Notti padane. Denunciamoli!
1 Ottobre 2010
Valeria Piasentà
L’ultima uscita di Bossi ha colpito nel segno. Solo ora molti si indignano, come se il linguaggio e la prassi tipici del politico varesino, nonché ministro della Repubblica, in passato fossero giustificabili in quanto ascrivibili a un carattere fumantino ma schietto. Mentre il Pd, con le armi della politica, chiede la sfiducia del ministro e una votazione ad appello nominale; mentre si indigna persino il sindaco di Roma, che appartiene alla coalizione di Bossi: ‘tutti i romani sono dei porci?, ma come osa il Bossi….’; Alleanza per l’Italia, il partito di Rutelli, ha sporto denuncia per diffamazione aggravata, il Codacons chiede alla Procura di Milano se si possono configurare i reati di ingiuria aggravata e istigazione all’odio, e in facebook si raccolgono firme per una denuncia collettiva. Era ora! da anni chiediamo di procedere con denunce alla magistratura ogni qual volta un sindaco, un ministro leghista o una amministrazione in questo nord ‘padano’ sfregiato quotidianamente dalla violenza e dalla supponenza di alcuni amministratori-padroni, impedisce ai cittadini di sedersi sulle panchine dei parchi pubblici; blocca i matrimoni misti (in attesa di entrare nei nostri letti per verificare con chi abbiamo relazioni sentimentali?); scheda i cittadini mettendo in rete tutti i dati sensibili (alla faccia della legge sulla privacy!); pretende di assumere insegnanti della regione (in spregio alla Costituzione italiana e alle normative UE sulla libera circolazione degli individui); assolve alla sentenza del TAR per il riconteggio dei voti che hanno eletto Cota presidente del Piemonte, e sposta pacchi di schede nelle provincie per poi dire ‘il governo non ha soldi, arrangiatevi’; pratica l’espulsione dei cittadini extracomunitari e ora anche comunitari o li tratta da uomini di seconda scelta nell’assegnazione delle case popolari come nella distribuzione del bonusbebè, e via di questo passo sommando infrazioni e insulti alla ragione e alla legge. Questi faccendieri della cosa pubblica, che hanno ridotto la nobile arte della politica a un affare losco da congrega, che organizzano e gestiscono i loro partiti (partiti?) come si confeziona una merce da vendere al mercato, devono essere trattati per quello che sono: bottegai truffaldini (e chiedo scusa a tutti gli onesti e veri bottegai…). Perciò quando la politica è ridotta a un prodotto e l’elettore a un consumatore del prodotto-politica da circuire con ogni mezzo e con una comunicazione subdola, allora sono i rappresentanti dei consumatori che si devono far carico di difenderci, come giustamente fa il Codacons. E veniamo alla scuola di Adro, con quel sindaco che si discolpa dicendo che il logo del Sole delle Alpi è un simbolo della tradizionale locale, quindi è più che giustificato il suo uso in una scuola locale. Tanto da ripeterlo 700 volte nell’architettura e negli arredi (verdi!) della scuola del paese dedicata all’ideologo della Lega Gianfranco Miglio? anche per Bossi ha esagerato: «Ne bastava uno grande»(sic). Ma il Sole delle alpi è un logo registrato? chi ne detiene il copyright? perché nel sito della Lega sono in vendita diversi gadget col simbolo, dalle pochette alle cravatte alle collane ‘in argento e zirconi’, fino alla pasta alimentare (vedi l’immagine di apertura). Allora i casi sono due: o il sindaco di Adro mente e il Sole con la veste grafica che conosciamo è proprietà della Lega Nord, o la Lega non può vendere una intera catena di prodotti con quel logo. Occorre indagare: ecco un suggerimento per gli avvocati di qualche associazione dei consumatori. Ma anche per qualche azienda di merendine, perché no?, o di pasta che in un mercato libero potrebbe vedere quella del sindaco leghista come una operazione di concorrenza sleale. O pretendere di marchiare con 700 loghi della loro azienda ogni angolo e oggetto del primo asilo nido che si andrà a costruire, così anche i bambini non svezzati ancor prima di parlare impareranno quali prodotti consumare: quelli col logo semplice e colorato come un giocattolo, che con una operazione di pubblicità occulta e subliminale entrerà direttamente nel loro immaginario.
E chi li difende i nostri bambini? il Presidente della Repubblica che ordina al sindaco di Adro la rimozione del simbolo leghista, mentre la società civile italiana dovrebbe far pressione affinché un sindaco di tal fatta (che fra l’altro rinvia il Consiglio comunale perché i giornalisti si rifiutano di uscire dall’aula) venga rimosso dall’incarico. E come possono difendersi i cittadini? Se dobbiamo chiederci di chi è la città è lecita anche un’altra domanda: chi è la città? I cittadini sono la città, e tutti con pari dignità dovrebbero partecipare alle scelte della vita collettiva. Ma che si può fare quando alcuni cittadini solo per esser stati eletti si credono proprietari assoluti della città tutta, quella costruita fino ai corpi fisici dei cittadini-sudditi? Ci sono molti modi, ne cito uno da cui può partire l’approfondimento.
Un avvocato di Vicenza, negli anni in cui era difensore civico di quella città, ha messo a punto una teorizzazione sul ruolo del difensore civico (Diritti Umani e difesa civica ADUSU Padova 2003 e Difesa Civica, Audit e Società Civile Atti del convegno CLEUP Vicenza 2004).
Secondo Francesco Buso «Occorre fare uno sforzo per promuovere la conoscenza e la consapevolezza, nella cittadinanza, dei diritti della persona, aumentando la capacità del cittadino ad esercitarli» in questa fase il difensore civico «deve sentire la responsabilità di poter svolgere un ruolo ad hoc…dovrebbe farsi promotore di relazioni sociali virtuose, di canali operativi finalizzati a favorire l’azione politica non formale del cittadino in un contesto, tecnicamente garantito da una figura istituzionale, dove non saranno ammesse strumentalizzazioni di parte e potranno avere invece la massima attenzione i contenuti e i valori fondamentali intorno ai quali la società è chiamata a raccogliersi»
1 Ottobre 2010 alle 14:24
Ringrazio Valeria Piasentà e “il manifesto sardo” per aver raccolto e riproposto all’attenzione il succo del mio pensiero, frutto di specifica e concreta esperienza e, nel suo piccolo, anche “validato” da qualche ambiente accademico nazionale ed europeo.
Esso si inserisce in una visione liberal-solidarista dei rapporti tra cittadini e istituzioni, che non ha trovato finora eco in prassi politiche: vedasi, ad esempio, la generalità dei programmi delle forze di partito: dimenticata la stagione fondativa degli statuti locali, gli istituti della “partecipazione” ricevono solo attenzioni di maniera, mai, invece, investimenti nella sistematica e continua – e sottolineo sistematica e continua, per distinguerla da quella episodica, che qua e là fiorisce e sfiorisce – necessaria attività di mantenimento e ricerca di quanto, al di fuori della buona volontà dei singoli individui, possa oggettivamente garantire il coinvolgimento qualitativo dei cittadini ai fini della buona salute delle politiche pubbliche e delle stesse istituzioni democratiche.
Mi è caro ricordare che si tratta, in parte, anche di dare gambe all’ult. co. dell’art.118 Cost., che riconosce espressamente il principio di sussidiarietà ed il correlato potere del singolo cittadino di svolgere autonomamente – cioè senza l’autorizzazione di chicchessia – funzioni pubbliche (per evitare malintesi: il principio di sussidiarietà abilita ad una azione sostitutiva in carenza dell’ intervento pubblico, non certo concorrenziale).