Ad Maiora, Nereide. Breve storia di un incontro mancato
1 Febbraio 2017M.Tiziana Putzolu
Breve storia di una non conoscenza. Apprendo della morte della Professoressa Nereide Rudas da un messaggio sul mio cellulare, al rientro dal lavoro. Non so se hai saputo, mi scrivono. E’ di una amica che sa che la dovevo incontrare, a breve, e che a quell’appuntamento tenevo molto.
Chiedo notizie più certe, che mi giungono immediate. Sono qua vicino a lei, dice l’altra amica. Purtroppo la notizia è vera. Pur essendo una donna intellettualmente molto vitale, la sua uscita di scena era un fatto umano prevedibile.
Non ho fatto in tempo a conoscerla di persona, dunque, anche se in un certo senso era come se ci fossimo conosciute, come dirò oltre.
Avevo scritto di lei il giorno di Capodanno appena trascorso. Un articolo uscito sulla rivista on line Sardegna Soprattutto, che avevo voluto dedicarle, e dal titolo augurante Senza Scadenza. Buon futuro Nereide Rudas. Le considerazioni che facevo su di lei, in quel breve scritto, erano metaforicamente più di tutto rivolte a noi, spesso incapaci di vedere il futuro. Lei, invece, nonostante l’età, il futuro lo vedeva. Forse attraverso gli occhi degli altri. Sperava in una società futura meno androcentrica e che parlasse con voce di donna.
L’avevo osservata a lungo e con attenzione durante il suo intervento, conclusivo, alla presentazione dell’ultimo lavoro di ricerca sul muliericidio, condotto con Sabrina Perra e Giuseppe Puggioni, dal titolo emblematico Donne morte senza riposo. Un’indagine sul muliericidio (AM&D Edizioni). Un termine, muliericidio, a lungo meditato per confutare e con l’intento di sostituire il più usato femminicidio, il quale tende a mettere in risalto la natura animale più che quella umana delle donne (dal vocabolario infatti, più precisamente, per femmina si intende ‘essere umano o animale in grado di essere fecondata e generare, partorendo figli).
In quella occasione, poiché non era stato possibile incontrarsi prima per via dei molti impegni della Professoressa, avrei potuto conoscerla. Ma alla fine del Convegno una moltitudine di persone le si era fatta intorno, per autografare il libro o solo per salutarla. Così, rivoltami alla nostra comune amica, avevo desistito. Si era deciso di rimandare ad un’altra volta. Faremo con più calma.
L’ultimo lavoro di Nereide Rudas, Sabrina Perra e Giuseppe Puggioni è un libro bellissimo. Scriveva tutto a mano, mi riferiscono, in minuscoli foglietti che poi venivano trascritti dagli altri autori. L’argomento amore, nel libro, mai viene trattato. Il muliericidio non è conseguenza di un amore malato, come purtroppo spesso si dice, poiché con l’amore non ha nulla a che vedere. E’ un reato, specifico, di un uomo contro una donna. E’ un reato di prossimità o domestico, commesso da un uomo conosciuto, come esito di una lunga sequenza di violenze.
Nel libro ogni argomento trattato in relazione ai diversi profili che costruiscono le interazioni che sfociano, dirigono verso il muliericidio, analizzato dal punto di vista scientifico proprio della sua disciplina, è accompagnato da una storia. Così le storie di violenze non ancora divenute muliericidi sono in realtà le storie di quelle donne che ce l’hanno fatta. Da leggere ad alta voce. Come monito. Come autoanalisi.
I ‘quasi’ muliericidi, quelli delle ferite interiori, sono le storie di Federica (sui processi di vittimizzazione), di Sofia (sulla perdità di identità), di Giuditta (sulla misoginia e la dominante cultura androcentrica), di Lucia (sulla paura), di Anna (l’essere nella vergogna), di Angelina (il vivere nella il-libertà). Una scelta, quella delle biografie, che è un tratto caratteristico della sua generosa scrittura. E’ il modello sperimentato nel libro Storie senza (Carocci, 2001), nel quale si staglia la sua figura che appare spesso trasfigurata tra le tante donne senza che vi descrive, confondendosi con loro, tra le sue perle ed i suoi sogni.
