cantieri dei padroncini del nord.
Alle classi medie? Neppure, ormai hanno solo paura: degli extracomunitari, dei rumeni, dei cinesi. Vogliono sicurezza e tranquillità. E sono pronti a offrire il loro consenso al venditore più rassicurante. Il tessuto sociale si è sfaldato poco alla volta nell’indifferenza dei più. Ci si è voltati dall’altra parte: chi per ignoranza, chi per malafede, chi per inguaribile ottimismo, chi perché impegnato in strane alchimie strategico-tattiche di potere. Le pulsioni peggiori, gli individualismi più beceri sono penetrati nella società italiana in maniera profonda, modificandone la struttura e i valori fondanti. Quando viene meno la solidarietà sociale, quando non vi è più un pensiero collettivo perché la sinistra, che di questo pensiero è storicamente portatrice, vi rinuncia in nome della semplificazione e della governabilità, allora vince la logica del villaggio locale che si chiude a riccio contro tutto quello che è straniero, che vuole conservare i suoi privilegi a discapito degli altri, che sia con il federalismo fiscale o con le ronde, alla fine fa poca differenza.
La verità è che in questi anni siamo fuggiti dal pensiero complesso e ora ci aggiriamo in questa provincia globalmente modificata cercando di capire quando è successo che ci siamo persi il paese.
E soprattutto, ci chiediamo come ritrovarlo.
24 Febbraio 2009 alle 12:05
… eh si!!! e “ricordandoci” che in democrazia una seria opposizione è importante quanto governare.
…e sembra scritto oggi… stessi errori