Uomini con barba, uomini senza barba
1 Gennaio 2011Mario Cubeddu
Chi avvicina il dito alle braci ancora roventi della questione IRS rischia di scottarselo. La sazietà delle feste e la mente fredda dei bilanci di fine anno possono consentire qualche riflessione sui lati umani e politici della vicenda. Sul conflitto nel gruppo dirigente abbiamo la testimonianza dall’interno di Michela Murgia e non c’è motivo di dubitare della sua ricostruzione. Nonostante le dichiarazioni in contrario, emerge nel suo testo una scarsa simpatia per Gavino Sale e una vicinanza esplicita ai leader più giovani. Appare chiaro che si tratta di un conflitto che troverà difficoltà a ricomporsi. Forse all’origine della divisione ci sono distanze radicate nella vicenda delle ultime generazioni di sardi. Sin da un approccio superficiale appariva curiosa, quasi straordinaria, la convivenza tra le due anime dell’IRS incarnate, una da Gavino Sale, l’altra da Franciscu Sedda. Persino nell’aspetto esteriore le differenze erano nette. Barbe e velluti da una parte, visi rasati, grigiore giovanile dall’altra. I primi sembravano voler aderire alle mitologie barbaricine: un’aria da bei tenebrosi, alla Matteo Boe o Annino Mele. Il gruppo dei “romani” si è limitato a sardizzare il nome italiano dato loro dai genitori, mentre per il resto niente li distingue dai loro coetanei di sinistra. A entrambi non mancava l’audacia intellettuale e politica. Insieme hanno rotto con Nazione sarda, insieme hanno concepito l’idea pazzesca di rifondare, forse addirittura di creare dal nulla, l’immaginario di un popolo. A partire dalla bandiera. Chi ha oggi sessanta anni e più ricorda la fatica spesa nel far accettare la visibilità dei 4 mori. “Cussa bandela chi furat su coro” era stata esaltata dai giovani sardi che per primi dopo la Grande Guerra avevano concepito il sogno di una Sardegna libera e prospera. Il fascismo aveva perseguitato quel simbolo. I connotati negativi della bandiera dei 4 mori erano stati introiettati al punto che la più famosa delle “bandelas”, la “pandela” del capocorsa all’Ardia di Sedilo, che ha al centro i mori bendati, viene tenuta ben avvolta, le figure e il loro significato nascosti e negati alle decine di migliaia di spettatori che seguono l’Ardia. Ha contato certamente per la rimozione il fatto che quel segno sia stato identificato con la storia problematica del Partito Sardo d’Azione. Ma proprio quando diventava un simbolo in cui tutti i sardi si riconoscevano, quando da anni compariva solitaria in tante occasioni pubbliche, nelle manifestazioni e nei grandi concerti, sbandierata da un eroe sconosciuto, ecco che viene fuori chi dice che non va più bene, che i sardi devono farsi rubare il cuore dalla bandiera che propongono gli ultimi arrivati. Una superbia coronata da un successo almeno parziale, se è vero che attorno all’albero deradicato degli Arborea si è accesa una zuffa per l’appropriazione alla propria parte. Chi conserverà quel simbolo potrà dire di essere l’IRS, così come i Quattro Mori sono il capitale prezioso e quasi unico di un gruppo politico da decenni a corto di idee e di credibilità politica? Il gruppo dei giovani intellettuali indipendentisti ha il merito di aver condotto una critica radicale al sardismo, cui attribuisce la responsabilità di aver negato alla Sardegna la rivendicazione della propria indipendenza, teso com’era a conquistare attraverso il processo autonomistico una inclusione e una assimilazione da sempre agognata dai diversi gruppi dirigenti espressi dai sardi nei momenti cruciali della loro storia moderna. Il fine ultimo sembrava quello di farsi accettare come pari dai gruppi dirigenti italiani, non quello di dare dignità al proprio popolo. Se i risultati di un secolo di sardismo (tutti ormai in ogni schieramento politico si dichiarano almeno autonomisti) sono costituiti da una catastrofe che da antropologica si trasforma in demografica, economica, sociale, è stata opportuna una messa in discussione da parte dell’IRS di personaggi e vicende raccontati in una chiave agiografica strumentale a interessi contemporanei. La teorizzazione indipendentista dell’IRS si colloca all’interno della coscienza intellettuale, morale e culturale, diffusa tra i sardi negli ultimi decenni del Novecento e nei primi anni del nuovo millennio. Essa