Astrofisica sarda? Ora no, grazie
16 Giugno 2015Carlotta Usala
E’ ormai noto lo stato di agitazione dei ricercatori dell’Osservatorio Astronomico di Cagliari a causa dell’accorpamento imminente con l’Istituto bolognese di Radioastronomia (col nuovo nome di Ora) e della loro fusione con la sede di Roma.
Un accorpamento non condiviso e non adeguatamente discusso con le parti in causa. In primis con la Regione Sardegna che nel progetto SRT ha speso una grande quantità di investimenti. Come riferisce lo stesso Pigliaru in una lettera spedita al ministro Giannini e al presidente dell’Inaf (Istituto nazionale di astrofisica), Giovanni Bignami questa è ‘’Una scelta che non è stata concordata e nemmeno si è considerato che vengono pregiudicati gli investimenti fatti dalla Sardegna”.
La perdita di autonomia infatti comporterebbe la perdita degli investimenti fatti dalla regione in questi ultimi 10 anni (pari a circa 20 milioni di euro) per rilanciare il territorio e la formazione. La ricerca in Sardegna del SRT (SARDINIAN RADIO TELESCOPE) infatti si sviluppa su due fronti : una a San Basilio e l’altra a Selargius.
Il radiotelescopio a San Basilio sfrutta una tecnologia avanzata che attualmente si trova solo negli Stati Uniti , si occupa di osservazioni di Radio Pulsar e di molecole sulla base delle quali si costruisce la moderna Astrochimica e Astrobiologia mentre i dati grezzi presi dal radiotelescopio vengono riprocessati e analizzati dai ricercatori e astronomi nei laboratori di Selargius per acquisire le conoscenze necessarie per completare il processo di ricerca. Non solo : i laboratori di Selargius si sono resi protagonisti per la recente scoperta scientifica della pulsar doppia ad opera della ricercatrice Marta Burgay, una scoperta grazie al quale si possono fare ricerche sulla relatività generale di Einstein.
Attiriamo grazie al radiotelescopio studiosi dall’estero e quindi ci rende un polo strategico dal punto di vista scientifico. Le ricadute sul territorio sono notevoli poiché i laboratori di Selargius non sono solo aperti alla ricerca ma anche alle aziende private. Ora , il fatto che il ministero dell’Istruzione abbia messo nero su bianco in data 25 marzo 2015, un provvedimento per cui l’Osservatorio di Cagliari smette di essere sede autonoma ci fa capire come lo Stato Italiano veda la ricerca in Sardegna (o forse la Sardegna stessa) :‘’una filiale di un’altra struttura o, nel migliore dei casi, un centro di spesa di terzo livello”. Questo è quanto si legge nel documento approvato all’unanimità dall’assemblea del personale dell’Oac contro la proposta di riorganizzazione della radio astronomia italiana.
Come studentessa di Fisica e come possibile ‘’ migrante’’ (e come me molti miei colleghi) in cerca di quello che la Sardegna non può offrirmi posso solo dire questo : la Sardegna deve avere il diritto alla ricerca esattamente come tutte le altre Regioni specialmente quando la Regione in questione investe così tanto nella ricerca e nello sviluppo . La Sardegna ha diritto ad attirare altri studenti e ricercatori da tutta Italia se non per il banale motivo che l’Italia è unita sempre per Costituzione e non quando fa comodo al ministero dell’Istruzione. Se noi abbiamo come dovere di nascita quello di immigrare continuamente per colpa di uno Stato che ci considera come una ‘’filiale’’ o un ‘’ peso morto’’ allora dobbiamo parlare del fatto che ancora nel 2015 , per lo Stato Italiano spostarsi al Sud per studiare e fare ricerca è ancora considerato un qualcosa di vergognoso, da evitare a tutti i costi. Meglio accorpare, tagliare, ridimensionare e togliere l’autonomia decisionale ad una Regione che è Autonoma sulla carta ma nei fatti diventa tutt’altro.
Una decisione del genere non ha effetti negativi solo sui possibili laureandi in Astrofisica e Astronomia ma anche sulla ricerca che viene effettuata al SRT. Il ritiro della disponibilità a svolgere il lavoro notturno e festivo, indispensabile per garantire la piena funzionalità di SRT , ha causato la non partecipazione di SRT al run osservativo interferometrico europeo che era in svolgimento dall’’11 di giugno. Questo silenzio dei laboratori sardi rallenta l’attività di ricerca scientifica internazionale perché parte dell’attività del SRT si svolge in contemporanea con altri radiotelescopi della rete europea e la non partecipazione a tali osservazioni implica una riduzione della sensibilità delle osservazioni stesse.
Si rinuncia a raccogliere il frutto di tanto lavoro per dare visibilità alla protesta ma forse questo può essere l’inizio per rivendicare finalmente l’autonomia di ricerca dell’Osservatorio Astronomico di Cagliari .