Al populismo di destra bisogna contrappore i diritti di tutti

1 Giugno 2018
[Luigi Pandolfi]

Si profila uno scenario cupo per i prossimi mesi. Una polarizzazione dello scontro politico tra una destra parafascista che si è intestata, complice l’abbandono del campo da parte della sinistra politica e sociale, la battaglia contro l’Europa del rigore e un fronte dell'”establishment”, che pensa di contrastarla nel nome di TINA (“There is no alternative”).

Un clima, bisogna dirlo, che risente molto della scelta di Mattarella. Si sta discutendo abbondantemente sui confini delle prerogative presidenziali nell’iter di formazione di un governo. A sostegno della scelta del Presidente della Repubblica si citano alcuni precedenti (Sandro Pertini con Clelio Darida, Oscar Scalfaro con Cesare Previti, Giorgio Napolitano con il giudice Gratteri) ma, dal mio punto di vista, i paragoni non reggono. Perché questa volta la censura ha riguardato l’indirizzo generale del governo, non la specifica condizione, personale e giuridica, della figura indicata per il dicastero dell’economia.

Ma tant’è. Ora la marcia del populismo di destra verso la conquista del paese sembra davvero inarrestabile. Il loro obiettivo era quello di tornare alle urne col vento in poppa? Forse. La certezza è che adesso ci andranno davvero. Chiamando i cittadini italiani a un referendum sulla sovranità delle nostre istituzioni, ergendosi a difensori della Patria tradita e vilipesa.

Gravissimo, pericolosissimo. E non perché nei loro programmi ci sia l’idea che questa Europa debba essere cambiata (l’ultimo comunicato di Paolo Savona conteneva rilievi e proposte del tutto condivisibili). Piuttosto, perché la loro visione della società è intimamente liberista e, per una parte, razzista. Questione che è stata del tutto bypassata in questi giorni, concentrando tutta l’attenzione sullo spread, i mercati, i vincoli di bilancio. Nel “contratto di governo” c’era l’abbattimento delle tasse per i ricchi, il ritorno dei voucher, i rimpatri forzati degli immigrati, gli asili nido gratis solo “per le famiglie italiane”, il diritto a sparare a casa propria, i campi Rom da cancellare (un’etnia, come “problema”, entrava, con un capitolo specifico, in un programma per il governo del Paese), il carcere duro per i poveri cristi e il condono per i grandi evasori.

Un preciso modello di società, tutt’altro che rassicurante (nonostante il finto reddito di cittadinanza).

Ancora meno rassicurante, però, sarebbe il contrasto di questo modello in nome della difesa dell’esistente. Significherebbe continuare a ignorare le ragioni profonde dell’avanzata di questa destra populista. Ragioni che si chiamano povertà dilagante, disuguaglianza crescente, abbandono di intere aree del paese, disoccupazione e precariato, cure inaccessibili per milioni di cittadini.

Non è difendendo “Bruxelles” (metaforicamente intesa) e demonizzando ogni idea di cambiamento di questa Europa che si fa argine alla slavina populista, ma parlando di diritti, di redistribuzione della ricchezza, di lavoro, di reddito. Affermando che le persone, tutte le persone, “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”, vengono prima di qualche decimale di deficit pubblico.

Da huffingtonpost.it

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