Veri finlandesi

16 Giugno 2011

Manuela Scroccu

Mohamed e sua sorella Karima vivono in Finlandia, la terra dei boschi e dei laghi, dei Lapponi, di Babbo Natale e dal primo giugno i loro documenti d’identità e il passaporto saranno marroni, intonati alla loro pelle ambrata. Anche Annika vive in Finlandia, lei però c’è nata e come lei ci sono nati i suoi genitori e i suoi nonni e i nonni dei suoi nonni. I suoi documenti, invece, saranno blu come i suoi occhi di ragazza “nordica” perché lei è una “vera finlandese”.
La bella pensata del governo di Helsinki che ha deciso di contrassegnare con un colore diverso i documenti d’identità e il passaporto degli immigrati non ha fatto neppure tanto scalpore, una notizia come tante, persa tra i risultati delle ultime elezioni amministrative italiane e i nostri “piccoli problemi di leadership”. I giornali nostrani hanno registrato soltanto l’indignazione di qualche oscuro rappresentante della burocrazia europea, membro di quelle commissioni dai nomi altisonanti inversamente proporzionali all’effettività del loro potere e che, infatti, si sono affrettate a spiegare che Bruxelles non ha la competenza per interferire sulle regole e i requisiti formali dei documenti d’identità e passaporti nazionali. L’Europa starà a guardare, come sempre.
In fondo, questa stessa Europa sta già assistendo impassibile alla trasformazione del mar Mediterraneo in un enorme cimitero mentre il governo italiano costruisce nell’indifferenza generale centri d’identificazione segreti come quello di Palazzo San Gervasio in Basilicata – rendiamo sempre grazie alle coraggiose inchieste dell’Espresso e ai telefonini cellulari con la videocamera incorporata – in cui degli esseri umani vengono tenuti rinchiusi come polli in gabbia.
Che cosa volete che sia, al confronto, questo innocuo provvedimento amministrativo che rappresenta soltanto, come ha ricordato il responsabile del Distretto di polizia nazionale finlandese, “una semplice misura per agevolare il lavoro delle guardie di frontiera”? Nient’altro che un simbolo di riconoscimento, solamente burocrazia. Il suono di queste parole suona come un sinistro dejà vu e sembra riportarci a un oscuro passato, non troppo remoto, in cui “innocui segni di riconoscimento” hanno dato origine all’orrore.
Non hanno avuto bisogno neppure di vincere i membri del nuovo partito nazionalista e antieuropeista dei “Perussuomalaiset”. La parola significa, appunto, “veri finlandesi”. Come Annika, e come i suoi concittadini che cominciano a percepire l’immigrazione come una forza destabilizzatrice del sistema del welfare e del profilo etno-culturale del paese. Bravi finlandesi che hanno votato numerosi per gli eredi del Partito rurale, e per quel Timo Soini che già nel 2009 mieteva consensi ed elettori alle elezioni per il Parlamento Europeo. E’ stato sufficiente, se così si può dire, diventare il terzo partito della Finlandia, con il 19% dei suffragi, ed ecco che il governo si è piegato al vento favorevole, inscenando il subdolo tentativo di legalizzare l’identificazione etnica.
Inutili allarmismi? Forse, ma quasi dovunque in Europa assistiamo a una forte avanzata dei movimenti di estrema destra, xenofobi e fortemente antieuropeisti, come i Geert Wilders in Olanda e i Demokraterna (Democratici) della Svezia. Sono formazioni in grado di conquistare la simpatia dell’elettorato, insinuandosi subdolamente nei meandri del malcontento sociale, cavalcando la paura dell’immigrazione (incarnata, da ultimo, dalle migliaia di disperati in fuga dalla morte e dalla disperazione dei regimi nordafricani) e lo spettro della crisi. Si nutrono dell’ostilità crescente verso l’Unione Europea, percepita come un organismo burocratico sovranazionale che succhia come un parassita le risorse degli stati membri più virtuosi per mantenere i debiti di quelli “spreconi”, come la Grecia e il Portogallo.
Il vento nero sta soffiando ormai da tempo attraverso la Danimarca e la Svezia, la Finlandia e il Belgio, l’Olanda e la Francia, dove aleggia l’ombra di Marine Le Pen, candidata all’Eliseo con il fronte nazionale d’estrema destra, per arrivare ai pericolosissimi movimenti xenofobi dell’Europa orientale, la cui violenza si scatena soprattutto, e nuovamente, contro i rom.
L’Unione Europea, da par suo, non è certo in buona salute: la crisi economica, il default della Grecia, il mancato raggiungimento di una vera unità politica tra gli stati membri ne hanno minato le fondamenta.
La cittadinanza europea ha assunto i contorni di un’utopia irraggiungibile, e ormai neanche troppo auspicabile, soffocata dall’Europa delle banche, dagli interessi finanziari e da una burocrazia che appare come lontana e incomprensibile. Così il continente torna a popolarsi di veri finlandesi, veri italiani, veri francesi, veri svedesi, veri olandesi. Piccole patrie per piccoli uomini, così impegnati ad alzare steccati per proteggersi dalle “orde d’invasori”, da non accorgersi di essere diventati incapaci di affrontare le sfide di una società sempre più complessa. Così diversi dai quei grandi uomini che nel 1941, esattamente settant’anni fa, in un’Europa squassata dalla guerra e da feroci dittature, scrissero nell’esilio di Ventotene queste parole: “Un’Europa libera e unita è premessa necessaria del potenziamento della civiltà moderna, di cui l’era totalitaria rappresenta un arresto”.

2 Commenti a “Veri finlandesi”

  1. Giulio Cherchi scrive:

    Aggiungo al bell’articolo di Manuela che le sue considerazioni sono confermate da ciò che succede in Ungheria, dove le teorie di Berlusconi e Bossi, su immigrazione e tv, trovano applicazione.
    D’altronde le croci frecciate ammiravano Mussolini…

  2. Eva Carriego scrive:

    Grazie, Manuela, per fare vera informazione. Questa notizia sarebbe passata, come dire?, in cavalleria.

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