Tutte le basi del presidente
1 Giugno 2007Redazione
Il 9 giugno verrà in Italia George Bush. Non conosciamo i protocolli che regolano le relazioni tra i capi di Stato o di governo, né siamo al corrente delle ragioni ufficiali che porteranno il presidente degli Stati Uniti in visita nel nostro paese. Presumibilmente ci verrà detto che il presidente Bush intende effettuare un visita di cortesia e al tempo stesso rinsaldare i rapporti che legano gli Usa all’Italia. Non riteniamo di sbagliarci se pensiamo che Bush chiederà al nostro governo un impegno più solido nella lotta al terrorismo e nelle guerre preventive per l’esportazione della democrazia. L’andamento dei conflitti in Iraq o in Afghanistan non è quello ipotizzato dal governo americano e la possibilità di risolverli rapidamente si allontana sempre più; al tempo stesso crescono i timori che il popolo americano volti definitivamente le spalle al suo presidente.
Tutto ciò ci preoccupa non solo per la perdita di credibilità di Bush (le persone in difficoltà spesso si convincono che l’uso della forza sia un buon rimedio per una fuoriuscita dalle crisi), ma soprattutto per le scelte che potrà fare il nostro governo a sostegno della politica aggressiva americana. Noi dobbiamo impegnarci perché intanto in politica estera vengano rispettati gli impegni che il centro sinistra ha assunto col popolo italiano in occasione delle elezioni politiche dello scorso anno. Nessun ampliamento dunque della base militare di Vicenza, nessun aumento di militari italiani e di armi nei territori dilaniati dalle guerre. Da queste si esce soltanto con il ritiro di militari e armamenti. E non possiamo dimenticare che l’impegno per la fuoriuscita dalle guerre assume un carattere particolare in Sardegna per la presenza che sembra senza limiti di tempo delle basi militari dove l’uso sistematico di armi sperimentali provoca casi di malattie e morti fra le popolazioni. Vorremmo che il governo Prodi, pur ribadendo relazioni di amicizia col popolo americano, desse una volta per tutte un segnale di autonomia rifiutando il sistema di difesa missilistico e spazzando via i sospetti di subalternità nei confronti della politica estera degli Usa in Europa.
Per queste ragioni, il 9 giugno quando Bush verrà nel nostro paese, partecipiamo a Roma o nelle città dove risiediamo alle manifestazioni per la pace e lo facciamo in modo non violento e con allegria (a Cagliari ci sarà un sit-in alle ore 19 in Piazza Costituzione).
15 Giugno 2007 alle 21:17
La stampa sarda suona la grancassa per il grande onore riservato all’Isola di La Maddalena, prescelta dal Governo Prodi per il G8 del 2009. Un Sindaco (civico ex P.C.I.) immemore di sè stesso esprime gaudio per gli investimenti prevedibili in preparazione dell’evento. Un Presidente della Regione uscito piuttosto pesto dalla recente tornata elettorale amministrativa lenisce la botta rivelando che la scelta del Governo è un premio ottenuto proprio da lui. Il centrosinistra sardo (nesun rossochiomato o antagonista “pacifico” escluso) inneggia alla scelta, al Governo, al Presidente. Come sempre una cultura coloniale e subalterna chiude gli occhi di fronte al fatto che si tratta di una scelta grottesca: i “Grandi” della Terra si riuniranno in quella piccola, lontana Isola, per paura, proprio all’interno della base militare più blindata del Mediterraneo. Che nel 2009 sarà verosimilmente ancora americana. Caso mai qualcuno si fosse illuso che la Sardegna avesse davvero vinto la sua storica lotta per lo smantellamento delle servitù militari. Anni fa, un mio amico di Orani, allora dirigente comunista di sezione, quando si rendeva conto della nostra (dei sardi e di certa sinistra codina) stolidità, soleva scuotere il capo sconsolato, dicendo: “Mai, bi binchimus”! (“Non vinceremo mai”!). Talvolta anche a me viene un pò di scoramento. Tonino.