Antonio Gramsci è vivo
27 Aprile 2020[Riccardo Bianco]
Antonio Gramsci non conobbe la Liberazione, non vide la fine del fascismo per cui tanto aveva alacremente lavorato. Antonio Gramsci morì di fascismo il 27 Aprile del 1937.
Non è facile descrivere la sua persona, il suo ruolo culturale e ideologico nell’Italia del primo dopo guerra e nei fasti della violenta dittatura. Sicuramente fu uno dei pensatori più importanti della nostra società, dedito allo studio, all’interpretazione e alla costante analisi delle vicende operaie e sociali.
Un giovane sardo che conobbe la povertà sin da subito trasferitosi dalla sua Ales a Ghilarza, passando per Santu Lussurgiu e infine a Cagliari per conseguire il diploma presso il liceo Dettori. Le condizioni di difficoltà economica lo accompagnarono anche nel suo periodo torinese quando ottenne la borsa di studio offerta agli studenti disagiati delle province del vecchio Regno di Sardegna.
Non riuscì mai a conseguire la Laurea in Lettere, sia per le difficili condizioni economiche e fisiche sia per il fermento politico che stava agitando il mondo intero e che su Torino ebbe maggior vigore.
Subito si schierò contro la posizione socialista “del non partecipare e non sabotare” la prima guerra mondiale, un astensionismo dal sapore amaro del suo stesso riconoscimento. E nel mentre il vento della rivoluzione d’ottobre riecheggiava nelle strade d’Europa, nelle fabbriche in cui iniziarono i primi e massicci scioperi.
Tra le pagine dell’Ordine Nuovo rivista che fondò nel 1919 insieme a Tasca, Terracini e Togliatti riuscì in modo indissolubile a ricollegare il pensiero marxista ad un pragmatismo d’azione nelle fabbriche istituendo i consigli di fabbrica.
Un pensatore che del pragmatismo marxista ne ha fatto ragion d’essere riuscendo ad ottenere importanti risultati in quella Torino rivoluzionaria dove gli accordi delle otto ore lavorative, vennero ottenuti prima con accordi interni nelle fabbriche che a livello nazionale.
Un grande giornalista, In grado di fondare riviste su riviste dalla Città Futura arrivando poi alla fondazione dell’Unità.
Un oratore, che della questione sarda si è sempre fatto portatore, come nel 1919 quando incontrò i militari della Brigata Sassari inviati per reprimere gli scioperi sindacali. Una capacità dialettica che in breve tempo fece ammutinare i pastori obbligati ad impugnar le armi e tornare indietro.
Uomo politico fondamentale per la scissione socialista e l’adesione ai 21 punti della III internazionale per la nascita del Partito Comunista Italiano e punto d’unione con il comitato centrale Russo.
Fu tra i pochi ad avvertire il sentore della dittatura al momento della marcia su Roma, quando ormai i giochi erano fatti. Dall’omicidio Matteotti al licenziamento dei parlamentari dissidenti il passo fu breve, come la caccia agli oppositori politici che conobbero subito l’educazione fascista dell’olio di ricino, del bastone, del carcere e del confino.
Il mandato di cattura per Antonio Gramsci venne emesso il 14 Gennaio del 1927 quando già si trovava in confino nell’isola di Ustica e da dove venne portato via poter essere processato dal nuovo tribunale speciale della difesa dello Stato fascista.
Il processo farsa degli esponenti del PCI lo condannerà a vent’anni quattro mesi e cinque giorni di carcere, poco prima che il pubblico ministero fascista Michele Isgrò disse espressamente “Dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare per vent’anni”.
Ma questo non accadde. Durante la sua detenzione nel carcere di Turi passò il tempo a studiare a scrivere il grande lascito che ora abbiamo de “I quaderni dal carcere”, che con grande difficoltà Togliatti riuscì a salvare.
Le precarie condizioni fisiche che da sempre lo tormentarono, in carcere peggiorarono sempre più e soltanto nell’Aprile del 1927 gli venne concessa la libertà e pensò subito di tornare nella sua amata terra.
Sognando la Sardegna il 25 Aprile sopraggiunse l’emorragia celebrale ed espirò due giorni dopo. Il fascismo, subdolo e infimo cercò in tutti i modi di eliminare, uno ad uno i più grandi pensatori del tempo ma Antonio Gramsci non è mai morto.
I suoi scritti e suoi pensieri continueranno a vivere con noi, ed è un nostro dovere riportare con forza le sue idee, per combattere i nuovi fascisti che con vesti diverse, ma con la stessa retorica, cercano d’imporre l’odio per il diverso alimentando l’individualismo nazionalista.