Landini e Santoro

16 Giugno 2011

Loris Campetti*

Che cosa unisce un operaio di Pomigliano a un tipo come Vauro? Il paragone può far saltare sulla sedia, eppure una risposta è possibile: la dignità del lavoro che svolgono. Il riconoscimento e la valorizzazione del lavoro hanno molti nemici. La tuta blu deve fare i conti con l’attacco ai diritti scatenato da Marchionne e fatto proprio da Confindustria, Fim, Uilm e dalla politica quasi in toto, tutti pronti a sostenere che in cambio di un ipotetico futuro lavorativo l’operaio può ben rinunciare a scioperare, ammalarsi, eleggere i suoi delegati, rivendicare il contratto nazionale e giudicarne la qualità con un voto. Vauro invece deve aspettare la fine della stagione di Anno Zero per avere il suo contratto, dopo essersi chiesto ogni venerdì se il giovedì successivo sarebbe andato in onda, o se invece il direttore generale di turno avrebbe deciso di chiudere il programma perché non rispondente agli interessi dell’azionista di riferimento a cui la compagnia di Santoro rovina il bunga bunga. Il suo lavoro, come quello dell’operaio Pautasso, è disprezzato dal padrone. La condizione dominante di precarietà è diventata un elemento socialmente e culturalmente unificante, reddito a parte.
Per questo Maurizio Landini e Michele Santoro si trovano insieme in una battaglia per i diritti, la democrazia, la libertà. Per questo al titolo delle festa nazionale della Fiom «Signori, entra il lavoro» si affianca quello dello spettacolo santoriano di venerdì 17 «Tutti in piedi». In piedi come i cittadini che da mesi rivendicano una diversa politica; come le donne stanche di come vengono rappresentate e trattate e come gli operai della Fiom che per primi hanno lanciato un segnale di dignità rompendo il muro di silenzio e omertà che per troppo tempo li ha sbianchettati; in piedi come gli studenti e i precari, come gli attivisti dei movimenti per la tutela dei beni comuni e dell’ambiente. Quelli che in massa hanno cambiato volto alle città per poi mettere i beni comuni al di sopra del profitto privato. La dignità del lavoro e la dignità delle persone vanno di pari passo; con l’elettore che ritira la delega a una casta politica impresentabile e prova a riprendersi in mano il destino. Con l’abbonato Rai, stanco di finanziare un’azienda guidata da chi confonde l’aspirapolvere con la televisione.
Todo cambia, cantava Mercedes Sosa. Solo il ceto politico e il sistema televisivo non se ne accorgono, impegnati come sono a difendere privilegi scambiati con la rinuncia alla dignità. Degli operai della Fiom, il cui consenso cresce dentro e fuori le fabbriche, dicono che sono isolati e tentano di toglier loro voce e rappresentanza. Di Santoro che fa il pieno di audience e pubblicità e racconta un’Italia che la casta non vuol vedere dicono anche di peggio, e infine se ne liberano. Credono di liberarsi di Santoro e di Landini, di Pautasso e di Vauro, dei comitati per l’acqua e degli studenti, per poter tornare al loro solito tran-tran. Credono.

* il manifesto, 15 giugno 2011, p. 7

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