sta alla base dell’opera di scrittori e artisti di storia e formazione tanto diversa come Sergio Atzeni, Francesco Masala, Benvenuto Lobina, Fabrizio De André, Pinuccio Sciola. Quel che appariva chiaro agli artisti non si traduceva però in progetto politico e in forme organizzative capaci di incidere sulla realtà sarda. L’IRS ha coltivato l’ambizione di poterci riuscire. La sua azione ha avuto caratteri corrispondenti alle due anime che vivono in essa. Il coraggio espresso nelle sfide beffarde, culminate nell’invasione pacifica di Villa Certosa, corrisponde alla tradizione della lotta condotta con gesti esemplari dal forte impatto comunicativo. E’ il terreno giusto per Gavino Sale. Questa fase è culminata con la sua elezione a consigliere provinciale di Sassari nel 2005. La sua fine è stata segnata da qualche infortunio comunicativo determinato dal lancio di notizie clamorose rivelatesi poi infondate. Ma mentre sembrava che IRS fosse scomparso dalla scena, compiva in realtà una trasformazione radicale. Riusciva a sfondare tra i giovani, a conquistare una parte della gioventù più preparata, quella che in altri tempi trovava casa nella sinistra radicale. Il fenomeno è germinato probabilmente durante gli anni di Soru ed è arrivato a maturazione dopo la sua sconfitta e la delusione cocente di una generazione di giovani. E forse la crisi attuale non è altro che l’onda lunga di un conflitto intellettuale e politico che nel rapporto con l’esperienza di Soru ha avuto modo di manifestarsi in maniera più chiara. Una delle accuse ripetute con più insistenza da Franciscu Sedda a Gavino Sale riguarda la sua iscrizione a Sardegna Democratica, l’associazione in cui si riconoscono coloro che fanno riferimento al progetto e all’azione politica di Renato Soru. Un’accusa ingenerosa, espressione di una rigidità e di una chiusura latenti nei giovani “romani”. Se possiamo azzardare un pronostico, in conclusione, si può immaginare che Gavino Sale sia destinato a trovare il suo spazio di azione proprio accanto all’ex presidente, se dovesse riproporsi come candidato al governo della Regione. L’IRS dovrebbe continuare la sua strada verso una indipendenza problematica con i giovani che oggi costituiscono il suo gruppo dirigente. Hanno serietà e competenza sufficienti per continuare ad affascinare le giovani generazioni, ma la superbia intellettuale può rischiare di rinchiuderli comunque in un ghetto generazionale e sociale. I problemi sardi sono talmente gravi e urgenti che in ogni caso solo l’energia e l’intelligenza dei giovani può offrire un barlume di speranza.
2 Gennaio 2011 alle 18:18
Non conosco l’ambiente umano di I.R.S. e sarebbe presuntuoso da parte mia parlarne. Da semplice elettore e da attivista ecologista posso però notare l’assenza di I.R.S. (e di pressochè quasi tutte le sigle indipendentiste) da tematiche fondamentali per la Sardegna e per la pretesa “costruzione” di uno Stato pienamente sovrano. Dalla speculazione immobiliare “colonialista” lungo le coste (il caso Malfatano su tutti) alla “speculazione eolica”, dal modello economico da proporre al modello di welfare, dalla gestione dei cospicui fondi comunitari al sistema dell’istruzione.
Insomma, una proposta credibile su come quest’Isola possa camminare da sola.
Temi concreti su cui una forza politica che addirittura si propone l’indipendenza della Sardegna deve assolutamente affrontare nel concreto per poter essere credibile. Altrimenti è come voler andare all’università senza aver superato l’esame di terza media.
Sarò stato distratto, ma non mi pare d’aver visto nulla di tutto questo.
3 Gennaio 2011 alle 13:54
“l’assenza di I.R.S. (e di pressochè quasi tutte le sigle indipendentiste) da tematiche fondamentali per la Sardegna: dalla speculazione immobiliare alla “speculazione eolica”, dal modello economico da proporre al modello di welfare, dalla gestione dei cospicui fondi comunitari al sistema dell’istruzione.”
Signor Deliperi, sono una persona attiva anch’io da sempre nel mondo dell’ecologismo e la conosco e stimo per le sue battaglie e per il suo impegno, ma dopo quello che scrive mi viene da chiederle, è sicuro di vivere in Sardegna??? Non è che, (cosa lecita e legittima) siete talmente concentrati sulle vostre iniziative da non accorgervi, voi, di quello che fanno anche gli altri?
