Ripartire da un palco vuoto
1 Giugno 2008
Massimo Mele
In questi mesi tanti commentatori politici, dirigenti e militanti comuni si sono interrogati sul disastro politico della sinistra e sulla sua fuoriuscita dal Parlamento. Gli argomenti più gettonati sono sicuramente lo spostamento a destra degli italiani, la bipolarizzazione forzata e il voto utile, la rabbia per le scelte destriste del Governo Prodi. Per quanto tutte queste motivazioni abbiano concorso, sicuramente la terza è la più veritiera.
Lo spostamento a destra non è poi stato così netto, stante la vittoria della PDL con un misero 46%, un crollo del partito di Fini, il mantenimento di FI e un notevole aumento di voti della Lega. Quest´ultimo, come evidenziano flussi e interviste diffuse, non è certo dovuto ad uno spostamento a destra consapevole, più sicuramente al desiderio, presente in tutt* noi, di una forza politica che rappresenti davvero le nostre istanze, qualunque esse siano e che riesca a superare la pura retorica per incidere realmente nelle scelte politico amministrative. Da questo punto di vista credo che, all´opposto, uno dei simboli delle motivazioni della sconfitta della sinistra sia Diliberto, il segretario dei Comunisti Italiani che, più di tutti, ha rappresentato l´intransigenza retorica e la sottomissione politica. Il suo continuo attaccare la politica di Governo, spesso in forme piuttosto feticistiche, vedi la salma di Lenin o Cuba, configgeva totalmente con il totale spirito di sottomissione con il quale il suo partito votava le scelte più indigeste del Governo Prodi. Guerra, droga, diritti civili, pensioni, finanziaria ecc. Non da ultimo il pacchetto sicurezza, che in poco divergeva dal decreto Maroni. La politica del bla bla si infrangeva immediatamente nella quotidianità della vita. Non un singolo diritto in più è stato riconosciuto, nessuna legge del precedente Governo è stata cancellata o modificata ma in compenso gli italiani si sono trovati meno soldi in busta paga. O peggio ancora la ridicola scelta dell´indulto, ridicola non in sé, poiché affrontava una situazione di emergenza, ma nell´isolamento in cui è stata fatta. Svuotare le prigioni senza eliminare le cause che ne hanno determinato il sovraffollamento, prima fra tutte la legge Fini Giovanardi sulle droghe, è un´operazione inutile e dannosa. Utile solo per quei detenuti eccellenti, principalmente di area PDL, che in carcere difficilmente faranno ritorno lasciando il loro posto ai soliti disgraziati tossicodipendenti o immigrati.
Uno dei refrain più ricorrenti in seguito alla sconfitta è stato “non siamo riusciti a farci capire”. Io credo invece che la gente abbia capito benissimo e abbia valutato che tra i programmi immaginari di una sinistra che non ha mai portato a casa niente e un PD più realista del re, quest´ultimo era sicuramente preferibile. Preferibile forse anche perché l´operazione PD ha dato una parvenza di discontinuità, a partire dal leader. Una discontinuità più apparente che sostanziale, ma rafforzata dai proclami elettorali come la scelta di non ricandidare personaggi dubbi come De Mita, urlata ai quattro venti, che sicuramente ha dato i suoi frutti. Giovanni Meloni sostiene che il PD dichiara vittoria pur avendo perso milioni di voti. Calcolo fatto sommando ai suoi quelli arrivati dalla sinistra. Su questo non sono assolutamente d´accordo, poiché il calcolo deve essere fatto non sui dati delle precedenti elezioni ma sulle condizioni, e i voti, in cui l´intero centro sinistra si trovava al momento della caduta del Governo Prodi. La distanza fra centro sinistra e PDL era calcolato in circa 20 punti. Alla fine i punti sono stati 6 o 7. In questa prospettiva il PD ha di sicuro riguadagnato voti rispetto alla partenza. Alla sua fondazione dissero che sarebbe stato un partito almeno del 33%. Direi che il traguardo è stato raggiunto e abbondantemente superato.
