Ecco come muore un cane

16 Aprile 2008

Annamaria Janin

In questi giorni sta girando e rigirando in diverse varianti una e-mail che contiene una reprimenda e un appello degli/agli animalisti a sottoscrivere una petizione contro un artista, credo sudamericano, che pare (ma alcuni sostengono che sia una bufala) abbia fatto morire di fame un cane legato a una catena in una galleria d’arte. Le foto della progressione agonica del cane accluse alla mail sono strazianti e mi hanno ovviamente molto turbata.
So bene però che nell’arte contemporanea non mancano opere (o meglio operazioni, particolarmente nell’ambito dell’arte concettuale e performativa) che comportano l’uso e talvolta la violenza o l’uccisione di animali e non solo. E’ una pratica annosa, basti ricordare che più di trent’anni fa fece molto scalpore lo stand, alla Biennale di Venezia, di un artista importante come Gino De Dominicis che esponeva un ragazzo down. Dunque, quello che si può dire è che lo scandalo e le proteste dei benpensanti non possono frenare le manifestazioni della creatività anche quando sia in varia misura crudele, considerando che l’arte contemporanea mette spesso il dito sulle piaghe e risulta perciò di forte impatto emotivo. Va comunque ricordato che anche l’arte del passato ha spesso avuto la caratteristica di illustrare e/o denunciare i mali di questo (e dell’altro) mondo: basti pensare alla pittura medievale, o ad artisti grandissimi come Bosch o Goya. Si tratta di aspetti che vengono solitamente ignorati (provocando tutt’al più reazioni scandalizzate): questo accade anche perché all’arte (soprattutto contemporanea) ben pochi s’interessano, molto spesso avendo dell’arte stessa un’idea convenzionale e ultrasuperata, riferita a stereotipi frusti come ritratto, natura morta, paesaggio.
Dato all’arte quel che è dell’arte, vorrei tornare agli animali e agli animalisti: cominciando da questa definizione che non amo ma che da qualche mese mi fa addirittura senso: da quando cioè ho saputo che si è così definita la new entry della destra iper-libertaria, cioè Michela Vittoria Brambilla (del berlusca la rossa pupilla) che si vanta di possedere molti cani, cavalli e zoo dicendo. A parte gli scherzi, la cosa è molto seria e vorrei invitare chi legge queste righe a riflettere sui maltrattamenti che infliggiamo sistematicamente agli animali di cui ci nutriamo, a cominciare dalle povere galline, tradizionalmente considerate stupide (ad esse siamo state spesso paragonate noi donne) ma non insensibili!
E per tornare ai cani da cui siamo partiti per questa riflessione in libertà, mi domando perché mai noi amici degli animali non riusciamo a mobilitarci affinché nelle città isolane, in particolare a Cagliari, vengano aboliti i molti divieti esistenti all’ingresso in parchi e giardini in primis, e poi in ristoranti, bar, negozi, musei e via dicendo. E perché mai non ci battiamo affinché per i cani stessi viaggiare sulle navi di linea (per noi residenti una necessità e non un optional) non sia più così penalizzante com’è di solito sui traghetti nostrani.
Vorrei aggiungere infine che la mia coscienza è altrettanto turbata quando a soffrire sono le piante, in particolare gli alberi che quando non vengono incendiati vengono abbattuti scriteriatamente: e non mi riferisco soltanto al taglio indiscriminato delle foreste, ma all’abbattimento continuo di alberi per far posto a ville e villette ed edifici mostruosi, parcheggi, squallidi giardinetti e ogni altra possibile forma di cementificazione. Cercare di sensibilizzare l’opinione pubblica anche su questo è altrettanto importante.
In questa logica di retto comportamento armonico con la natura e in generale di buoni propositi, vorrei suggerire la lettura di tre libri, diversi tra loro ma tutti pervasi da un forte slancio e afflato cosmico e veramente avvincenti (e convincenti): “L’uomo che piantava gli alberi” di Jean Giono (Salani ed.), “Guappo e altri animali” di Raffaele La Capria (ed. Mondatori) e “Animali in versi” di Franco Marcoaldi (ed. Einaudi). Li trovo bellissimi, e vi auguro di goderveli. Buona lettura!

1 Commento a “Ecco come muore un cane”

  1. Pietrina Chessa scrive:

    Cara Annamaria, mi fa piacere ceh su questo giornale si parli degli animali cosi come tu fai. devi sapere che esistono in Sardegna numerose realtà associative che si occupano da anni dei diritti degli animali e cercano di convincere l’opinione pubblica ma soprattutto i nostri compagni che rispettare gli animali significa rispettare anche le persone. I loro diritti sono indissolubilmente legati ai nostri, perchè limitare la loro sfera d’azione significa limitare la nostra, perchè se un cane non può entrare in un supermercato o in un ristorante o in un parco significa che tu che lo conduci non ci puoi entrare. Ebbene, posso dirti che tutto quello che gli amministratori regionali di centro sinistra che abbiamo attualmente avrebbero potuto fare, ascoltando tutti i suggerimenti e le indicazioni frutto di anni di lavoro appassionato di molti volontari come me e altri che conosco, avrebbe certamente fatto fare un passo avanti alla nostra regione per metterla al passo con altre regioni di livello europeo. Ma invece, l’assessorato alla sanità, che è competente in materia, è più sordo di una campana e non ascolta neanche a sgolarsi. Guai, poi, a cercare ascolto da parte dei nostri compagni. Sono ancora nella fase in cui “prima vengono le persone e poi gli animali”. non hanno ancora capito che, se si rispettassero seriamente i diritti degli animali forse avremmo già incominciato a sconfiggere la fame del mondo. Ma è un pò troppo complicato per loro !

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