Avete mai provato a informarvi attivamente su ciò che fa l’Indipendentismo in Sardegna? Logicamente, sa meglio di me, che se ci limitiamo ad aspettare che siano i media a informarci….stiamo freschi!!
Cordiali saluti,
Pepe Peralta, Bosa
3 Gennaio 2011 alle 14:15
Forse è vero che l’iRS ha seguito una strada “verso una indipendenza problematica”. Ma lo è anche che il suo era un indipendentismo spoliticizzato: come hanno ripetuto fino alla sazietà i vari Sedda e compagnia, destra e sinistra erano categorie vecchie, “italiane” e da superare. Pur dichiarandosi “progressisti” –una parola vuota e divenuta ormai appannaggio della destra– il loro unico ideale era quello dell’indipendenza, non certo riconducibile alle grandi aree della politica nostrana. Insomma: Destra? Sinistra? Sardegna!
Ecco quindi che tutte le battaglie portate avanti da questo partito (acqua, servitù militari, Tirrenia, eolico, ecc.) non venivano inquadrate all’interno di un progetto ideologico forte, ma in nome della qualunquistica frase “i problemi reali della gente”, ovvero problemi parcellizzati e slegati da ogni lettura sistematica del sistema-Isola e che andavano affidati a una “nuova classe dirigente” di esperti, politicamente amorfa ma indipendentista. In altre parole, e visto da sinistra, l’iRS sembrava un grillismo avvolto con una bandiera arborense.
3 Gennaio 2011 alle 16:49
Che sembrassero aderire ai miti barbaricini di Boe e Mele…
Ma dove accidenti vive, caro Lei.
Io non ho, nei miei miti, mai avuto personaggi che con i veri miti sardi non hanno nulla da dividere.
Se a Lei, gentile signore, piacciono, se li tenga.
saluti
3 Gennaio 2011 alle 23:53
ciao Pepe, io ho citato problemi concreti (oggettivi) e il fatto (soggettivo) di non sapere che cosa abbia fatto di concreto I.R.S. nello specifico e i movimenti indipendentisti in generale nei temi indicati. Non sono particolarmente “disinformato”, vivo in Sardegna e, ripeto, può essere un mio limite, ma ho l’impressione che in parecchie migliaia in Sardegna siamo nella medesima condizione.
Insomma, che cosa ha fatto I.R.S. contro la speculazione edilizia a Malfatano? Che cosa ha fatto sulla cattiva gestione “storica” dei fondi comunitari? Che cosa ha fatto contro la “speculazione eolica”?
Mi pare di non aver visto forti e serie prese di posizione su temi fondamentali della “vita” attuale della Sardegna e credo che di questo ci sia estremo bisogno.
4 Gennaio 2011 alle 00:31
Non esiste alcun dualismo Sale vs. Sedda. Inviterei caldamente a non cadere in queste semplificazioni giornalistiche, molto italiane. E’ esisitito in iRS un dualismo forte, specialmente negli ultimi due anni, tra chi perseguiva un’evoluzione del Movimento verso forme partitiche organizzate, partecipative e a forte democrazia interna e un leader che – costruito come frontman proprio dai “romani” – non intendeva ammettere la sola possibilità di doversi sottoporre a verifiche e eventuali sfiduce da parte della base. Il che ha comportato un lavoro supplementare per il gruppo “dirigente” (quello accusato di ordire complotti: una bufala ben degna del sistema mediatico attuale) votato a contenere le intemperanze politiche di Gavino Sale, di tenerlo dentro un progetto che lui non condivideva affatto, coprendone le mancanze, proteggendolo da se stesso. Intento fallito. Proprio la schiacciante maggioranza contro cui Sale doveva misurarsi lo ha indotto a gesti clamorosi, molto mediatici e decisamente poco politici.
Ma non ci sarà alcuna guerra su simboli e acronimi. Chi ha aderito a principi come la non violenza, il non nazionalismo, il non sardismo, l’inclusività democratica, ecc. non può certo perdere tempo dietro suggestioni feticistiche: chi ha quei bisogni evidentemente non possiede molti contenuti da spendere sulla scena politica.
Non è finito niente, comunque.
Ah, il mito barbaricino va bene per Gavino Sale: non certo per il sottoscritto e gli altri veri barbaricini ex iRS.
8 Gennaio 2011 alle 13:02
Niente di nuovo sotto il Sale.