La sinistra partiva da un 12% e alla caduta del Governo si attestava su un 5/6%. Alla fine ne ha avuti poco più del 3%. Le sirene del voto utile possono intaccare leggermente ma non determinare un tale tracollo. Da qui possiamo partire con tutte le considerazioni, dalle più insulse, la falce e martello, alle più ragionevoli, la fretta che ha portato alla costruzione della SA, il mancato lavoro di squadra, la diffidenza fra le componenti, gli scontri con i movimenti ecc. Tutte argomentazioni valide ma legate unicamente al periodo della campagna elettorale. La disaffezione, lo scollamento della base, la diffidenza verso i rappresentanti, considerati anch´essi appartenenti alla “casta” e il più generale venir meno del senso di appartenenza vengono da lontano. Come non pensare ai fischi a Bertinotti all´Università, le botte ai pensionati che manifestavano davanti al Parlamento, la rabbia di lavoratori/trici, pensionati, precari, studenti, pacifisti, gay e lesbiche e piú in generale da tutto quel mondo che aspettava un segno di svolta, di cambiamento, di innovazione. Chiedere sacrifici è lecito se la prospettiva è un miglioramento delle condizioni di vita. Le azioni del Governo possono essere valutate in sé o in prospettiva. In ambedue i casi, l´azione del Governo Prodi era inaccettabile. La sua immobilità, la sua incapacità a decidere, il suo non risolvere i problemi e nemmeno preparare la strada per una risoluzione futura hanno certo prevalso più di qualunque campagna elettorale.
Il Governo non è un valore un sé, la vita reale delle persone si. L´ unico scopo del Governo Prodi era risanare i conti pubblici e nel farlo ha mortificato le speranze di milioni di persone in un cambiamento o anche in piccoli segnali che permettessero di ricominciare a sperare. La politica non è fatta solo di programmi e di scelte, ma anche di speranze, prospettive, desideri e di tutto ciò che concorre alla creazione di un immaginario collettivo di sinistra che affonda le sue radici nel rispetto, nella pace, nei diritti. Espellere dei parlamentari che votano in sintonia con il loro mandato ma in contrapposizione con il Governo è grave. Ma ancora più grave è organizzare manifestazioni contro il proprio Governo, come quella del 20 Ottobre che ha portato in piazza un milione di persone, per poi mortificarne le aspettative votando la fiducia. O anche non riuscire a spendere a livello politico l´immensa manifestazione del Pride dello scorso anno, ancora più partecipata di quella del 20 Ottobre, anche se totalmente oscurata dai media, ricontrattando un diverso approccio ai diritti civili. Né più né meno di quanto la PDL fece con una manifestazione molto meno partecipata come il “family day”.
Ma la sottomissione della sinistra alla “pura governabilità” non ha interessato solo il Governo nazionale, piuttosto si è perpetrata in tutte le amministrazioni in cui è presente, da Napoli a Bologna. E Sassari? Cosa ci fa la sinistra nella giunta provinciale della Giudici? E a livello regionale qual´è stato l´apporto della sinistra alla giunta Soru? In che cosa ha inciso, quali bisogni ha rappresentato, quali vittorie sono ascrivibili alla sua azione politica? Tralascio volutamente Sassari città poiché il consigliere comunale presente è superato a sinistra persino dall´UDC.
Ora l´imperativo è “ricostruire” una sinistra credibile e politicamente rilevante. Se questo è lo scopo, cominciamo con eliminare tutte le recriminazioni rispetto al passato e alla campagna elettorale, cancelliamo i discorsi sulla nostra incapacità di farci capire o peggio sull´incapacità dell´elettore di capirci e smettiamo una buona volta di accusare il PD o altri della sconfitta. Per ripartire non dobbiamo affinare i linguaggi o i metodi di comunicazione, dobbiamo prima creare qualcosa in cui noi per primi crediamo. La nostra capacità persuasiva è direttamente proporzionale asl nostro personale convincimento, al nostro genuino senso di appartenenza. Per capirci: nel concerto di chiusura della campagna della SA a Sassari nessuno, dirigente, militante o eletto/a a vari livelli ha avuto il coraggio di salire sul palco per parlare di politica, per parlare alla gente, tanta o poca che fosse. E´da lì, da quel palco vuoto che dobbiamo ricominciare.