Che si fa?
1 Settembre 2011Bachisio Bachis
Nonostante l’arrivo dell’estate, la nuova, forte repressione poliziesca e l’invasione di Madrid da parte della gioventù papista, il movimento degli indignados spagnoli non accenna a ridurre l’intensità delle proprie rivendicazioni. La vitalità del movimento si esprime con iniziative puntuali e diffuse, che dai punti simbolici degli accampamenti iniziali sono andate espandendosi nei territori urbani, articolandosi in numerose assemblee di quartiere che spesso rappresentano il punto di incontro tra le istanze del movimento e i luoghi di militanza preesistenti.
A Madrid sono stati numerosi ed efficaci i vari interventi per bloccare sfratti forzosi da parte dell’autorità giudiziaria. A fine Giugno, nel quartiere popolare di Lavapiés, una iniziativa popolare spontanea ha impedito una retata messa in atto dalla polizia col metodo dei “controlli razzisti”: cioè bloccando e identificando passanti in base a criteri razziali, con il supposto obiettivo di scovare ed espellere la popolazione non documentata.
L’undici giugno nutrite manifestazioni accoglievano i nuovi eletti nelle amministrazioni locali di varie città, tra cui Valencia e Madrid; il 15 era il turno del Parlament catalano, che reagiva alle proteste con brutali agressioni poliziesche. La risposta del movimento alla nuova ondata repressiva, che i mezzi di comunicazione più solerti traducevano criminalizzando le manifestazioni e denunciandone la violenza (i telegiornali utilizzavano però filmati delle proteste greche…), è stata una manifestazione pacifica e moltitudinaria, che il 19 giugno ha invaso le strade delle principali città in opposizione al Patto di stabilità europeo.
Provenienti da 20 punti diversi della penisola iberica, le marchas indignadas hanno nuovamente occupato la Puerta del Sol madrilena nel fine settimana dal 22 al 24 luglio. Il 23 luglio, partendo da 6 punti periferici della città, i cortei sono di nuovo confluiti nella simbolica piazza, al grido di NON È LA CRISI, È IL SISTEMA, ingrossando lungo il cammino il numero dei partecipanti, in un clima pacifico e festivo. Il 24, a tarda sera, un gruppo numeroso di manifestanti che ancora si trovava nella Puerta del Sol, si muoveva spontaneamente verso “las cortes”, il vicino parlamento. Una doppia fila di transenne presidiata dalla polizia impediva l’accesso, e l’iniziativa si esauriva con un improvvisato accampamento sul posto, durato tutta la notte, tra un’assemblea e l’altra.
La notte del 7 agosto, all’ingresso del CIE (Centro di internamento per stranieri) di Malaga, circa 50 militanti che protestavano per l’ennesima detenzione finalizzata alla deportazione, venivano caricati dalla polizia, che provocava almeno 4 feriti.
In preparazione della Giornata mondiale della gioventù cattolica, lo scorso 2 agosto la polizia “ripuliva” a modo suo la Puerta del sol, sgomberando dalla piazza ciò che restava dell’accampamento di maggio, punto di informazione compreso. Contrariamente alle attese quella stessa sera centinaia di persone si ritrovavano sul posto. Per un po’ di tempo i manifestanti sono rimasti a protestare davanti al cordone poliziesco che impediva l’accesso alla piazza. Coscienti delle scarse possibilità di riconquistare il territorio perduto, con una iniziativa rapida e spiazzante gli indignados si spostano: prima a Callao, poi sulla Gran Vía, la calle Alcalá, il Paseo del Prado, Atocha. Per finire con una assemblea moltitudinaria nella Plaza Mayor, a mezzanotte.
Non c’è stato lo scontro con la polizia: rimane il conflitto, si diffonde fisicamente e simbolicamente per tutta la città.
Ritorna alla Puerta del sol la sera del 17 agosto, con una manifestazione (autorizzata) per lo stato laico, contro la spesa pubblica che foraggia la visita del papa e dei suoi giovani accoliti. I giovani cattolici fanno barriera, impediscono l’accesso alla piazza; la polizia mette a disposizione le sue competenze, i suoi saperi. Carica e cerca di disperdere la manifestazione, finché ci riesce e vuota la piazza, incassando 8 arresti e 11 feriti. Ma l’indomani il movimento è di nuovo in piazza. “Questa non è la gioventù del papa”, è lo slogan chiarificatore.
È difficile definire questo movimento, i cui limiti e contraddizioni sono ancora quelli indicati da Mauro Piredda sul Manifesto Sardo del 1 giugno .
“Io non riesco a fare nessuna previsione: so che tutto quello che posso dire o segue vecchi schemi o è campato per aria” scriveva Calvino descrivendo “i giorni bellissimi della Sorbona occupata”. La sensazione che abbiamo di fronte agli indignados, alla loro allergia identitaria, alla rinuncia alle belle bandiere che hanno colorato la nostra piccola o grande esperienza militante, è la stessa.
Amador Fernández-Savater, uno dei più attenti ed acuti osservatori interni del movimento, lo descrive in modo suggestivo dalle colonne del quotidiano Público, nel suo blog Fuera de lugar: “Qualcosa di invulnerabile, intangibile, senza fronte né retroguardia… Senza comando, né quartier generale, né identità finita (antisistema, sinistra…). Niente che si possa catturare, smantellare, occupare, segnalare. Come dice Anonymous nei suoi comunicati, siamo tutti e stiamo dovunque” (http://blogs.publico.es/fueradelugar/).
Pur senza l’epica postmoderna dei suoi cantori, questo è un movimento che dialoga con la storia, cerca di reinventare la pratica politica con una lingua propria, anche quando le proposte ricordano il Pierre Menard di Borges, riscrivendo ciò che già è scritto.
La domanda che pone alla politica istituita, a partiti e sindacati al tramonto, ridotti in difesa da un capitalismo moribondo ma onnivoro, è ancora, sempre, la stessa: che fare?