Un ricordo del passato
16 Dicembre 2010
Red
Pubblichiamo, su richiesta di alcuni lettori, il documento che la prof. Stefania Coda, che insegna a Villasalto, ha letto in classe con gli alunni in occasione dell’anniversario del 4 Novembre.
SOLDATI E UFFICIALI DIVENTINO UN RICORDO DEL PASSATO!
UNA SERIE INFINITA DI CRIMINI DALL’UNITA’ D’ITALIA AI GIORNI NOSTRI.
A partire dall’unità d’Italia si sono verificati parecchi episodi nei quali l’esercito italiano si è macchiato di indicibili crudeltà. E un elemento particolarmente impressionante è che in genere le stragi sono state compiute da “uomini comuni”, non particolarmente fanatici, trasformati in bestie dalla divisa e dalla prassi della guerra.
Ricordiamo alcuni tra gli episodi più criminosi (traendo spunto dal testo “Italiani brava gente?” di Angelo Del Boca):
– i massacri di intere popolazioni del meridione durante la cosiddetta “guerra al brigantaggio” dopo l’unità d’Italia.
– l’edificazione nell’isola di Nocra in Eritrea, già alla fine dell’800, di un carcere tra i più mostruosi mai esistiti, in cui si lasciavano morire di fame anche i prigionieri di guerra.
– le rapine e gli eccidi compiuti in Cina nel 1900 nel corso della lotta contro i “boxers”.
– la deportazione di migliaia di libici durante la guerra del 1911-13.
– la creazione nella Sirtica libica di quindici lager mortiferi per debellare la Resistenza di Omar al-Mukhtar nei primi anni ’30.
– lo schiavismo applicato in Somalia negli anni ’20, durante l’occupazione italiana.
– L’impiego in Etiopia durante la guerra del 1935-36 (finanziata anche con un prestito del Vaticano) dell’iprite e di altre armi chimiche proibite per accelerare la resa dell’imperatore Haile Selassie.
– durante la seconda guerra mondiale, la presenza delle truppe italiane nei Balcani ha significato crimini superiori, in numero e ferocia, a quelli commessi in Etiopia e Libia.
Tutti episodi che dimostrano che il mito degli “italiani brava gente” è quanto mai falso.
Oggi il mantenimento delle truppe di occupazione all’estero, con tutto il loro armamentario di morte e distruzione, costa agli italiani tre milioni di euro al giorno. Ciò che l’Italia ha speso dal 2001 per la guerra in Afganistan avrebbe potuto produrre sul suolo afgano centinaia di ospedali e migliaia di scuole.
Anche in Italia con tre milioni di euro al giorno si potrebbero risolvere innumerevoli problemi, ad esempio quelli tanto attuali del riassetto del territorio e della prevenzione dei rischi idrogeologici, e non si dovrebbero più piangere morti di catastrofi o di guerra.
Quanto sopra esposto vuole essere uno stimolo a riflettere sul fatto che la storia dell’esercito è essenzialmente storia di crimini e di uccisioni: l’esercito è lo strumento di cui l’Italia si è servita e si serve tuttora, in ogni regime, “totalitario” o “democratico”, per accaparrarsi territori e risorse a danno di altri popoli oppressi, e anche nelle nostre città e nei mari, a respingere gli immigrati e reprimere le proteste sociali. Occorre dunque più che mai lavorare per un mondo solidale e senza frontiere, dove “soldati e ufficiali”, come ogni figura che indossa una divisa, siano soltanto un brutto ricordo del passato.
Ecco come L’Unione Sarda, in nome della libertà di stampa (quella del potere naturalmente), ha dato notizia della vicenda (Sabato 20 novembre 2010). Significativi i titoli dell’articolo:
Villasalto. Dopo la lezione su un documento anti-militarista rischia una denuncia
La prof pacifista dichiara guerra
Non accompagna la classe alla messa dei Caduti: è polemica
I genitori degli alunni la accusano, il preside la difende. È sospettata di vilipendio.
VILLASALTO La lezione della professoressa di Lettere delle scuole medie di Villasalto, Stefania Coda, è pacifista. Anzi, anti-militarista. «Nella storia, gli eserciti hanno portato soltanto morte e le guerre sono sempre state conquista di territori e risorse. Missione di pace o guerra umanitaria sono ossimori». E quindi la docente ha deciso di non accompagnare una delle sue due classi alla messa e alla cerimonia in ricordo dei Caduti in guerra, lo scorso 4 novembre, festa delle Forze Armate. Invece, in classe, ha portato ai ragazzi documenti facilmente rintracciabili su Internet, su posizioni decisamente e diversamente schierate. Titolo: soldati e ufficiali diventino un ricordo del passato . Conclusione: il 4 novembre non è una festa ma un lutto, non esistono guerre giuste e umanitarie, no alle missioni militari
IN CLASSE Il dibattito in classe è stato pacato e costruttivo, fuori dalla scuola no. Alcuni genitori, dopo aver letto il documento distribuito dalla professoressa Coda, hanno protestato. Su più fronti: innanzitutto dal preside, Francesco Maria Manca, poi dal sindaco, Giorgio Murtas, quindi dai carabinieri. Contro la lezione particolare, per la mancata presenza dei bambini di una classe alla cerimonia ufficiale, per le posizioni antimilitariste della docente.
