Basi militari, il mondo della cultura sostiene la partecipazione alla manifestazione di Capo Frasca
1 Ottobre 2019[red]
Pubblichiamo l’appello sottoscritto da numerose personalità del mondo della cultura, della letteratura, dell’arte e dello spettacolo a sostegno della battaglia civile per il superamento delle servitù e le attività militari in Sardegna che promuove la partecipazione alla manifestazione in programma il 12 ottobre 2019, presso il poligono di Capo Frasca.
In Sardegna è ubicata la maggior parte del territorio italiano sottoposto ad attività militari. Sono decine di migliaia di ettari, in terra e in mare, su cui, tutti gli anni, da più di settant’anni, vengono svolte esercitazioni e sperimentazioni di vario tipo. Decine di migliaia di ettari sottratti all’uso civile, alle attività economiche e alle comunità locali per molti mesi all’anno e in certi casi permanentemente.
Nessuno ha mai chiesto il permesso o il consenso di chi in Sardegna vive, lavora, produce, ha i propri interessi e i propri affetti. Mai, né in passato, né oggi.
La Sardegna è stata trattata come una pedina di scambio, un mero oggetto storico, nel grande gioco delle relazioni di potere della geo-politica, senza alcun riguardo per la sua popolazione, la sua storia, la sua bellezza.
Le servitù militari in Sardegna servono a tenere in esercizio le forze armate italiane e dei paesi alleati (NATO in primis), e non solo. Ma soprattutto sono una condizione necessaria al giro di affari che l’industria degli armamenti muove da sempre.
Per altro le aree sarde adibite a sperimentazioni belliche sono affittate dal Ministero della Difesa italiano anche ad aziende private, non necessariamente legate all’apparato militare e non necessariamente italiane.
Un giro di soldi impressionante, che ha in Sardegna solo la sede operativa, ma per tutto il resto fa capo al Ministero e al Governo. Nell’isola arrivano, quando arrivano, le briciole, sotto forma di “compensazioni”, “indennizzi”, usati per lo più come strumento di persuasione e di controllo sociale.
Le popolazioni locali sono state persuase che le attività militari sono la loro unica possibile fonte di reddito in quello che altrimenti sarebbe un deserto.
Questo non è vero. Esistono le alternative. La nostra terra stessa ci offre mille opportunità diverse dalle esplosioni, dalle esercitazioni, dai test di materiali pericolosi, dalle polveri velenose e dalle conseguenze che esse hanno sulla natura e sulla salute umana. (CONTINUA A LEGGERE E FIRMA L’APPELLO QUI: http://chng.it/grhzmQdf2S)
PRIME/I FIRMATARIE/I
Alberto Soi
Alec Cani
Alessandro Cauli
Andrea Andrillo
Andrea Pau Melis
Angelo Monne
Anna Marceddu
Caterinangela Fadda
Chiara Effe
Chiara Manca
Claudia Aru
Claudia Crabuzza
Cristiano Sabino
Cristina Ariu
Cristina Sanna Passino
Daniele Pani
BUSTIANU A.K.A. DR. BOOST (OFFICIAL PAGE)
Emiliano Longobardi
Francesca Biccone Fotografia
Francesca Mulas Fiori
Francesco Leone
FRANCESCO PIU
Francesco Trento
Frantziscu Medda Arrogalla
Giacomo Casti
Giacomo Pitzalis
Giancarlo Biffi
Gianni Atzeni
Giovanni Manunta Pastorello
Giulio Landis
Giuseppe Mulas
Giuseppe Serra
Ivo Murgia
Josephine Sassu
Marcello Fois
Michela Murgia
Domenico Mimmo Di Caterino
Monica Corimbi
Nanni Falconi
Nicolò Migheli
Omar Onnis
Paolo Zucca
Piero Marcialis
Pierpaolo Piludu
ROSSELLA FAA
Rossella Fadda Scanu
Silvano Tagliagambe
Sofia Inconis
Stefania Lai
Stefano Masili
Stefano Puddu Crespellani
Teresa Porcella
TZOKU
Wu Ming
1 Ottobre 2019 alle 18:58
Facciamo un appello simile contro il metanodotto che sventrerà la Sardegna x circa 700 km, prevede depositi e rigassificatori costieri con una capienza di gran lunga superiore al fabbisogno della Sardegna; ricordiamoci che il metano è un combustibile fossile e un gas climalterante più dell’anidride carbonica.
Basta in Sardegna con tutte le servitù militari, industriali ed energetiche; basta di essere un tubo di scappamento di un motore che gira altrove.
La Sardegna esporta già circa il 40% dell’energia che produce e potrebbe diventare un esempio virtuoso di produzione energetica libera dai combustibili fossili come l’emergenza climatica del pianeta richiede.