Sassari, una serata in poltrona
Fabrizio Bottini
Fabrizio Bottini ci ha inviato un commento sulla giornata del 21 gennaio organizzata a Sassari dal Centro Studi Urbani della Facoltà di Scienze Politiche (Università degli Studi di Sassari), sintesi di un suo più ampio resoconto pubblicato su Eddyburg.
Quelli che danno la colpa di tutto a un fantomatico assemblearismo anni ’70 ci saranno rimasti davvero male, davanti allo spettacolo dell’Aula Magna dell’Università di Sassari, gremita di studenti e cittadini richiamati da un manifesto sospettamente rosso che invitava a discutere su “Mappe della Sardegna – Quali paesaggi per quali abitanti”. Certo si aspettava l’arrivo di Renato Soru ad ascoltare, interloquire, rispondere a domande ovvie e meno ovvie: come crescere, quale modello dare allo sviluppo regionale, con quali cautele per la società, l’ambiente, il rapporto fra tradizione e innovazione?
Ci saranno rimasti, i patiti della mediaticità televisiva, perché non c’era niente di noioso, fumoso, arruffatamente ideologico già nelle prime battute del piccolo evento. L’aula traboccante ha assistito attenta al film degli studenti di Sociologia Urbana, sul tema dell’uomo come centro del paesaggio.
E poi ha sorriso davanti alle immagini tremolanti, presentate con un efficace dialogo da Sante Maurizi, della visita dei reali Umberto I e Margherita di Savoia a Sassari nel 1899! La regina omonima della pizza giudicò allora la Sardegna “pittoresca”, insomma luogo di vago disordine, gradevole da contemplare quanto piuttosto spiacevole da vivere e subire nel quotidiano. Anticipando così una certa idea ancora viva: da un lato arcadia sempre uguale a sé stessa, dall’altro, trasformazione per fratture unica uscita dallo stato di cose presente.
Ma, si chiedevano studenti e cittadini: è possibile terza via? Non ha potuto rispondere direttamente Soru, trattenuto improvvisamente a Cagliari. Ma se ne sono andati in pochi quando la coordinatrice Antonietta Mazzette ha dato l’annuncio, ed è entrato nel vivo il dibattito, moderato da Giacomo Mameli. E la discussione si è sviluppata subito vivacissima a partire sia dagli spunti diretti dei filmati, sia dai contributi di studenti e cittadini, tracciando “mappe” cangianti quanto convergenti di aspettative, contraddizioni. Andarsene o restare, e a fare cosa? Conservare o trasformare, e in che modi?
Si dispiegava così, curiosamente ma non più di tanto, un tangibile e positivo revival dei virtuosi processi di “università & territorio”, in cui si intrecciavano le domande scientifico-esistenziali degli studenti di discipline sociali, e i vari rappresentanti di interessi, gruppi, prospettive. Forse, l’assenza di Soru si è fatta sentire soprattutto per la mancanza di un canale mediatico privilegiato, in grado di amplificare il valore dell’evento. Come la testimonianza di un coltivatore che vorrebbe crescere, fare “sviluppo”, ma è impedito dall’unico tipo di “sviluppo” sinora consentito, dei villaggi che si mangiano il territorio.
Nella mitologia dell’odiato assemblearismo, c’è un aneddoto in cui un gruppo di studenti sta discutendo di massimi sistemi, quando un tipo mal messo prende la parola: “Voi parlate e parlate. Ma io stasera non so dove andare a dormire”. Beh, bastava ascoltare quell’intervento dell’agricoltore frustrato, e le reazioni, per capire che l’acqua non è passata invano sotto ai ponti. Nell’Università, e anche fuori. Per chi vuole accorgersene, naturalmente.