… e di un appuntamento mancato.
Ammetto di essere stata molto soddisfatta, quando l’amica Sabrina Perra a metà novembre mi ha messo in mano una copia del libro Donne morte senza riposo, prelevandolo dalla scatola della tipografia. Finalmente! le ho detto. Diversi anni di faticoso e meticoloso lavoro di ricerca erano trascorsi.
L’ho aperto subito con curiosità. Uno sguardo all’indice ed uno successivo, veloce, alla bibliografia.
Ho ripreso in mano il volume a casa. Era tardi. Ho iniziato a leggerlo.
Dopo le prime venti pagine e prima di richiuderlo con un segnalibro che, per curiosa coincidenza, porta scritto Le Sognatrici e raffigura donne con stilizzati costumi sardi, sono andata a curiosare i sintetici profili degli autori, in fondo al libro. Solo in quel frangente mi sono accorta che nella stessa pagina, in alto, vi era un ringraziamento rivolto a me, come Consigliera di Parità, per aver innescato l’avvio del lavoro di ricerca che ritenevo assolutamente necessario, qualche anno prima, e ne avevo ripetutamente incalzato, successivamente, la conclusione.
Vi ho scorto un ringraziamento non rituale, molto accorato, gentile e troppo umile. Ero molto spiazzata.
Ho scritto subito un messaggio a Sabrina Perra. Non c’era bisogno, assolutamente. E’ esagerato, per me, addirittura imbarazzante. L’ha voluto Nereide, mi ha risposto. Lei dice che bisogna sempre ringraziare.
Volerla incontrare, a quel punto, è stata la naturale conseguenza. Il prima possibile. Ma non era facilissimo. Per via dell’età, i suoi molti impegni subivano cadenze dilatate.
Nel frattempo, allora, per accorciare le distanze, ho scritto l’articolo di cui ho riferito sopra. Volevo che le giungesse come augurio di buon anno e per la generosità ed umiltà di quell’inaspettato ringraziamento.
Mi riferiscono, infatti, che qualche giorno dopo la pubblicazione del mio articolo lei, che non ‘navigava’ in internet, ne fosse stata informata telefonicamente. Mi hanno detto di un articolo su di me. Me lo fate avere? aveva chiesto a Sabrina Perra.
Pare che lo abbia letto con molta attenzione. Che alla fine della lettura, commossa, abbia portato e stretto il foglio al petto ed abbia detto ma come fa questa donna che non conosco a scrivere di me queste cose?
Me ne sono meravigliata, in effetti, anche io. Ci eravamo sfiorate alla presentazione del libro. Ed avevo scritto quell’articolo senza sapere nulla, o quasi, di lei.
Avevo molte cose da chiederle, da approfondire. Consigli per le attività future. Ma anche sull’intuizione, sull’amore (che da una intervista apparsa sull’Unione Sarda apprendo che riteneva esistesse solo in quella forma dantesca che move il sol e le altre stelle), sugli scherzi dell’inconscio (è predittivo?), sull’ipseità di cui ha parlato in un dialogo. Sull’importanza del lavoro, per le donne.
Ci saremmo incontrate a febbraio, subito dopo le sue fatiche dedicate al Premio Alziator, con calma. Non vi erano elementi che facessero dubitare sull’irragionevolezza di quel breve rinvio. L’avevo preso come un prezioso regalo di compleanno. Ma purtroppo, ora, mi è una volta in più chiaro che nella vita non tutto è rinviabile.
Forse incontrerò la Professoressa da un’altra parte. Ci sederemo a fianco. Mi chiederà ‘cosa volevi chiedermi, alla fine’? Ma poi, come due vecchie signore, passeremo a complimentarci a vicenda per le unghie smaltate di rosa e le collane di perle.