Angela
26 Aprile 2018[Loris Campetti]
Quando se ne va una persona cara che ha sofferto troppo a lungo la tua razionalità ti fa dire che è bene così, ha smesso di soffrire soprattutto se da tempo aveva smesso di essere presente. E dopo che l’hai detto o per pudore soltanto pensato resta l’amaro in bocca per un vuoto che nessuno colmerà e resta il dolore che la razionalità non sa curare.
Angela Pascucci se n’è andata. Ha combattuto contro la malattia con la stessa forza con cui aveva combattuto contro le ingiustizie, quelle del mondo e anche quelle più piccole da lei stessa subite. Dalla metà degli anni Settanta ho discusso molto con Angela di comunismo, di lotta di classe in Italia e, sempre di più con il passare del tempo e la crescita della sua conoscenza, di lotta di classe in Cina. Era una Cina diversa dai luoghi comuni quella che raccontava parlando più della vita e delle lotte e delle sofferenze degli operai che non del “quadro politico”.
Angela li intervistava gli operai, restituiva loro il diritto di parola, cosa che non va più di moda in Cina come in Italia. Ne parlavamo al manifesto finché ci siamo rimasti, io e lei e tanti compagni troppo legati allo spirito originario del giornale per resistere ai tempi nuovi; ne parlavamo passeggiando nell’acqua che ci arrivava alla vita nei mari di Sardegna, di Serapo o, ultimamente, di Salto di Fondi, finché la pelle non ci si raggrinziva per il freddo; ne parlavamo attraversando l’Iran o la Siria truccati da turisti; ne parlavamo a cena in divertenti sfide a base di pesce crudo e cotto. Da Angela ho imparato molte cose, sulla Cina e sulla pajata. Cosa da piangere e cose da ridere.
Ho il rammarico di non averle potuto raccontare una storia di cinesi nella quale mi sono imbattuto poco tempo fa, quando già la sua capacità di interloquire era venuta meno. In una fabbrica dove gli operai fanno uno dei lavori peggiori, spolpando maiali da trasformare in salami e prosciutti, va avanti da un paio d’anni una lotta esemplare per la conquista di diritti negati: lì ho incontrato una squadretta di operai cinesi che presidiavano lo stabilimento, alternandosi con la regolarità dei tre turni quotidiani di lavoro con altre due squadrette di operai, una di rumeni e una di ghanesi. Si battono per riconquistare il diritto di lavorare e lavorare con dignità.
Sono sicuro che questa storia ti sarebbe piaciuta. Ciao Angela.