Assalto speculativo alla Sardegna
16 Marzo 2015Stefano Deliperi
Il Consiglio regionale della Sardegna si appresta a esaminare una proposta di legge regionale urbanistica che fa da coperchio alla più retriva speculazione immobiliare. Un salto indietro di 30 anni.
La Giunta regionale aveva approvato il disegno di legge n. 130/A del 23 ottobre 2014 (deliberazione Giunta regionale n. 39/2 del 10 ottobre 2014) e aveva poi aperto una fase di consultazione pubblica preventiva. Le associazioni ecologiste Amici della Terra, Gruppo d’Intervento Giuridico onlus e Lega per l’Abolizione della Caccia avevano formalizzato le loro proposte con un atto di “osservazioni” (29 ottobre 2014).
In particolare, fra i casi più rilevanti è stata espressa contrarietà alla possibilità di superamento degli indici volumetrici, dei limiti massimi di altezza e superficie coperta stabiliti in disposizioni regionali e comunali in caso di interventi di incremento volumetrico del patrimonio edilizio esistente (art. 2, comma 9°) per evitare evidenti rischi speculativi, così come sono stati ritenuti eccessivi i “premi volumetrici” rispettivamente del 40% e del 30% per le delocalizzazioni di immobili già in aree di tutela ambientale o a rischio idrogeologico (art. 8) e le demolizioni e ricostruzioni di edifici vecchi degradati (art. 9). Premialità rispettive del 15-20% e del 10-15% appaiono adeguate.
Soprattutto, è stata chiesta l’abrogazione totale dell’art. 3 del disegno di legge regionale, che riprende analoghe discipline del c.d. piano per l’edilizia (legge regionale n. 4/2009 e s.m.i.), in quanto consente l’ampliamento volumetrico delle strutture ricettive (alberghi, residences, multiproprietà) anche nella fascia costiera dei mt. 300 dalla battigia marina, norma in palese contrasto con il piano paesaggistico regionale (P.P.R.) e le sovraordinate disposizioni di tutela ambientale e paesaggistica (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.), come già affermato dalla giurisprudenza costituzionale e amministrativa (vds. Corte cost. n. 210/2014; Corte cost. n. 308/2013; T.A.R. Sardegna, Sez. II, 18 marzo 2011, n. 135).
Molto positivo l’inserimento delle disposizioni di attuazione del Testo unico dell’edilizia (D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i.) in modifica della normativa regionale (legge regionale n. 23/1985), con l’individuazione – finalmente – di interventi regionali sostitutivi per la demolizione degli abusi edilizi e il ripristino ambientale in caso di inerzia dei trasgressori e dei Comuni territorialmente competenti (art. 10). Il testo uscito dalla manipolazione da parte della Commissione permanente “urbanistica” del Consiglio regionale appare – dalle anticipazioni stampa e dal testo disponibile on line – ancor peggiore.
Pare soprattutto un testo che punta a resuscitare i progetti edilizi zombie, morti e sepolti dal P.P.R., e a render permanente la disciplina del pessimo piano per l’edilizia (legge regionale n. 4/2009 e s.m.i.) della precedente Amministrazione Cappellacci, oggi parzialmente sotto giudizio della Corte costituzionale. Un piano per l’edilizia che ha rappresentato tutt’altro rispetto a un autentico piano casa.
Bisogna ricordare che il vero e unico “piano casa” è stato il piano straordinario di intervento dello Stato per realizzare edilizia residenziale pubblica su tutto il territorio italiano nell’immediato secondo dopoguerra, con i fondi gestiti da un’apposita organizzazione presso l’Istituto Nazionale delle Assicurazioni, la Gestione INA-Casa, in base alla legge n. 43/1949. Al termine (1963) saranno realizzati ben 355 mila appartamenti nei tanti quartieri “razionali” predisposti grazie anche al contributo di alcuni fra i più importanti architetti e urbanisti del tempo (da Carlo Aymonino a Ettore Sottsass, da Michele Valori a Mario Ridolfi). A chi è servito davvero il piano per l’edilizia?
Ai tantissimi casi di speculazione immobiliare lungo le coste, da Cala Girgolu (S. Teodoro) al Poetto (Cagliari), dalle tante ville – come quella di Silvio Berlusconi (Villa Certosa) e del leader dei Riformatori Sardi Massimo Fantola, per esempio – all’Hotel Romazzino (oggetto di procedimento penale) e alle altre strutture ricettive e alla ristrutturazione di 27 stazzi della Costa Smeralda a due passi dalla battigia marina, nonché alle migliaia di strutture edilizie residenziali in aree alluvionali e a rischio idrogeologico, come nella piana e sul litorale di Capoterra (ben 538 istanze pervenute, tutte per ampliamenti di strutture residenziali, 93% nelle estesissime zone “C – completamento” dello strumento urbanistico vigente), così da virtuosamente accrescere il rischio per l’incolumità pubblica.
Le associazioni ecologiste Amici della Terra, Gruppo d’Intervento Giuridico onlus e Lega per l’Abolizione della Caccia auspicano che il Consiglio regionale sappia modificare questa proposta normativa poco consona alle necessità di salvaguardia delle coste e della corretta gestione del territorio isolano e, come sempre, agiranno in tutte le sedi per perseguire gli obiettivi.
*Fonte immagine: Prelude XXIV Urban China 2006