LA SCUOLA Il preside difende l’insegnante: «Bisogna andare alla sostanza delle cose e io sono per la difesa di qualsiasi idea, per il pluralismo dell’informazione, per un confronto leale. Personalmente uno può pensarla diversamente, ma deve sempre essere libero di esprimere le proprie convinzioni, nel rispetto degli altri, che anche stavolta non è mancato. La stessa insegnante ha spiegato le sue ragioni durante una riunione alla presenza dei genitori. D’altronde io avevo detto chiaramente che i bambini e gli insegnanti potevano partecipare alla cerimonia in ricordo dei Caduti, non che dovevano ».
IL COMUNE Sulla stessa linea il sindaco Murtas: «Nessun incidente diplomatico con la scuola o i docenti, ci mancherebbe, tra l’altro sono anche io un insegnante. Certo, ho sentito le lamentele dei genitori, ma più che altro per il fatto che alcuni ragazzini erano stati accompagnati alla manifestazione e altri no. Nella commemorazione abbiamo ricordato i 57 nostri compaesani morti nelle guerre dello scorso secolo, a mio avviso è stata una bella cerimonia, ma ognuno è libero di pensarla diversamente».
LA DENUNCIA Sicuramente il capitano Lo Iacono inoltrerà un rapporto alla Procura: «Potrebbe ipotizzarsi – spiega l’ufficiale dei carabinieri – il reato di vilipendio delle Forze Armate, articolo 290 del Codice penale». Perché nel documento letto dalla professoressa Coda si elencavano alcuni episodi della storia d’Italia che non compaiono sui libri di scuola: la costruzione dei lager in Libia, l’utilizzo di armi chimiche in Etiopia nel 1935-36, la deportazione di migliaia di libici, l’edificazione di carceri in Somalia tra i più disumani.
LA DOCENTE La professoressa Coda è stupita del clamore, ma non rinnega il suo gesto: «Non volevo indottrinare nessuno, ma ritengo che i ragazzi di tredici anni, assorbiti da tv o quant’altro, debbano ricevere più informazioni possibile per potersi fare un’idea propria, su qualunque argomento. Certi documenti dal punto di vista storico sono importanti. E l’attualità deve essere affrontata anche a scuola, a maggior ragione a Villasalto, paese così vicino al poligono di Quirra, teatro di test di armi accusati di favorire l’insorgenza dei tumori. I ragazzi non sono scatole vuote da riempire: bisogna dare loro gli strumenti per capire e scegliere, questa è stata la mia lezione».
31 Dicembre 2010 alle 10:13
Mal d’Africa
Donna Fifina è morta,
morta bene, felice,
cent’anni meno due.
Gli ultimi settant’anni
sono stati tristissimi per lei,
ma gli ultimi sei mesi
ha ritrovato l’eden
dei suoi bei giorni d’Africa Orientale
quando il mondo era ancora nei suoi cardini,
c’era rispetto, gerarchia,
i bianchi capaci di comando
e i neri di ubbidienza e devozione.
Non come poi in Italia, umiliata,
senza più re né duce e senza legge.
Senza rispetto, soprattutto,
per chi rispetto merita,
come lei, figlia del Responsabile
dei Servizi di Veterinaria
dell’Africa Orientale Italiana,
sei ascari in cortile a vigilare,
un boy e una boyessa
al suo solo servizio personale,
e Roma che rivendica l’Impero.
Poi settant’anni reduci,
orfana di tutto,
nella patria ingrata,
donna Fifina senza più rispetto.
Da ultimo un tumore l’ha redenta,
in casa questi due badanti neri,
marito e moglie lì solo per lei:
un boy e una boyessa nuovamente,
ha finito per credersi
malata di malaria solamente,
in cura di chinino tutti i giorni,
il letto avvolto in una zanzariera,
ha ridetto parole coloniali
di tanto tempo fa,
e i suoi due neri sempre ad assentire
che sì, l’Italia qui in colonia
non ha fatto che bene, non è vero?
L’ultima notte si è svegliata attenta
per il ruggito del leone all’uadi
fuori nella boscaglia, poi sull’amba:
ha detto: simba,
ha sorriso e via
per sempre nel suo eden africano.
Giulio Angioni