Accordi contro natura
1 Novembre 2008
Marcello Madau
La Giunta Soru, nata con una nuova e inedita attenzione a paesaggio e conoscenza, sta concludendo la sua vicenda con una lacerante divisione della maggioranza proprio sul piano paesaggistico regionale. In un rapporto inizio-fine fortemente simbolico c’è anche il rischio di portare a casa una creatura snaturata. Il problema del ‘vecchio che avanza’ non è solo nel PD, ma si cristallizza alla sua sinistra in pezzi di Sinistra Democratica ed ex-Rifondazione Comunista/ex-Sinistra Autonomista, pronti ad alleanze con la parte antisoriana del Partito Democratico. Neppure è facile trovare volti nuovi negli alleati di Renato Soru, il cui smalto ambientale sembra appannato.
Quella che qualcuno interpreta solo come una resa dei conti con la vecchia classe politica, pronta ad unirsi in maniera trasversale a favore dei diritti comunali delle cubature e delle autorizzazioni edilizie, è uno scontro assai interessante fra due modelli capitalistici, che esprime il tentativo del modello new-net economy (reti mediali avanzate + tempo libero basato sul bello e sul tipico) di prevalere su quello più arcaico ma tenace della tradizionale economia speculativa. Peccato che la tutela di beni culturali e paesaggistici appaia una subordinata, proprio mentre il governo nazionale conduce contro di essa un attacco decisivo. Sottovalutazione rozza, perché una tutela forte garantisce, nella stessa economia della cultura e dell’ambiente, la forza e la lunga durata del valore dei ‘beni’.
La discussione sul Piano Paesaggistico Regionale, must originariamente distintivo a livello nazionale dell’esperienza Soru, rischia quindi di portare paradossalmente verso un indebolimento della tutela delle coste e delle zone interne. Sanare questa debolezza è un obiettivo politico e programmatico importante.
Restano certamente gli artt. 136 e seguenti del Codice dei beni culturali e del paesaggio, ma non sarà agevole richiamarsi ad essi (anche per possibili letture non univoche) se competenze e istituzioni dello Stato verranno progressivamente ridimensionate.
Il dato politico, preoccupante per la tutela del patrimonio culturale e paesaggistico della Sardegna, non è tanto e solo il passaggio di competenze dallo Stato alla Regione – che non sarebbe negativo in una forte presenza di norme e istituzioni nazionali e con l’aumento concorrente della possibilità di vincolo – quanto piuttosto che le competenze, nel passaggio di mano, si perdano proprio. E’ all’interno di tale quadro che si inserisce la strategia del disegno di legge Lupi (quello che non perde il vizio), che porta a norma la regola del silenzio-assenso e nella pianificazione urbanistica il meccanismo dell’accordo di programma, volta per volta determinandola dagli interessi locali (quelli forti) non a caso enfatizzati strumentalmente in sede di discussione del PPR. Se vi sarà un legame fra questi aspetti licantropici e le norme del piano paesaggistico in discussione (il silenzio-assenso è una di esse), l’accordo di programma sperimentato a Tuvixeddu potrebbe diventare modello, prassi comune e non eccezione. D’altronde, chi ha oggi il coraggio di parlare di Tuvixeddu, su cui abbiamo condotto con Eddyburg l’appoggio di migliaia di persone in tutta Italia, come uno degli ambiti da tutelare proprio con il PPR? Quasi nessuno, perché quasi nessuno si è opposto alla ridicola commissione d’inchiesta promossa da Floris.
I tagli del governo Berlusconi – anche questi modulati su tre anni – sono pesanti. Il depotenziamento degli organi periferici della tutela (ricordo l’accorpamento delle soprintendenze sarde) appare evidente, la dequalificazione del quadro dirigente assai seria, e percepibile da ultimo nelle tipologie dei concorsi nazionali e nelle relative graduatorie. Infine, l’idea –almeno parzialmente bipartisan – di affidare i circuiti della gestione e della valorizzazione a potenti Fondazioni e Associazioni (si veda l’enfatizzazione da parte di Bondi di Civita e Federculture): è la coerente logica di Tremonti che guida Gelmini e Bondi per condurre l’insieme del sistema della Conoscenza verso l’abbandono del suo profilo pubblico, sia per il mondo universitario che per il patrimonio culturale e paesaggistico.
In questo processo non si mancherà probabilmente di indebolire la tutela di Stato e le sue rappresentanze, pure con i trasferimenti di quelle più autonome e meno addomesticabili. Se ad esempio il Ministero sposterà dalla Sardegna come si mormora da più parti, anche artatamente, un funzionario come l’attuale Direttore Regionale Elio Garzillo, noto per la sua intransigenza e la sua difesa integrale di Tuvixeddu, ne potremo cogliere perfettamente la logica.
Come sviluppare in un programma progressista queste osservazioni? Rilanciando la valorizzazione del territorio, acquisendo strumenti forti di autogoverno a patto che non venga indebolito il quadro della tutela nazionale. Su questo il silenzio della Regione non ci è piaciuto: eppure non è difficile immaginare i rischi di un governo di destra che utilizzi una piena competenza con deboli norme e ruoli nazionali su cultura e paesaggio.
Ma la sinistra, anche nella sua attuale azione di governo, dovrà riconquistare un quadro sociale di riferimento, costruendo alleanze reali.
Ad affascinanti parole a favore di ambiente e conoscenza non hanno fatto seguito azioni incisive di animazione e rappresentanza del lavoro cognitivo sardo e del suo potenziale. Il ‘bello’ e il culturale sono stati troppo spesso sviluppati cercando i ‘grandi esecutori’, in una prassi che all’antichista ricordano le logiche, talora pur portatrici di pregevoli realizzazioni, delle tirannidi arcaiche. La gestione difficile della vertenza musei e aree archeologiche, i cui gruppi rischiano di essere schiacciati dal ‘piano triennale’, lo sta a dimostrare. Non puntare con decisione sul lavoro cognitivo esistente, pur nella sua necessaria riqualificazione e razionalizzazione, ha rappresentato un punto di debolezza nell’azione della Giunta, indebolendo un possibile sostegno di tale blocco sociale. L’alleanza con il mondo del lavoro cognitivo sardo e la sua valorizzazione è tutta da recuperare: essa può peraltro garantire, territorio per territorio, una tutela attiva ancora più preziosa nell’indebolimento di quella istituzionale.