A Sassari crescono i figli del clima
1 Marzo 2019[Paola Pilisio]
Anche a Sassari crescono i figli del clima, i giovani, giovanissimi studenti delle superiori che aderiscono all’appello lanciato dalla quindicenne svedese Greta Thunberg alla Cop 24 di Katowice (“Salviamo il pianeta dal riscaldamento globale”). Si sono presentati alla città venerdì scorso, annunciando che il 15 marzo porteranno in piazza la bandiera del Fridays For Future, il movimento globale di lotta al modello di sviluppo che sta spingendo il mondo sull’orlo del baratro.
Individuano con chiarezza un interlocutore: “La politica deve prendersi le sue responsabilità, invece temporeggia consapevolmente, ignorando il problema”. E non è un caso che abbiano scelto un luogo di diffusione del sapere – una libreria al centro di Sassari – per l’esordio: “Per evitare la catastrofe, bisogna ascoltare gli scienziati”, affermano con la sicurezza di chi ha studiato. La loro battaglia ha un respiro globale, perché sanno che il problema e la sua soluzione, l’azzeramento delle emissioni inquinanti, sono identici ovunque. Ma le radici di questo nascituro movimento sembrano ben ancorate alla Sardegna, come dimostra l’accento posto dai ragazzi sui Siti d’Interesse Nazionale per Bonifica (S.I.N.) sardi mai bonificati e sull’impatto ambientale della grande industria presente sull’Isola.
Think global, act local: questo sembrano dirci i nostri figli, riproponendoci un messaggio a noi familiare, riannodando il filo di un discorso che forse noi adulti non abbiamo saputo seguire fino in fondo. Il 15 marzo sciopereranno per il clima le scuole di 40 paesi del mondo. Numeri impressionanti, che hanno un eco social su Instagram, il medium della nuova generazione. Le pagine dei Fridays For Future hanno tutte lo stesso logo verde a cui è associato il nome della città. È qui che ci si scambia input e feedback col resto del mondo: ecco i discorsi che Greta ha tenuto al Parlamento Europeo, a Davos, le immagini dei sit.in in Svezia e cortei colorati che ogni venerdì, con striscioni di cartone dipinti a mano, invadono le città d’Europa.
Unirsi a questo movimento è semplice, nel sito di FFF_Italy si trovano tutte le indicazioni per aprire la pagina, scaricare il materiale per la protesta, tanta didattica sul global warming e i consigli su come iniziare l’azione in quattro mosse: apri la pagina, fai l’evento, invita più persone possibili e ogni venerdì recati davanti al comune della tua città, apri gli striscioni e protesta. Anche a Sassari, la prima città sarda ad aver aderito, hanno iniziato in questo modo. Il primo giorno erano due compagni di classe di un liceo cittadino, ora hanno più di 700 seguaci, terza pagina più seguita in Italia, solo dopo Roma e Milano, più avanti di poche centinaia di like. I figli del clima, dunque, crescono anche a Sassari, l’augurio che ci facciamo è che Sassari sappia crescerli.
Per incominciare, il debutto pubblico dei FFF del Capo di Sopra non è andato male: c’erano più di 70 persone. Purtroppo, molti ragazzi sono rimasti fuori per problemi di spazio: forse nessuno pensava che questo piccolo evento cittadino avrebbe richiamato così tanto interesse. La maggior parte erano tutti studenti, pochi adulti, ma molto interessati e commossi dal lodevole impegno. Lo stile era quello di una conferenza stampa durante la quale il gruppo fondatore, una decina di ragazzi e ragazze, ha parlato al pubblico. Questi giovanissimi hanno, innanzitutto, dimostrato di aver studiato, andando oltre
le istruzioni di base che il sito FFF Italy invita a seguire. Marco 16 anni terza liceo ha voluto sfatare il mito dell’Isola bella e incontaminata, snocciolando i dati relativi agli ettari dei S.I.N. (Siti d’Interesse Nazionale per le bonifiche) presenti nel sassarese e nel Sulcis-Iglesiente e citando alcuni dei punti critici sul piano ambientale presenti in Sardegna: la Saras della famiglia Moratti, le centrali a carbone di Fiume Santo e Portovesme, l’inceneritore di Tossilo, la centrale termoelettrica di Versalis a Porto Torres, la cui area industriale è stata equiparata alla Terra dei Fuochi per via dei rifiuti sotterrati fin dagli anni ’60.
