Necessaria una discontinuità
1 Gennaio 2011Marco Ligas
Chi abita a Cagliari e ha occasione di leggere o sentire le dichiarazioni che il Sindaco periodicamente rilascia sulla città rimane certamente stupito. Un interrogativo gli sorge immediato: vivo davvero nella città di cui si parla o altrove?
“Occorre progettare e costruire la Cagliari del futuro, far si che abbia un ruolo trainante per lo sviluppo dell’intera isola, … la città deve porsi nella prospettiva di una piena integrazione europea, … tutti gli operatori economici e sociali devono essere coinvolti nell’Area vasta”: queste sono alcune dichiarazioni, fra le tante, fatte nel corso di questi anni durante gli incontri con la stampa; a sentirle non si può non restare colpiti favorevolmente. Viene ribadita la funzione leader della città, e già questo riconoscimento è una garanzia per chi è ancora preoccupato dall’ambiziosa concorrenza di Sassari, viene sottolineata la necessità di una programmazione partecipata e interdisciplinare (!) affinché tutti gli operatori economici possano sentirsi coinvolti nel piano strategico di sviluppo della città. E, naturalmente, in questi progetti ambiziosi non manca il riferimento alle opere pubbliche, allo sviluppo urbano, alla tutela dell’ambiente e ai servizi al cittadino.
Ma come stanno le cose? Sono davvero attendibili questi progetti, soprattutto se si osservano le condizioni reali della città? In verità non ci vuole molto a capire che Cagliari subisce le conseguenze di una politica che ha prodotto danni talvolta irreparabili non solo nella tutela del territorio, del paesaggio e dell’ambiente, ma anche nel campo delle politiche sociali dove i bisogni dei suoi abitanti sono stati e vengono spesso disattesi.
E non bastano i bilanci di fine d’anno che mettono in evidenza i “tanti progetti – sono parole di Floris – ormai prossimi al traguardo: dal Parco della musica alla Mediateca del Mediterraneo”, o i lavori del parcheggio in via Roma con le varianti ancora da definire e che comunque devasteranno un’area fra le più suggestive della città.
La verità è che la speculazione edilizia è stata uno degli aspetti prevalenti della politica cittadina e l’Amministrazione Comunale si è mostrata sempre accondiscendente e complice nell’accettare queste attività che hanno avuto come protagonisti costruttori senza scrupoli; la stessa Amministrazione non si è mai preoccupata di difendere dalle colate di cemento le poche aree del capoluogo rimaste libere (non si dimentichi che Cagliari ha una superficie molto limitata che non le consente più grandi espansioni).
Laddove non è stato possibile o conveniente intervenire sulle superfici ancora libere, si è costruito su aree già edificate o protette. Il caso più clamoroso riguarda Tuvixeddu, uno dei più importanti contesti funerari del mondo antico e testimonianza della Cagliari punica e romana. Il colle ancora oggi è sotto la minaccia del cemento: non solo in quell’area sono stati costruiti in tutta fretta orribili edifici ma rimane ancora in piedi il progetto del viadotto che dovrebbe collegare il colle alla zona dello stagno di Santa Gilla.
È sin troppo facile elencare le inadempienze o le scelte sconsiderate di amministratori o funzionari; fra le tante non si possono tacere gli assalti contro il verde pubblico dove l’abbattimento degli alberi è stato un esercizio fra i più frequenti, finalizzato alla costruzione di nuovi parcheggi o di nuovi percorsi stradali.
Insomma, esaminando i vari interventi collegati all’edilizia, sia che riguardino le opere pubbliche o le iniziative realizzate da privati, emergono come costanti due finalità: l’uso spregiudicato del territorio per scopi speculativi e la dipendenza da una concezione della città fondata sempre più sull’uso del mezzo di trasporto privato.
Ma i problemi di Cagliari non finiscono qui; sono assai importanti, direi non più rinviabili, anche quelli che riguardano l’inadeguatezza dei servizi ai cittadini, il degrado di tante abitazioni, la mancanza di lavoro che diventa sempre più raro e rende precarie le condizioni di vita di tante famiglie. La lista è naturalmente lunga ed è difficile analizzare l’insieme delle questioni in una sola volta. Per questa ragione il manifesto sardo si impegna ad approfondirle nei prossimi numeri del quindicinale.
Ciò che mi sembra importante sottolineare adesso è che qualsiasi proposta del centro sinistra dovrà rispondere ad una duplice esigenza: indicare un’ipotesi di organizzazione della città che segni una discontinuità rispetto al passato e designare un candidato espressione del proprio elettorato.