Antibiotico resistenza, una minaccia per la nostra salute

1 Dicembre 2024

[Mario Fiumene]

La resistenza agli antimicrobici, di cui l’antibiotico resistenza rappresenta il fattore di maggiore rilevanza, è un fenomeno che avviene naturalmente nei microrganismi come forma di adattamento all’ambiente.

Questa capacità di mutare conferisce una resistenza nei confronti di molecole che potenzialmente dovrebbe arrestarne la crescita o ucciderli. A livello internazionale e anche a livello nazionale sono in fase di studio gli accorgimenti da adottare per mantenere l’efficacia degli antibiotici: formazione; informazione e comunicazione; ricerca, innovazione e bioetica e cooperazione nazionale e internazionale

Inoltre, è necessario adottare una sorveglianza dell’utilizzo degli antibiotici, delle infezioni correlate all’assistenza (ICA) e il monitoraggio ambientale: acque e terreni. La prevenzione delle ICA in ambito ospedaliero e comunitario, incluse le malattie infettive e le zoonosi. Prioritario è l’uso appropriato degli antibiotici in ambito umano, veterinario senza trascurare lo smaltimento.

È fondamentale che non solo gli operatori sanitari, ma anche i cittadini prendano coscienza di questo fenomeno. Un uso appropriato degli antibiotici ha un risvolto etico: un giusto bilancio per l’individuo e la comunità. Per meglio chiarire cosa si intende per prevenzione delle ICA, facciamo alcuni esempi: le infezioni possono essere acquisite in tutti gli ambiti assistenziali, come gli ospedali, le lungodegenze, gli ambulatori, l’assistenza domiciliare.

Originariamente le infezioni associate al ricovero in ospedale venivano definite “Infezioni nosocomiali”, ma a partire dagli anni Novanta, con l’espandersi di luoghi di cura extra-ospedalieri, c’è stata la necessità di ampliare il concetto all’assistenza sanitaria e sociosanitaria.

In Italia, denuncia il rapporto Agenzia Italiana del Farmaco, il consumo di antibiotici non frena, anzi: è aumentato del 6,3%. Questo favorisce il proliferare di batteri resistenti alle cure, tanto che, se non si invertirà il trend, nel 2050 l’antibiotico-resistenza diverrà da noi la prima causa di morte, superando anche i tumori. Ci si ammala di più e si spende in misura sempre maggiore, perché i super batteri sono responsabili di un significativo assorbimento di risorse (sanitarie e non).

È un cane che si morde la coda: l’uso massiccio di antimicrobici fa nascere superbatteri resistenti agli stessi farmaci. Tra i microbi più diffusi troviamo Klebsiella, che infetta le vie urinarie con una mortalità che arriva alla metà dei casi; Pseudomonas, che provoca infezioni osteoarticolari con mortalità al 70%; Escherichia coliClostridium difficile, che prolifera nell’intestino con una mortalità a 30 giorni che si avvicina al 30%. L’impatto sul nostro SSN è enorme, con 2,7 milioni di posti letto occupati proprio a causa di queste infezioni, con un costo che arriva a 2,4 miliardi di euro l’anno.

In base al rapporto dell’ECDC Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie i morti causati nel nostro Paese da infezioni ospedaliere resistenti agli antimicrobici sarebbero circa 12mila, un terzo di tutti i decessi che si verificano in ospedale. Nel biennio 2022-23 sono infatti 430mila i ricoverati che hanno contratto una infezione durante la degenza. Certo, i microbi in ospedale non è possibile azzerarli, perché parliamo di un ambiente chiuso dove vivono a stretto contatto pazienti che virus e batteri se li portano anche da fuori.

Ma secondo la SIMIT, la Società italiana di malattie infettive e tropicali, «L’impatto di queste infezioni potrebbe essere ridotto di un buon 30% inaugurando un percorso virtuoso». Molto c’è ancora da fare, sottolinea il report, nella prevenzione delle infezioni in ambito ospedaliero, perché non pochi casi sono dovuti alle infezioni alle vie urinarie, magari perché la pulizia dei cateteri lascia a desiderare, così come la cura delle ferite chirurgiche. Ma a volte a veicolare i microbi sono i mal tenuti sistemi di areazione dei nostri nosocomi, che hanno oramai un’età media di settant’anni.