Lorenzo 16 anni terza liceo, ci ha tenuto a precisare che questo movimento non può e non deve fermarsi il 15 marzo, data che segnerà l’inizio del cambiamento. “Noi siamo una fibra di un grande muscolo, di un grande sistema che ha un interlocutore, ovvero la classe politica che è quella che deve dare dall’alto le direttive per una buona società ed è a loro che noi chiediamo di risolverla come qualsiasi altra crisi con allarmismo e imperattività. Perché quando arriverà spazzerà via tutto, chi scenderà in piazza e chi resterà a casa, ambientalisti e non, ragazzi e adulti.” Sempre Lorenzo riprendendo i dati della Sardegna esposti da Marco, ha spiegato che il cambiamento climatico, ci appare come una cosa astratta e che la Sardegna in qualche modo non ne faccia parte, come fosse qualcosa di periferico o di limitrofo, “ma noi facciamo parte di questo mondo, con le problematiche e le sfide che hanno tutti. Chi ha inquinato la Sardegna ha nomi e cognomi e continua a speculare sulla pelle dei sardi, guadagnandoci pure. La politica deve prendersi le sue responsabilità”.
Questa la cronaca degli interventi: non c’è che dire, chi ha l’intenzione di sensibilizzare i ragazzi alle ragioni dell’industria, presentando le aree industriali della Sardegna come dei luoghi salubri e pressoché incontaminati o descrivendo il metano come un combustibile innocuo, potrebbe cascar male. Anche perché questi ragazzi, più che basarsi su pregiudizi pregressi, sviluppano le loro tesi su solide evidenze scientifiche.
A fine serata i presenti hanno dato il loro numero di telefono per essere inseriti nel gruppo WhatsApp che ormai conta quasi 100 membri. Tutti hanno chiesto come possono essere utili, come sentirsi parte di questo cambiamento. Servono persone per fare striscioni, la domenica si va nella spiaggia di Platamona a raccogliere rifiuti e specialmente bisogna studiare. I ragazzi ci hanno tenuto a precisare che durante l’incontro organizzativo in vista dello sciopero del 15 marzo, distribuiranno ai nuovi aderenti, le informazioni per arrivare preparati. “Fanno di più tre persone informate sui social che 100 ignoranti in piazza” e loro ci tengono a far sapere che sanno quello che fanno e quello che vogliono.
Certo è che il filosofo ecologista Timothy Morton quando ha coniato la parola iperoggetto riferita ai cambiamenti climatici, definendola una caratteristica che esiste su dimensioni spazio-temporali troppo grandi perché possa essere vista o percepita in maniera diretta, non aveva idea dell’onda di percezione che Greta Thunberg avrebbe provocato. E’ sicuro che i primi a non percepire questi cambiamenti sono proprio i governi, altrimenti non si capisce perché continuino a temporeggiare propinando alle popolazioni con interminabili transizioni energetiche che passano ancora per l’uso dei combustibili fossili.
La transizione, quella vera di cui abbiamo bisogno, sta attraversando una nuova fase di elaborazione e lotta. Nuovi contenuti e nuova identità che meritano considerazione, in questo sta la trasformazione. Le transizioni liberano nuove energie e indietro non si torna. Davanti c’è un nuovo stile collettivo. Fatto di teoria che diventa azione e pratica che crea discorso. E allora che altri cento Fridays For Future sboccino.