Alleanze per quali politiche?

16 Dicembre 2015
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Marco Ligas

L’appello che i tre sindaci di Sel hanno lanciato per la ricostruzione del centro sinistra alle prossime amministrative non ha ricevuto un grande consenso. Chi ne parla, anche fra i dirigenti di quel partito, lo fa con estrema cautela e senza entusiasmo. Significativa è stata la dichiarazione di Vendola che ha ribadito come questa alleanza non potrà provocare l’eutanasia della sinistra.
Non poteva che essere così. Sel sta pagando a caro prezzo le conseguenze della subalternità nei confronti del Partito democratico, anche se non in tutte le Amministrazioni periferiche è stato suo alleato.
La sua versatilità nelle alleanze non è piaciuta e non è stata apprezzata dai suoi elettori; molti, non solo a sinistra, l’hanno considerata una complicità con un partito, il PD appunto, che si è spostato progressivamente su posizioni conservatrici. Questa forza politica non solo ha condizionato tutta la coalizione ma ha programmato persino la nascita del Partito della nazione e su questo nuovo progetto ha riversato gran parte del suo impegno. Nel condurre questo disegno non ha certo tenuto conto della storia dei suoi alleati né di quella dei dirigenti meno disponibili al trasformismo. E così ha aperto le porte a tutti con estrema disinvoltura e con calcolo e non a caso molti sono entrati nel PD col solo scopo di modificarne la natura. I risultati sono evidenti a tutti ed è conseguente l’interrogativo: che c’entrano Verdini o Bondi con la storia del centro sinistra?
Anche per queste ragioni l’appello per la ricostruzione del centro sinistra non è convincente e non è casuale che gli stessi sindaci non dicano molto sulle politiche che promuoveranno nei prossimi cinque anni e, al tempo stesso, non esprimano alcun giudizio su quel che hanno fatto negli anni appena passati.
In questa situazione di indeterminatezza diventano legittime le perplessità di tanti elettori di sinistra. Che ne sarà delle politiche del lavoro, ecco un primo interrogativo; saranno ancora quelle programmate e attuate in perfetta sintonia con la Confindustria o cambieranno verso? E non si risponda a questa domanda in modo generico o strumentale sostenendo che non rientra nei poteri delle Amministrazioni locali promuovere attività finalizzate alla creazione del lavoro. Un Consiglio comunale e il suo esecutivo hanno pieno diritto, oltre che il dovere, di affrontare i bisogni dei cittadini che rappresentano. E se sono condizionati da una legislazione che tende ad accentrare il potere del Governo del Paese, possono sempre assumere un atteggiamento critico nei confronti di queste istituzioni. In alcune Amministrazioni la difesa dell’autonomia viene esercitata con determinazione. In Sardegna e nella sua capitale questo comportamento è del tutto ignorato, si ha quasi l’impressione che la sua pratica rappresenti un’offesa alle stesse istituzioni, o forse si tratta di una dipendenza finalizzata al mantenimento di privilegi e di posti di potere.
Nelle scorse settimane abbiamo affrontato nel manifesto sardo sia i temi relativi alla tutela dei nostri territori sia quelli sulle esercitazioni militari. Ci siamo soffermati su queste questioni perché in Sardegna, e anche a Cagliari, c’è stata un’invasione di navi da guerra, di aerei (purtroppo non di linea che sarebbero stati più opportuni vista la debolezza del nostro servizio di trasporti), di militari tutti concentrati nei nostri territori per esercitarsi in vista delle prossime guerre.
Non c’è stata una protesta né da parte dell’Amministrazione comunale né di quella regionale. Eppure entrambe sono guidate da coalizioni del centro sinistra. Se sindaci che si ritengono di sinistra non hanno il coraggio di dissentire e di prender posizione rispetto a certe iniziative, se non hanno a cuore gli interessi della parte debole della cittadinanza, non possiamo poi sorprenderci se Renzi consideri le nostre Amministrazioni locali alla stregua di prefetture, cioè di organi periferici che hanno soltanto una funzione di rappresentanza del governo nazionale. In questi casi però gli elettori voltano le spalle quando si rendono conto che il loro impegno sociale non è sorretto dalle forze politiche che pure hanno sostenuto nelle elezioni. E non è un caso che l’astensionismo cresca.

Immagine: Yes n. 2 di Duan Jianyu

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