A incidere è anche il modo con cui si sanificano gli ambienti ospedalieri. Secondo il report, circa un’infezione su tre si sarebbe potuta evitare con un po’ più di pulizia e di prevenzione: questo significa che tra le 135 e le 210mila infezioni sono frutto in qualche modo di mancati accorgimenti igienici, che possono avere a volte conseguenze letali, visto che mediamente l’1% di questi casi evitabili causa un decesso. Come dire che duemila pazienti ogni anno muoiono per infezioni evitabili. 

Cosa si fa in Sardegna riguardo le ICA? L’Azienda Regionale della salute Sardegna, nel rispetto del proprio sistema valoriale, intende assicurare una adeguata qualità di assistenza, riducendo i rischi correlati alle infezioni e alla resistenza antibiotica, al fine di evitare potenziali situazioni dannose per le persone assistite e per gli operatori coinvolti (Piano Regionale di Prevenzione 2020-2025 – PP10). Ritenendo di cruciale importanza l’informazione e la formazione sulle ICA, rivolta in particolare agli operatori sanitari, nonché il sistema di sorveglianza e controllo delle ICA si è ritenuto di sviluppare programmi per diffondere “cultura sulla sicurezza” del paziente e dell’operatore stesso così da contribuire sia alla prevenzione che al controllo delle ICA.

Tutto ciò presuppone l’attuazione di protocolli e buone pratiche preventive del rischio infettivo di riconosciuta validità scientifica a livello internazionale, ad esempio seminari e mini revisioni, condotte dalla componente sanitaria, per esporre le più recenti evidenze e linee guida per il controllo e la prevenzione delle ICA e della lotta all’Antibiotico Resistenza. In Sardegna come nel resto dell’Italia, è attuato il “Piano di monitoraggio armonizzato sulla resistenza agli antibiotici dei batteri zoonotici e commensali, nell’ambito della medicina veterinaria (l’Antibiotico Resistenza negli animali da reddito e in carni derivate), secondo quanto richiesto dalla Decisione 2013/652/EU10 successivamente sostituita dalla Decisione 2020/1729/EU11 che amplia ed è in continuità con i principi e gli obiettivi della precedente allo scopo di continuare ad ottenere dati affidabili e comparabili sull’Antibiotico Resistenza in UE.

Il Piano di monitoraggio, emanato annualmente dal Ministero della Salute, è attuato anche dalla Regione Sardegna con la collaborazione del Laboratorio Nazionale di Riferimento e Centro di Referenza Nazionale, presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana (IZSLT) per la produzione dati e per la reportistica. La sorveglianza del consumo degli antimicrobici, sia in ambito umano che veterinario, risulta perciò cruciale per porre in essere adeguate misure per far fronte all’Antibiotico Resistenza, tra le quali quelle volte alla promozione dell’appropriatezza prescrittiva e dell’uso consapevole di questi farmaci.  Nel Piano Regionale di Prevenzione 2020-2025 – è prevista un’azione specifica (Azione 17) volta alla realizzazione di un programma formativo su diversi livelli: formazione in ambito ospedaliero, formazione in ambito territoriale (rivolta ai MMG, PLS, medici veterinari, farmacisti e altri), formazione per le scuole di ogni ordine e grado, formazione nei percorsi universitari, formazione post laurea.

Inoltre, nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) è stato incluso, nell’ambito della Missione 6 “Salute”, un investimento per lo sviluppo di un Piano straordinario di formazione sulle infezioni ospedaliere per tutto il personale sanitario e non sanitario degli ospedali, in corso di attuazione anche nella regione Sardegna. L’ultimo aggiornamento del Piano di Prevenzione in Sardegna fa riferimento alla Delib.G.R. n. 39/44 del 10.10.2024.

Tutto bene, si potrebbe dire. Ma sorge spontaneo chiedersi: se e quanto è aumentato il consumo degli antibiotici in Sardegna, dato che la ricerca scientifica riconosce l’inquinamento ambientale da farmaci, è lecito chiedersi se vengano effettuati campionamenti sulle acque di depurazione urbana, per quantificare la presenza di antibiotici derivanti dall’uso umano e animale, quali sono le percentuali di Infezioni correlate all’assistenza nella nostra Regione? L’epidemiologia per la sanità pubblica, giustifica come lecite queste domande. Abbiamo il diritto dovere di sapere come ci tutela il Servizio Sanitario Regionale, che è bene ricordarlo interamente a carico di noi sardi.

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